Ma questo governo di che colore è?

par Fabio Della Pergola
venerdì 9 dicembre 2011

E’ interessante (o comica) la querelle che si è aperta nel fronte di centrosinistra sulla “qualità” del governo Monti, querelle ben descritta in un articolo del Corriere a firma di Alessandro Trocino titolato "Esecutivo di destra?".

Sembra che il tutto parta da un pezzo di Cancrini sull’Unità titolato Perbene, ma di destra(il soggetto era Monti stesso, naturalmente), tesi rinforzata da Di Pietro e dai suoi che si sono lanciati a testa bassa da par loro sulle scelte “di classe” dell’esecutivo.

Che Monti sia stato accolto come il salvatore della Patria è noto, ma come chiosa Macaluso sul Riformista: “Pensavate che dopo un governo di destra ne venisse uno di sinistra? Non è così, non c'era alternativa, rassegnatevi”.

Sembra banale dirlo, ma forse qualcuno aveva fatto un po’ di confusione nell’entusiasmo per la “liberazione” dal governo del bunga-bunga. Sembrava un 25 aprile ed invece era un 8 settembre in miniatura, con un PDL tutt’altro che vinto.

Qualcuno l’aveva presa invece per la sconfitta del centrodestra come se fossimo andati alle urne ed il popolo avesse votato (per una volta) per la sinistra.

No, non è così - dice Macaluso - e non c’è affatto da stupirsi se le scelte che vengono fatte - magari con la lacrima all’occhio - sono scelte che spostano il peso del disastro causato da banche, speculazione, deregulation, politica eccetera sulle spalle di pensionati, precari e così via. Con qualche aggiustamentino in modo da sottrarsi all’insopportabile accusa di essere assassini di povere vecchiette al minimo sociale e alzare il tiro verso quella classe medio-bassa che suscita sempre un po’ meno commozione (e che era il vero obiettivo da subito).

Naturalmente dietro Monti, a tirare le fila tenendolo con il fiato sospeso non solo il paese, ma tutta l’Europa e, ancora oltre, tutto il mondo, non c’è tanto il PD che di avventurismo non ne ha nemmeno l’ombra (anzi gli manca proprio anche quel minimo di fantasia che lo porterebbe ad osare qualcosina) ma gli sfasciacarrozze della destra populista.

La storia italiana c’è già passata: uno come Benito ha sistemato l’orario dei treni e la palude pontina, poi non ha esitato a portare il paese nel baratro di tre guerre consecutive (Africa Orientale, Spagna, Seconda Guerra Mondiale), radendolo al suolo. Non è gente che se ne preoccupa, forse per delirio di onnipotenza o per semplice idiozia.

Che i politici del PD siano sotto il ricatto di tipi simili, capaci di distruggere tutto, e magari abbiano proprio paura vedendo ribollire anche Di Pietro (che pure lui è notoriamente uomo di destra) non mi pare impossibile e nemmeno incomprensibile.

Che Monti e i suoi boys (and girls) facciano quello – e solo quello – che gli viene concesso di fare per salvare il salvabile anche questo mi pare indiscutibile (fra l’altro prendendosi anche i sonori pernacchioni di quegli opportunisti della Lega che sono stati al governo per anni ed hanno contribuito in modo plateale alla disfatta, ma che oggi si riciclano come barricaderi alla Robin Hood. Che truffatori).

Non c’era alternativa, rassegnatevi” chiude Macaluso. Ed ha – banalmente – ragione.

Monti prenderà i soldi dai tanti che hanno poco, scordandosi che il 10% delle famiglie italiane detiene il 45% della ricchezza nazionale (non viceversa),

Non tasserà la Chiesa per i suoi beni commerciali a meno che non sia lei stessa (ripagata poi in qualche modo) ad offrirsi come un agnello sacrificale ad imitatio Christi (ma ci crederò quando lo vedrò). Non romperà i contratti d’acquisto dei supercaccia né interromperà le costose e poco redditizie missioni militari all’estero. Non imporrà una patrimoniale sui grandi patrimoni essendo il partito di maggioranza relativa che lo sostiene in Parlamento feudo del maggior detentore di patrimoni in Italia.

Perciò Monti "non". Rassegnamoci.

Quindi è la sinistra che ha un gran lavoro da fare. Vincere le prossime elezioni, smettendo di brindare per le sconfitte altrui quando non è stata lei a provocarle. Vincerle tenendo a bada quel toreador di Di Pietro e quel parolaio di Vendola. Vincerle tirando le redini a quell’iperbole rissosa della Bindi e smorzadone l’ardore con qualche robusta iniezione di cultura radicale. Vincerle raffreddando le tonalità ecclesiastiche di tanti suoi dirigenti facendo loro capire che la fede è storia intima e personale, non questione pubblica e tantomeno politica.

Vincerle, ad esempio, facendo campagna elettorale incentrata su un solo punto, tanto per cominciare: prenderemo i soldi tassando del 2% i patrimoni del 10% più ricco della popolazione. Sono un'ottantina di miliardi di euro, mica scherzi.

Vincerle convincendo il corpo elettorale grazie ad un’identità certa, omogenea, coerente, intelligente, onesta, responsabile, ma anche con un disegno utopistico che faccia sognare un mondo nuovo, non il diligente compitino di un ragioniere dalle mani pulite (che poi, a ben guardare...).

E poi magari, dopo averle vinte, impiegare un po' di tempo cercando una nuova cultura, una nuova antropologia che non sia né quella marxista né quella ultraliberista, i due poli in cui oscilla da decenni come il batacchio impazzito di un campanaccio (pure un po' arrugginito). 

Insomma costruire per vincere per sé, per noi e per tutti. E vincere per governare, se ci riesce. Sennò rassegnamoci e non chiediamo a Monti di essere altro da quello che è: una versione (un po’) più presentabile di Tre-Monti.

Se non altro ci risparmieremo le insopportabili figuracce che ci toccava fare fino a che c'era quel fuori di testa di B.

Meglio di niente...


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