M5S: mozzate la testa alla Gambaro

par Fabio Della Pergola
martedì 18 giugno 2013

E così i talebani - o i giacobini, se preferite - pare che abbiano avuto la meglio.

La senatrice grillina, Adele Gambaro, è stata virtualmente espulsa dal movimento secondo il primo step previsto dal regolamento interno del Movimento. La conferma arriverà dalla “rete”.

Riassunto: dopo il catastrofico risultato delle amministrative, l’esponente del M5S ha esternato i suoi pensieri in diretta tv, dicendo in sintesi che il risultato elettorale non poteva essere considerato un successo, come affermava qualcuno del suo movimento in crisi imitatoria dei politici d’antàn, ma al contrario che era “abbastanza negativo”. Un'onesta fotografia della realtà.

I motivi? “Stiamo pagando i toni di Beppe Grillo” e, ha aggiunto la senatrice, la sua comunicazione, i post minacciosi e le offese al Parlamento. Il punto vero però, detto con cortese fermezza che non riesce a nascondere del tutto l’irritazione, è la mancata condivisione degli eletti nella determinazione della linea politica.

In altri termini Grillo scrive sul blog quello che gli pare e gli onorevoli grillini si ritrovano a dover rispondere delle parole del capo senza essere mai stati nemmeno consultati. Il problema del Movimento a questo punto è, per la Gambaro, proprio Beppe Grillo. E la piega che il Movimento sta prendendo “diversa dagli inizi”; per cui è indispensabile “cambiare il modo di porsi, di comunicare” pur riconoscendo che “il movimento è Grillo” e affermando di non voler mettere in discussione la sua leadership.

La sintesi è chiara: di fronte al tracollo elettorale (in certe città siciliane i Cinquestelle sono passati dal 30% di ottobre al 3% di maggio) una persona intelligente ne cerca i motivi: giusti o sbagliati che siano, le risposte che la Gambaro si dà stanno chiaramente nel contesto di una riflessione non solo indispensabile per un movimento in palese difficoltà, ma anche umanamente comprensibile visto la passione e l’impegno che, si suppone, la senatrice ha profuso nell’impegno politico.

Le risposte di Grillo e dei suoi pasdaran le conosciamo: "La senatrice Adele Gambaro - scrive Grillo - ha rilasciato dichiarazioni false e lesive nei miei confronti, in particolare sulla mia valutazione del Parlamento”: dove stia la falsità non si sa, visto che lui stesso aveva definito il Parlamento la “tomba maleodorante della Repubblica”. 

In ogni caso lei è una miracolata, una che non vale niente, per cui “via subito dal Movimento”; e la colpa della débacle elettorale è degli italiani che non li hanno votati.

Come qualsiasi esperto di marketing sa, se un prodotto (anche politico) non si vende la colpa non è mai dei compratori che non lo comprano. È il prodotto che è scadente o troppo costoso o mal distribuito o mal pubblicizzato. La senatrice dissidente si muove perciò su una forse confusa, ma sicuramente corretta, valutazione del risultato elettorale; cioè della catastrofica ‘vendita’ del prodotto grillino alle amministrative. Le si risponde che la colpa è dei compratori: l’ottusità fatta analisi politica.

Cui si aggiungono episodi a dir poco farseschi: come le parole della senatrice Blundo che invita la Gambaro a “chiedere perdono a Grillo”. Chiedere “perdono”, ammettere di essere stati cattivi, fare penitenza; magari promettere di non farlo più. Roba da asilo infantile (o da manicomio, visto che i senatori non sono bambini, ma adulti che si comportano come fossero ancora in fasce) esposta con il tono di una mammina sofferente. Inguardabile.

Una senatice dissidente però si chiede “Avere un’opinione personale è illegale? Avanzare critiche non è previsto dal regolamento?” e un'altra ha affondato il coltello nella piaga: “c'è un clima da psicopolizia. Se non sei d'accordo, dicono che è per i soldi o perché sei del PD: ti delegittimano”. Come una purga staliniana, né più né meno.

C’è da chiedersi dove sono finite tutte quelle balle (buone solo per gli allocchi che ci hanno creduto) del tipo “uno vale uno” o le dichiarazioni di trasparenza che riguardano le esilaranti e infinite diatribe sugli scontrini da rendicontare (echissenefrega ce lo vogliamo dire?), ma non la diretta streaming sull’incontro “plenario” degli eletti in merito all’espulsione della Gambaro; incontro che evidentemente non doveva essere visto perché non si vedessero anche le divisioni interne e non si ascoltassero le motivazioni non “congrue” con la decisione già presa dal Capo Supremo. Risultato 79 a favore e 49 contrari (con 9 astenuti): una maggioranza non bulgara deferisce al Tribunale del Popolo la senatrice rea di lesa maestà, a cui si è opposta una minoranza niente affatto irrilevante. Ora la palla passa alla “rete”, con tutte le garanzie di sicurezza e affidabilità che conosciamo: zero.

Uno vale uno e gli altri valgono un piffero: ridicoli dilettanti sbeffeggiati da un venditore di paccottiglia da mercatino di provincia che hanno avuto il merito di raccogliere la protesta montante e proporre qualche idea condivisibile da larga parte del popolo italiano in grande difficoltà. Ma incapaci di renderla praticabile.

E il corpo elettorale, annusata l’aria, li ha lasciati lì come dementi a parlare di aria fritta l’un con l’altro. In attesa che il Duce dica loro cosa devono pensare. E cosa possono dire, fare, baciare, lettera e testamento. Fine della storia.

 


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