"Cose nostre": Luc Besson, una garanzia

par Gianfranco
giovedì 7 novembre 2013

La prima reazione che suscita il bel film di Luc Besson, a mio avviso, è che la propensione a delinquere sia nel DNA della famiglia di Giovanni Manzoni, ex boss, ora nascosto in un paese della Normandia e protetto dalla FBI con la quale ha collaborato nel combattere una banda di mafiosi che ora lo cercano per vendicarsi.

L’immagine che ne deriva dai comportamenti dell’intera famiglia non è certo rassicurante per chi dovesse trovarsi, all’estero, come vicino di casa una famiglia di italo-americani con tipiche impronte mafiose.

Ne sanno qualcosa i compagni di scuola di Warren o gli spasimanti di Belle, così come il proprietario del supermercato che Maggie manda a fuoco. Non parliamo poi dell’idraulico o del funzionario della società dell’acqua che incontrano sulla loro strada la ferocia di Giovanni.

Tutte le azioni della famiglia sono eseguite con una facilità e contemporaneamente con una risolutezza e aggressività che lasciano colpiti. Il ritmo del film è assolutamente veloce e pieno di colpi di scena, come tipico dei film di Besson, e pur non essendo un capolavoro merita di essere visto forse più di una volta per coglierne la reale potenzialità espressiva.

Besson si è affidato ad un cast eccezionale e De Niro, Michelle Pfeiffer e Tommy Lee Jones ci offrono una tra le loro migliori interpretazioni. Il film è tratto da un romanzo di Tonino Benacquista, che mi riprometto senz’altro di leggere.

Commentando al cineforum locale del paesino della Normandia il film di Martin Scorsese “Quei bravi ragazzi” De Niro ci offre un saggio di recitazione quando dice: “C’è una scena in apertura, c’è un tizio sulla sinistra con una camicia gialla addosso, seduto su una sedia girata al contrario, lui era un vero gangster, uccideva a sangue freddo”.


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