Manovra finanziaria: Monti e la leggenda dell’equità

par Fabrizio Vinci
martedì 6 dicembre 2011

Il presidente del Consiglio, Mario Monti, con la sua proverbiale sobrietà, illustra la portata della Manovra finanziaria. Il neo-premier fa riferimento a "manovre di grande portata" e rilancia le parole d'ordine che, a suo dire, saranno i capisaldi del suo mandato: rigore, crescità ed equità. Ma è sul principio dell'equità che potremmo avanzare qualche riserva, dal momento che saranno, come sempre, i soliti noti a risentire maggiormente gli effetti della Manovra; al contrario della Chiesa cattolica e della Casta politica, che in qualche modo riescono sempre a trovare una via di fuga dalle responsabilità.

Oramai ci siamo, il nostro Paese si avvia verso una stretta fiscale senza precedenti. Una manovra economica che colpirà pensioni, redditi e patrimonio; nel disperato tentativo di restare aggrappati all'Europa e salvare le banche dal baratro. Si dovranno sanare vent'anni di sprechi e pressapochismo politico bipartisan. Ovviamente, manco a dirlo, a farne le spese saranno i cittadini che dovranno sobbarcarsi quasi interamente il peso della crisi economica. Nonostante l'assenza di una politica economica e industriale, adeguata, sia la prima causa del limbo nel quale sta scivolando il Belpaese.

Mentre la stampa nazionale ed internazionale continua ad incensare e osannare il neo premier, Mario Monti, lentamente i cittadini italiani si renderanno conto che non si tratta di una marcia trionfale, almeno per loro, ma si avvicina il momento nel quale il buon SuperMario presenterà il conto all'Italia; e non sarà per nulla piacevole. Personalmente non condivido la "cambiale in bianco" concessa all'ex commissario europeo, dal quale avrei preteso un mini-programma ben definito con delle scadenze alle quali attenersi.
 
Un governo tecnico, naturalmente, ha un immenso vantaggio rispetto ad un esecutivo politico: non dovrà rispondere ai cittadini del proprio operato, attraverso l'unico strumento concesso al popolo per giudicare i propri governanti, ovvero il ricorso alle elezioni. Il premier dovrebbe indicare una data certa, entro la quale avrà espletato le proprie funzioni necessarie di "governo d'emergenza", quindi condurre l'Italia alle urne; non prima di aver varato una nuova legge elettorale.
 
Tra l'altro sembra che la revisione del Porcellum sarà l'ultimo provvedimento ad essere trattato dall'esecutivo; non vorrei che a furia di rimandare ci trovassimo davanti ad una nuova tornata elettorale senza le modifiche necessarie.

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