Manovra economica: il costo della serietà
par Daniel di Schuler
giovedì 15 settembre 2011
Ricordando un po' di storia e cercando, mentre il debito pubblico tocca un nuovo record, di capire il prossimo futuro. Siamo alla canna del gas, ma, nonostante le follie degli anni '80, avremmo potuto evitare di arrivarci.
Ci aveva salvato, da un fallimento che appariva già certo a chi sapesse fare due più due, Romano Prodi, riuscendo a porre il paese, con tutto il suo debito, sotto alla cappa protettiva dell'Euro.
Per un decennio, grazie alla moneta unica, abbiamo dovuto pagare interessi modesti, ridicolmente bassi in confronto a quelli cui eravamo abituati quando i nostri titoli di stato erano denominati in lire, per servire il nostro debito; abbiamo avuto, dunque, l'occasione, offerta dalla storia, di ridurre in modo significativo il nostro debito, ma non l'abbiamo sfruttata.
Molti, quasi tutti appartenenti alla pseudo-destra che sta portando il paese allo sfacelo, non lo hanno, a suo tempo, neppure capito; Romano Prodi fu, incredibilmente, oggetto di asprissime critiche per averci guidato nell’Euro. Nel paese più europeista d’Europa, il nostro, la destra si scoprì visceralmente anti-europea; da più parti, ricordo gli strilli di Bossi, si arrivò a rimpiangere la Lira.
Nessuno, a destra, sembrava credere la più banale delle verità: che fuori dall’Europa, continuando ad usare la nostra moneta, eravamo avviati, quanto meno, ad un supersvalutazione come mai se n’erano viste, in occidente, dalla fine della seconda guerra mondiale: non la “benedetta” svalutazione competitiva che aveva tenuto a galla fin lì le nostre imprese meno efficienti, ma un dimezzamento o peggio del nostro patrimonio nazionale.
Grazie all’Euro, invece, sarebbe bastato un po’ di rigore in più, in questi anni, nulla rispetto alla severità che si renderà necessaria ora, per rimettere i conti pubblici in ordine. Sarebbe bastato che Romano Prodi, dipinto come affamatore di pensionati per la sua attenzione al bilancio, fosse stato lasciato libero di fare quel che, evidentemente, sentiva giusto.
A mettergli i bastoni tra le ruote ci pensarono i suoi alleati di governo meno dotati, per dir così, di senso pratico.
A rendere del tutto vani i suoi sforzi, a precipitare il paese un po’ più a fondo, hanno pensato Silvio Berlusconi ed i suoi governi; una destra dalla spesa facile, quella sua e di Bossi, che, rinverdendo le pratiche del pentapartito, ha cercato di usare fino ed oltre il possibile i denari pubblici per acquistare consenso, oltre che per favorire i propri interessatissimi amici.
Dimostrarono allora di capir poco, i leder del caciarone populismo nostrano; il più sfortunato dei casi ha voluto che siano proprio loro ad essere chiamati, ora, in condizioni infinitamente più drammatiche di quelle che dovette affrontare Prodi, a cercare di salvare una seconda volta il paese. Verrebbe da ridere, se non si fosse italiani.
Situazione drammatica, ma non ancora disperata, la nostra.
Qualunque cosa dicano i sostenitori del Presidente del Consiglio, che, adottando una retorica vecchia di settant’anni, amano parlare di nemici dell’Italia in agguato ovunque (beh, tranne che in Russia, va da sé), se una parte degli Stati Uniti può forse sognare un crollo dell’Euro, il resto del mondo fa il tifo per noi e, c’è da scommetterlo, ci aiuterà nei limiti del buonsenso.
Non saranno atti di simpatia verso il Belpaese, intendiamoci; un crollo dell’Italia, con la conseguente scomparsa dell’Euro o la sua riduzione a moneta locale, avrebbe conseguenze disastrose per le finanze di tutta Europa e consacrerebbe il Dollaro come moneta unica dell’economia mondiale; qualcosa che cinesi, indiani e sudamericani, oltre agli altri europei, hanno tutto l’interesse di evitare.
Se il nostro governo riuscisse a comunicare ai mercati la propria ferma intenzione di mantenere gli impegni presi e dimostrasse di poterlo fare, approvando celermente una manovra congrua e dalle entrate certe, la pressione sul nostro debito si allenterebbe quasi immediatamente.
Si tratterebbe, in fondo, solo di dimostrare serietà; una dimostrazione che però diventa più costosa ogni giorno.
Il nostro Governo, con quest’ultima manovra, così confusamente delineata, dalle cifre incerte, fatta da tanti "speriamo", molti "si suppone" e pochissime certezze, ha dilapidato le ultime briciole di un capitale di credibilità già ampiamente compromesso dai comportamenti pubblici (stendiamo un sudario su quelli privati) del Presidente del Consiglio.
Silvio Berlusconi, tra un baciamano a Gheddafi e un cucù alla Merkel, tra un bottone indebitamente attaccato ad Obama sui giudici e un insulto agli oppositori al Parlamento Europeo, è, agli occhi dell’opinione pubblica mondiale, ad essere generosi, un personaggio folkloristico; qualcuno di cui si può anche ridere, che certo può risultare simpatico, ma a cui non si prestano facilmente i propri denari.
Pensate c’entri poco tutto questo con la fuga di capitali lontano dal nostro debito pubblico? Pensate malissimo, allora: il denaro non ha un’intelligenza ed una sensibilità proprie; sono sempre degli uomini, alla fine, a decidere dei suoi spostamenti
Quanto può servire, ora, per dimostrare l’affidabilità del nostro Paese?
Con un volto nuovo al governo forse non troppo, ma temo saranno necessari comunque centinaia di miliardi; forse non i 400 che servirebbero per portare il rapporto debito/PIL al 90% che ventilano alcuni, ma certo molto più delle poche decine di miliardi di una ulteriore, e a questo punto insignificante, manovra correttiva.
E se ci tenessimo stretti l’attuale governo?
Voi, mentre il debito da loro gestito, il nostro debito pubblico, raggiunge un nuovo record (sono 1911 miliardi; 31.850 Euro a testa,127.400 Euro per una famiglia di quattro persone), li prestereste dei soldi a gente del genere?
Siate sinceri con voi stessi e avrete la risposta che cercate.