Lo pensa ma non lo dice: W i comunisti

par rickylg
giovedì 12 novembre 2009

 

Il governo, nelle persone di Berlusconi e di Alfano, è tornato alla carica per attuare la tanto agognata riforma della giustizia, una riforma che difficilmente migliorerà lo stato della giustizia italiana, ma la peggiorerà. Ma queste sono previsioni.

Mi limito a notare come, ogni volta che si parla di questo argomento, il PdL tenta in tutte le maniere di adulare il PD. Successe lo scorso anno con Veltroni e ora di nuovo con Bersani.

Ma perché il PdL desidera questo appoggio del PD per attuare il proprio piano sulla giustizia? Non credo sia solo per il fatto che, con l’appoggio dell’opposizione, non servirebbe andare al referendum confermativo, penso sia anche una questione politica. Ovvero, la maggioranza dice, ok, noi abbiamo questo problema, abbiamo interesse a fermare la giustizia, per lo meno su determinati reati che possono coinvolgere molte persone facoltose e importanti che ci danno il loro appoggio, e questo problema ce l’avete anche voi del PD, del resto sono anni che anche voi vi barcamenate su questa riforma. Dunque noi facciamo la porcata, noi ufficializziamo e miglioriamo il concetto secondo il quale la giustizia sarà diversa a seconda della posizione sociale e del reato, ma voi dovrete essere nostri complici, in modo che nessuno potrà sputtanarci una volta che si vedranno gli effetti negativi o nel caso in cui il popolo si accorga che non è una cosa fatta per bene di tutti, ma solo per gli interessi di qualcuno.

Io penso sia più questo il motivo dell’adulazione che quello del referendum. Infatti la maggioranza non credo abbia paura del responso del “popolo”. Di questi tempi ogni desiderata di Berlusconi è un ordine per gli italiani. Il problema sorgerebbe solamente in futuro in questo caso, quando la destra potrebbe trovarsi a doversi difendere dai problemi causati da questa riforma.

E questo dimostra, se ce ne fosse ancora bisogno, che non è affatto una riforma pensata per migliorare la giustizia o per risolverne i veri problemi. I punti sui quali la politica desidera intervenire, infatti, sono ben altri: separazione delle carriere, limitazione dei poteri del pm, assoggettamento (in una maniera o nell’altra) dei pm all’esecutivo, limitazione delle intercettazioni e quant’altro.

Nulla a che vedere dunque con la lungaggine delle procedure e dei processi veri e propri, spesso dovute anche a tattiche attendiste da parte di certi avvocati.

Nulla a che vedere con la riduzione dei costi che si otterrebbe unificando le procure più piccole o separando quelle più grandi, nulla a che vedere con l’assunzione di nuovi cancellieri o con la digitalizzazione dei documenti.

Altro punto su cui si concentreranno i vendicatori azzurri sarà quella della riforma del CSM, un settore questo che ha davvero bisogno di essere cambiato, ma non aumentando la componente laica (ovvero politica) ai danni di quella togata, ma escogitando un sistema per annullare la politicizzazione delle toghe, ovvero per diminuire i poteri delle varie correnti dell’ANM.

In ogni caso queste sono solamente congetture, derivanti da delle voci che, pur essendo solamente delle voci, durano da diversi anni, dunque una qualche attendibilità ce la devono pure avere.

Continua però a infastidirmi il continuo richiamo alla legittimazione popolare degli uomini della maggioranza. Alfano ha dichiarato che la riforma della giustizia è doverosa perché la nuova fase democratica prevede la presenza nelle istituzioni di uomini votati dal popolo. Strano, perché a me sembrava che alle politiche del 2008, al contrario di ciò che accadeva nella prima repubblica, non potevo esprimere alcuna preferenza. Dunque dubito che qualcuno abbia votato gli uomini che voleva all’interno delle istituzioni. Nessun parlamentare è stato votato “direttamente dal popolo”. E Alfano lo sa bene.

Curiosa anche l’interpretazione che Berlusconi dà della denuncia a Repubblica.

Secondo questo maestro della democrazia in stile sudamericano non è lui, che ospita spacciatori, assassini, mafiosi, corruttori e prostitute in casa sua a sporcare l’immagine delle nostre istituzioni all’estero, ma i giornali che denunciano queste cose. Sarebbe ora che qualcuno ricordasse a Berlusconi che è lui a dover portare rispetto all’istituzione della presidenza del consiglio dei ministri, che egli occupa ma non rappresenta. Un conto è criticare l’operato e le frequentazioni di una persona che temporaneamente occupa quell’istituzione, un conto è criticare l’istituzione. E nessuno, tranne lui, ha mai criticato le istituzioni. E dobbiamo rivangare gli insulti nei confronti del Parlamento?

Vorrei infine che qualcuno mi indicasse quali sono gli insulti che gli sono stati rivolti. A me pare che si siano riportati dei fatti. Se lui li considera insulti allora significa che non sa nemmeno la differenza tra una critica basata sui fatti e un insulto.

Ma del resto cosa vogliamo aspettarci da un uomo che, nemmeno se condannato da un tribunale della Repubblica, sentirebbe il bisogno di dimettersi, per rispetto alla Costituzione, alla repubblica e alle sue istituzioni e, ultimo ma non ultimo, proprio il tanto declamato popolo che avrebbe bisogno di persone oneste al vertice delle istituzioni? Ma non si preoccupi, signor Berlusconi. E sia felice di avere come giudici delle toghe rosse e comuniste: è un fatto storico che sono proprio i comunisti i suoi alleati occulti più fedeli. Altro che Bossi, Fini e Casini.


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