Lo scandalo della sentenza Lucano

par Fabio Della Pergola
venerdì 1 ottobre 2021

Ha riempito le pagine di giornali e dei social lo scandalo per la sentenza che ha condannato Mimmo Lucano a 13 anni e due mesi, quasi raddoppiando la richiesta stessa dell’accusa, per reati inerenti l’immigrazione clandestina.

Scandalo che si accentua se solo si ricorda che a Luca Traini è stata comminata una condanna a 12 anni, nonostante fosse uscito di casa armato e, animato da odio palesemente razzista, intenzionato a uccidere quanti più immigrati neri potesse, mandandone all’ospedale sei (da qui la condanna “per strage” in quanto la Cassazione ha ritenuto che fosse sufficiente l’intenzionalità a compierla).

È quindi comprensibile e condivisibile l’ondata di sdegno per una sentenza che appare così palesemente sproporzionata.

Mimmo Lucano colpevole di aver usato illecitamente degli asini per la raccolta porta a porta della nettezza? Colpevole di aver “combinato” matrimoni fasulli fra vecchietti calabresi e giovani donne africane, pur di salvarle dall’espulsione? E capirai. Siamo in Italia, il fondatore e capo di quello che è stato il maggior partito italiano e presidente del Consiglio a più riprese è un tizio condannato in via definitiva a quattro anni di reclusione (di cui tre anni condonati) per frode fiscale. Cioè per un danno consistente allo Stato da lui stesso guidato per anni. Mi pare peggio di quanto possa aver fatto il sindaco Lucano nella gestione della sua piccola amministrazione locale.

O magari ricordiamoci di Duilio Poggiolini, quello condannato per aver infrattato i lingotti d'oro nel puff di casa (con la bellezza di 39 miliardi poi sequestrati), condannato in primo grado a sette anni e mezzo di reclusione, pena ridotta in appello a quattro anni. E infine ridotta di altri due grazie all'indulto.

Poi viene il pensiero – ne parla Adriano Sofri sulla sua pagina facebook e forse su Il Foglio di oggi – che questa sia una di quelle classiche sentenze “suicide”, cioè studiate apposta per rendere facile, pressoché certa, la loro repulsa nei gradi successivi di giudizio.

A differenza di Sofri, penso che questa possa essere davvero la definizione giusta. Che il collegio giudicante guidato dal giudice Accurso abbia volutamente sollevato con la loro disumana sentenza, uno tsunami di disgusto tale da ribaltare a furor di popolo (democratico) le tesi dell’accusa sugli stessi accusatori, coprendoli di ridicolo.

È un’opinione “buonista” la mia, ottimista, ne sono consapevole. Ma è l’unica prospettiva che mi sono voluto lasciare per non perdere del tutto le speranze che un sistema giudiziario degno di questo nome ancora esista in questo paese.

Magari così farraginoso da inventarsi il ricorso a sentenze “suicide”, ma che almeno salvi il buon senso di condannare il favoreggiamento all’immigrazione clandestina a una pena minore, e non di poco, alla frode fiscale. Per non parlare della differenza con una strage. In un paese che di stragi impunite ne ha viste anche troppe direi che è il minimo.

Resta il dubbio, sollevato già da qualcuno, che la sentenza sia stata così sproporzionalmente alta per assicurarsi che, anche in caso di riduzione della pena in appello, resti una condanna consistente al sindaco che ha sfidato il sistema su un tema così delicato come l’immigrazione.

E questo lascia molto amaro in bocca. Così tanto che viene voglia di sputare.

Foto Wikimedia


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