Mamma Africa

par antonio brindisi
lunedì 9 marzo 2009

Approfitto della disponibilità di Agoravox per fare un po’ di chiarezza sul continente africano, dove ho vissuto per quasi dieci anni tra ex-Zaire, Costa d’Avorio, Ghana, Mali, Senegal, Liberia, Tunisia, Algeria, Marocco e Niger. Secondo la mia esperienza personale, l’informazione italiana e nel mondo su questa realtà, e purtroppo non solo, non è solo falsata ma è completamente inverosimile. Le fonti continuano ad essere quelle dei missionari e delle ong che operano in questa terra (o di inviati mordi e fuggi di grosse testate), che offrono spaccati di vita che, nella maggior parte dei casi, non corrispondono alla realtà africana, per non dire peggio. Le altre immagini che ce la descrivono sono quelle di chi arriva con i barconi della speranza e che noi continuiamo a voler respingere. (ilgorgon.blogspot.com)

Innanzitutto, quando si parla di Africa, così come si fa per gli altri Continenti, si parla di differenti nazioni, con differenti culture, etnie, lingue e religioni. Ogni nazione, anche se a noi sembrano tutte uguali, è diversa dall’altra. Per capirne il volto, come nel caso del Sudan di Bashir e del Darfur che è tanto alla moda, bisogna sapere di cosa si sta parlando. La realtà è diversa Paese per Paese e diversissima dal nostro punto di vista di vedere la realtà delle cose. La visione dei missionari o della maggior parte delle ong (organizzazioni non governative) non esprimono affatto questa realtà, perché la loro missione è ancora di evangelizzare e condizionare quella realtà (con aiuti minimi), già martoriata da secoli di colonialismo, schiavitù e depredazione da parte nostra delle loro materie prime e tante altre belle cose. Tra l’altro, alla popolazione, dei missionari e delle ong, così come delle faraoniche ed inutili organizzazioni internazionali, come l’Unicef e l’Onu per esempio, interessa poco e niente, purché ci sia qualche cosa da mangiare subito.


Queste persone, questi esseri umani, che a noi piace adottare a distanza ma che calpestiamo o respingiamo se sono troppo vicini a noi, hanno una loro cultura, una loro visione della vita, una loro organizzazione, e che ci piaccia o meno hanno lo stesso valore della nostra civiltà. Quindi, per poter parlare di un Paese o di una zona di questo Paese, bisogna sapere chi vive in questo Paese, che cosa fa, in che cosa crede, chi comanda, quali sono i suoi valori, che lingua parla e via dicendo. Altrimenti meglio stare zitti.

Ancora un esempio per il tanto famoso Darfur. Nel caso del Sudan e della condanna internazionale del presidente Bashir, forse bisognerebbe sapere che questa persona è stata fino a pochio anni fa solo una marionetta nelle mani di un religioso islamico, Al Turabi, (poi imprigionato e ora liberato per calmare gli islamici) che praticamente lo ha messo al potere solo se faceva quello che diceva lui, che controllava e controlla le masse sudanesi sotto la pressione religiosa, che si è sempre opposto ad un Sud del Sudan, dove da decenni va avanti una guerra con milizie filocristiane, di cui il maggior esponente, dopo un finto accordo, è stato fatto saltare in aria. Nel Darfur, poi, c’è un sacco di petrolio e ci sono, come in tutti gli altri Paesi africani, interessi internazionali per sfruttare e depredare queste povere terre e le loro popolazioni.

Ma in tutto questo baillame c’è la popolazione, fondalmente animista, povera sì ma che ha i suoi nuclei familiari, quasi sempre allargati e solidali, che vive la sua vita giorno per giorno, che ha una sua dignità, esattamente come noi che ogni giorno ci svegliamo la mattina per iniziare una nuova giornata. Anche questi esseri umani hanno le loro gioie e dolori, le loro nascite e morti, i loro riti, i loro amori, che non devono essere obbligatoriamente le nostre. E questo succede in tutti i Paesi del mondo. Se vogliamo conoscerli e parlarne (ma non come fa George Clooney o Brad Pitt e Angeline Jolie, con le loro iniziative strappalacrime per le folle del momento) iniziamo a considerare che non sono oggetti da circo, ma altri esseri umani da cui possiamo anche imparare, come per esempio la forza che hanno le donne africane, il loro orgoglio , la loro dignità, il loro tirare avanti in mezzo ad un mondo in cui noi soccomberemo quasi subito.


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