M5s: se l’“antipolitica” divenisse politica?

par Giuseppe Caglioti
lunedì 16 aprile 2012

Secondo la stampa, stando ai sondaggi, il Movimento 5 Stelle potrebbe divenire il terzo partito del Bel Paese. Visto il vecchiume che c’è in giro e il gap che separa i due grandi partiti maggioritari dai partiti minori e gli ultimi scandali, il movimento del comico genovese potrebbe fare il gran salto. E mentre la vecchia nomenclatura trema, l’idea incomincia a piacere a molti. Che il M5S sia ben lungi dall’essere la panacea di tutti i mali è ormai chiaro a tutti quelli che di politica ne capiscono sul serio, ma che la sua opera sia negativa, populistica e dispersiva, forse, non è cosa affatto fondata, specie se le cose prendessero una certa piega. Urge, in primis, che i gruppi giovanili dei “veri” partiti, prima che si sfascino, colgano una grande lezione dal M5S: il suo pensiero di vero rinnovamento e di investitura dal basso. Per i partiti classici, non cogliere il malumore popolare potrebbe ormai equivalere alla sottoscrizione della propria “sentenza di morte”!

Che sia un comico il guru ispiratore del M5S, ciò non fa una grinza. Se vogliamo piangere di riso amaro, basti vedere chi ha dominato la politica fino a qualche mese fa, e ci sarebbe davvero da etichettare quei siffatti personaggi come veri e meri buffoni. E contateci, la storia su quest’ultimi non avrà pietà! In più, la loro definitiva scomparsa dalla scena segnerà anche lo “sfascio” delle loro creature: i loro partiti. Tanto per far nomi: Lega e Pdl fra tutti.

Tornando a Grillo e al suo movimento ci sono certamente delle cose che rimangono senza risposta: tipo la politica industriale, lo stato sociale, lo stato di diritto, la lotta alle mafie, la politica internazionale e quant’altro ci sia di complesso e di veramente strategico nella politica tout court di uno Stato.

Tuttavia, avere una compagine del genere come contraltare in un ipotetico nuovo governo rinnovato di una “terza Repubblica” non sarebbe certamente una cosa negativa, anzi, sarebbe forse l’inizio di un vero cambiamento.

I cavalli di battaglia del M5S per la situazione politica italiana, sono certamente rivoluzionari, e molti di essi mi trovano perfettamente d’accordo.

In primo luogo, per il movimento, c’è l’idea che il bene comune, nei fatti, sia la vera  conditio sine qua non  per fare politica; ecco perché le sinistre lo detestano.

In secondo, la politica non deve esser di carriera, due o tre mandati e sei fuori; ecco perché ai politici dei grandi partiti “il cul gli fa lappe lappe” quando sentono parlare i grillini.

Al terzo punto stanno le politiche finanziarie orientate al risparmio con uno Stato che vegli su tutti i propri conti con la finanza che sia delegata al puro ruolo di servizio verso i cittadini senza esser in combutta con “l’Europa delle banche”; quest’ultima, per esser accettabile, deve diventare “l’Europa dei Popoli”; perciò per gente come Monti, Passera, Draghi e compagni di “merende finanziarie” un movimento del genere è verisimilmente cosa esecranda.

Infine, c’è la vera cosa rivoluzionaria, la politica ambientale, la quale prevede politiche a rifiuti zero, ergo riciclaggio completo, sostenibilità della mobilità, energie rinnovabili e pulite, risorse naturali pubbliche e quant’altro; è chiaro che alla casta politico-dinastico-lobbistica questa politica faccia paura quasi come la morte, poiché la estromette de facto e completamente dalla base del suo potere.

Apertis verbis, fermo restando - a mia opinione - che le colonne portanti del movimento da me succintamente elencate debbano essere improcrastinabilmente cose fondanti di una possibile "nuova" Repubblica, i problemi di fondo rimangono le problematiche citate ancora più sopra; problematiche delle quali si possono occupare solo personalità politiche - e non - adeguatamente esperte e preparate da ottime scuole storico-politiche, personalità, che, però, debbono necessariamente venire da nuove file di giovani con gli “anziani” della politica che passino tranquillamente a ruolo di “suggeritori”, qualora qualcuno - e non mancherà occasione - li richiamasse a questo compito.

Dunque, il cosiddetto fenomeno dell’antipolitica potrebbe, in parte, forse, rivelarsi il vero propulsore di rinnovamento della politica classica, se questa desse la possibilità alle proprie frange giovanili di prendere il timone nei partiti medesimi, per fondare insieme una nuova politica italiana davvero improntata al bene comune. Le idee del movimento potrebbero veramente far bene al Paese solo se sposate al know-how della classe politica esistente, ma rinnovata.

Infatti, se il M5S riuscisse nell’intento di attrarre i voti di quel 30% che non vota, allora il successo politico sarebbe davvero assicurato, ma potrebbe non essere la stessa cosa per il successo amministrativo della nazione. Ci sarebbe così il rischio che una nuova classe politica impreparata faccia più danni di quanti ne avessero fatto le precedenti. Il “vecchiume” della politica deve farsi da parte; per il bene della nazione, deve!


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