Lussemburgo, meno religione più Stato

par UAAR - A ragion veduta
giovedì 5 febbraio 2015

Sgravare lo Stato dagli oneri per il mantenimento dei culti, se non del tutto almeno in parte, è possibile. Basta solo avere la volontà di farlo. Il piccolo Granducato del Lussemburgo questa volontà l’ha avuta e perseguita, arrivando a concludere di recente una nuova convenzione con le principali confessioni religiose presenti nel territorio che riduce drasticamente i privilegi loro concessi, e non solo quelli di carattere economico.

Va comunque premesso che la situazione in Lussemburgo è molto diversa da quella italiana. L’Italia non ha solo sottoscritto un Concordato con la Chiesa cattolica ma l’ha anche inserito nella sua carta costituzionale, ed è chiaro che questo complica notevolmente le cose a tutto vantaggio della confessione dominante. Nella Costituzione lussemburghese non esiste invece nessun riferimento specifico non solo al cattolicesimo, cosa pressoché impossibile visto che le chiese riformate hanno una forte influenza, ma nemmeno al cristianesimo. In essa, com’è giusto che sia, è sancita la libertà di culto e di manifestare le proprie opinioni religiose, e viene previsto che i rapporti tra le varie confessioni e lo Stato siano regolate da convenzioni. Tuttavia è anche stabilito che i salari e le pensioni dei ministri di culto siano a carico dello Stato, a ribadire che nulla è perfetto ma tutto è perfettibile.

In base a un’intesa sottoscritta nel 1997 gli studenti potevano optare per l’insegnamento di una religione cristiana, da scegliere tra la cattolica, la luterana o la calvinista, al posto del corso di etica previsto per tutti. Notare che trattavasi di opzione, quindi la vera materia alternativa in Lussemburgo era proprio la religione, al contrario che da noi dove la materia principale è la religione cattolica ma questa è facoltativa ed è quindi possibile optare per un insegnamento diverso, oppure nessun insegnamento. Comunque, con la convenzione sottoscritta adesso la religione sparisce completamente dall’elenco delle materie insegnate, tutti devono obbligatoriamente frequentare il corso di etica che dovrà adesso anche parlare delle religioni nel mondo. L’unica concessione alle religioni convenzionate è il fatto che queste possono intervenire nella definizione del programma di etica, e la nota dolente è il fatto che al momento vi sono convenzioni solo con religioni abramitiche: cattolici, protestanti, anglicani, ortodossi, ebrei e musulmani. Nessuna organizzazione non confessionale potrà quindi dire la sua sui temi etici, l’unico attore laico risulta essere il governo.

Tagli più che drastici anche sul sostegno economico pubblico ai culti. Si passerà progressivamente dagli attuali 24,6 milioni di euro a soli 8,3 milioni, ma la forbice sarà perfino lievemente maggiore per le chiese cristiane e quella ebraica perché viene per la prima volta ammessa al finanziamento pubblico anche la comunità musulmana. La Chiesa cattolica passa da 23,72 a 6,75 milioni. Facendo due conti vien fuori che ogni lussemburghese dovrà corrispondere poco più di 12 euro l’anno ai vescovi lussemburghesi, a prescindere dal fatto che sia o meno cattolico, ma risparmia ben 31 euro rispetto a quanto pagava prima. Gli italiani contribuiscono alla Cei con 17 euro l’anno ciascuno solo attraverso l’Otto per mille, se si considera il totale della spesa calcolato nella nostra inchiesta sui costi della Chiesa questo obolo sale ad almeno 105 euro. Neonati e anziani compresi, come si dice quando si parla di debito pubblico.

Infine, la gestione economica degli edifici ecclesiali non graverà più sulle casse dei Comuni com’è stato finora ma sarà posta a totale carico della Chiesa. Tre soli edifici rimarranno a gestione pubblica: la cattedrale di Lussemburgo, la basilica di Echternach e il “Centre Jean XXIII”. È stato anche previsto che il seminario cattolico di Weimershof diventi un centro studi interfedi. Non c’è che dire, si tratta di una botta bella grossa. Termini come “ridimensionamento” o “riduzione” sarebbero semplicemente eufemistici, qui si parla di una decisa inversione di tendenza a quasi 180 gradi.

Fa buon viso a pessimo gioco l’arcivescovo lussemburghese Jean-Claude Hollerich, che in un disperato tentativo di minimizzazione afferma di avere “una libertà più grande per il futuro. La Chiesa continua comunque a ricevere un sussidio dallo Stato e le religioni restano nella Costituzione del Lussemburgo. Quindi la Chiesa potrà vivere e continuare la sua missione nei prossimi 20 anni”. Per Hollerich il punto più dolente è la perdita della possibilità di insegnare la religione a scuola, e non si può dargli torto perché in effetti è sul proselitismo che molte religioni, la cattolica in testa, puntano per mantenere la propria posizione. La povertà non lo spaventa, su questo fa riferimento al papa: “Sentiamo quello che dice papa Francesco e come parla al cuore della gente, proclamando il Vangelo. Le nostre possibilità nella proclamazione del Vangelo sono un po’ più grandi quando siamo più poveri”. Domanda semplice e ingenua: come mai allora siete sempre ricchissimi?

Massimo Maiurana


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