Ma sono proprio le Toghe Rosse i nemici di Berlusconi?

par Aldo Giannuli
lunedì 12 agosto 2013

Come ci aspettavamo tutti, Berlusconi ed i suoi hanno attribuito la conferma della condanna alla solita cricca di giudici sovversivi che lo odiano. L’argomento è logoro ed è facile smontarlo: i magistrati della Cassazione non erano affatto di sinistra ed, anzi, ce ne era qualcuno non distante dal suo ambiente.

Insomma, è proprio sfortunato questo Cavaliere: c’è solo un piccolo gruppo di magistrati eversivi, ma li incontra tutti lui! In primo, secondo grado, Cassazione, sia per il processo Mills, che per quello Mediaset, o Ruby… Ma possibile che non gli capiti mai un magistrato normale? Ferrara parla di attentato alle libertà politiche (sempre da parte di una magistratura ideologizzata), Brunetta ripete ossessivamente “Ho paura…Ho paura!”: sembra Cocorito (Melopsittacus undulatus), la Santanchè lancia lo slogan: “Siamo tutti pregiudicati!”. Non ancora signora, un po’ di pazienza…

Il punto è che la gens berlusconia riduce tutto ad un complotto fra De Benedetti, il Pd e le “toghe rosse”. Ve l’immaginate Bersani ed Epifani che vanno alla Cassazione? Al massimo parlano con qualche usciere…

Le dinamiche sono molto più ampie e complesse e non sono solo italiane. Oddio, non credo che siano stati molti i magistrati, in tutta Italia, che abbiano pianto alla notizia della condanna definitiva e penso siano stati molti di più quelli che si sono messi a ballare. E’ ragionevole pensare che la maggioranza dei magistrati non ami affatto il Cavaliere ma, d’altra parte, sarebbe strano il contrario, date le caterve di insulti che Silvio gli scarica addosso e le sue proposte di “riforma” della giustizia. Ed è altrettanto ragionevole pensare che la maggioranza di essi voti per il Pd; ma non perché siano ideologicamente di sinistra (ammesso che il Pd lo sia), quanto per una reazione ai suoi attacchi.

Berlusconi si lamenta di aver avuto 41 processi da quando è sceso in politica, il che sarebbe il segno certo della persecuzione di cui è stato vittima. Può darsi, ma può anche darsi che sia il segno della frequenza con cui fa reati… Lui si difende dicendo che è stato assolto in tutti i processi (che però non cita mai e di cui, per circa la metà, non si ha notizia) salvo gli ultimi, dove sono prevalsi i giudici cattivi. Peccato che, sui 18 processi maggiori (quelli che si conoscono):

Il che non è proprio il curriculum della “beata Imelda”, come direbbe Bergoglio.

Gli concediamo volentieri che buona parte dei reati di falso, evasione ed elusione fiscale, tangenti ecc potrebbero benissimo essere contestati a quasi tutti i grandi gruppi finanziari del nostro paese e verso i quali la magistratura si mostra assai più svogliata. Però, questo non dipende dal fatto che i grandi gruppi finanziari siano diventati improvvisamente di sinistra (ci mancherebbe!), ma dal fatto che, mentre fra il potere finanziario e la magistratura le relazioni sono decisamente ottime, lui è in pessimi rapporti con tutti e due.

Mi spiego meglio: il capitalismo tradizionale (quello dell’alleanza fra Cuccia e Agnelli, per intenderci) non ha mai digerito l’arrivo del Cavaliere sul palcoscenico. Per consuetudine, l’accesso al “salotto buono” del capitalismo italiano, Mediobanca, era riservato ai gruppi finanziari consolidati e non di prima generazione, ma, soprattutto, vi si accedeva su invito e con il consenso dei “soci anziani”.

Al contrario, Berlusconi ha sostanzialmente imposto la sua presenza con la potenza di fuoco finanziaria che gli veniva da affari assai chiacchierati. Il Cavaliere ha fatto anche un’altra cosa assolutamente indigesta: entrare in politica. Fra le norme della nostra costituzione non scritta – quella scritta è un’altra cosa – c’è quella per cui un grande finanziere non entra direttamente in politica, ed i primi ad esigerlo sono proprio tutti gli altri finanzieri.

Non per una qualche speciale sensibilità democratica (figurarsi!) ma perché un incarico di governo e peggio ancora di Presidente del Consiglio, assegna al vincitore un rapporto di forze eccessivo, per cui finisce per accaparrarsi tutti gli affari migliori.

E, infatti, il gruppo Mediaset, all’ingresso in politica del Cavaliere, aveva un buco pari a 1.000 miliardi (e fu salvato dal provvidenziale intervento del banchiere più contiguo alla politica, Cesare Geronzi), ora, dopo 20 anni di “discesa in campo” e quasi 10 da Presidente del Consiglio, Berlusconi ha fatto del suo gruppo il secondo o terzo polo finanziario del paese. Una realtà semplicemente intollerabile per i vecchi ed aristocratici membri del club, che iniziano a pensare al dopo-Berlusconi. Beninteso, non tanto al dopo-Cavaliere in politica, di cui gli importa relativamente poco, ma di quello in casa Mediaset, un impero troppo vasto, che non può restare così come è, ma deve essere spacchettato. E questo, anche perché nessuno può immaginare chi salti fuori alle spalle dei due patetici eredi Marina e Piersilvio (Putin? Tamim bin Hamad Al Thani? Messina Denaro? Fate voi). E qui anche le sentenze civili fanno la loro parte.

Peraltro i grandi gruppi finanziari godono di relazioni buone come non mai con l’apparato giudiziario per una serie di ragioni di cui ci occuperemo nel prossimo articolo.

Ed a questo occorre aggiungere che il nostro uomo dà ai suoi avversari abbondante materia per essere azzannato. Lasciamo perdere il caso della recente condanna, parliamo del caso Ruby: ma vi pare che uno che aveva già molti guai su quel terreno, non solo coinvolga nelle sue “cene eleganti” una minorenne, ma per di più, quando questa viene beccata per storie sue dalla polizia, si mette a telefonare personalmente in questura? O che venga fuori che una prostituta abbia il suo cellulare diretto e lo chiami in piena riunione internazionale? Sia sul piano penale che su quello politico ce n’è abbastanza per massacrarlo.

Dunque, vi pare che tutto questo possa essere ridotto al complotto delle toghe rosse? Direi che il Cavaliere ha nemici molto più potenti e feroci. Ma che uno di essi è proprio lui stesso con le sue incredibili fesserie. 

 

Foto: EPP/Flickr


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