Lucilio a Gaio Valerio, il 18 maggio 2025
par Giuseppe Aragno
lunedì 19 maggio 2025
Mi scrivi, mio carissimo Gaio Valerio, che davanti ai tuoi occhi inorriditi accadono cose che non pensavi di poter vedere: un bambino ha esalato l’ultimo suo respiro dopo che per lunghi e terribili giorni uomini armati l’hanno privato del cibo e dell’acqua e del tepore di una casa, morto al termine di un’atroce agonia, senza poter contare nemmeno sul sollievo di un qualche farmaco che alleviasse le sue sofferenze.
La fame, la sete, gli stenti e colpi d’arma da fuoco hanno tolto la vita ai medici e ai paramedici. Mi dici anche che a sostegno di quanto scrivi non puoi inviarmi immagini, voci, rumori dell’inferno che ti circonda, perché cadono come mosche, colpiti a morte, gli eroici giornalisti, testimoni di ciò che racconti.
Lucilio, il tuo amato maestro, stenta a credere a ciò che scrivi, benché conosca la tua rettitudine e sappia che non sei capace di mentire. Stenta a crederti perché nella sua ormai lunga vita non ha mai visto nulla di simile e il solo riferimento che emerge dalla nebbia dei suoi ricordi è la terribile sorte di un popolo contro il quale di accanì l’inaudita ferocia di uno Stato abitato da gente disumana. Ti ho scritto che l’umanità, ferita quasi a morte, da quel momento si diede però leggi, Tribunali e creò organismi internazionali incaricati di impedire che quella tragedia si ripetesse. Tu mi hai risposto che sbaglio, che sotto i tuoi occhi di questi Tribunali, leggi e organizzazioni ci si fa beffe e si giunge a opporre la guerra ai soldati della Pace.
Mi dici – e vorrei poterti non credere – che sei circondato da cecchini che mirano al cuore e alla testa di anime innocenti e tu le vedi cadere senza urlare, con le braccia aperte come fossero inchiodate a una invisibile croce e con gli occhi rivolti all’indietro. Al tuo maestro, che ti ha formato alla fede illimitata nella pace e al più assoluto e incondizionato rifiuto della violenza, rivolgi domande che sono rimproveri: fin dove posso spingere la mia osservanza dei tuoi precetti, Lucilio, senza essere complice degli assassini? Può il pacifismo diventare lo scudo di macellai nei quali non vive nemmeno l’ombra di sentimenti umani?
Con gli occhi rigati di lacrime, col cuore che sanguina e con la sensazione dolorosa di averti maleducato alla vita, Gaio Valerio, il tuo maestro può risponderti solo con una parola: reagisci! Di fronte a un male che sovverte l’ordine naturale delle cose, a te e a voi tutti, giovani ai quali Lucilio ha insegnato l’orrore per la violenza, il vostro maestro vi dice che avete il dovere di disobbedirgli. Formate squadre armate, rispondete colpo su colpo e difendete i bambini che stanno morendo.
Lucilio ha trasmesso a Gaio Valerio molte verità, ma la più importante di tutte è quella che lo invita a non fare dei suoi insegnamenti una bibbia, a conservare nel cuore e nella mente l’amore per il dubbio. Sia pure dubitando, mio carissimo Gaio Valerio, difendi la vita degli indifesi. Fallo con le parole, se puoi, con il tuo corpo se può bastare e se non basta, opponi la forza delle ragioni alle ragioni della forza: uccidi gli assassini e se ti riesce colpisci a morte chi li guida. Elimina il tiranno.
Se, devi scegliere come vivere, se da Bruto o da Cesare, solleva in alto pugnale e colpisci Cesare in difesa dell’umanità.
Lucilio ti benedice e ti abbraccia.