Lista Tsipras o dell’incapacità di questa sinistra di progettare idee nuove

par Fabio Della Pergola
mercoledì 26 marzo 2014

Una delle frasi ricorrenti - quasi un tòpos ormai - è che “la sinistra deve ritrovare l’anima”. Cioè la capacità di progettare, dire ed entusiasmare quella parte dispersa del popolo italiano che non ha più alcuna rappresentanza politica.

L’anima della sinistra è - o dovrebbe essere - la forza vitale di un discorso che parla al cuore degli esseri umani, isterilito da vent’anni di berlusconismo e una settantina di catto-comunismo. E poi un po’ anche alle loro tasche, depredate dalla peggior accozzaglia di pescecani in giacca e cravatta mai vista prima. Invece la sinistra, è chiaro, non avanza; casomai - la Francia insegna - arretra. Ma andiamo con ordine.

Punto primo: pochi giorni fa è stata trasmessa in video la presentazione pubblica di un libro che parla della vita del poeta turco Nazim Hikmet, "Il turco in Italia" di Joyce Lussu.

Con lettura da parte di una bravissima, e molto bella, giovane attrice degli strazianti versi di un uomo, comunista (quando essere comunisti era estremamente pericoloso), poeta (quando essere poeti significa rischiare letteralmente la morte per fame), turco (quando essere turchi significava - come in parte è ancora oggi - finire stritolati fra l’occidentalismo delle élite nazional-militariste di stampo reazionario alla Atatürk, e l’islamismo più ottuso e retrogrado di stampo iperconservatore e tradizionalista).

Lui invece scrisse i versi che abbiamo potuto riascoltare in una recitazione estremamente intensa che ci ha ricordato una poesia fra le più belle del novecento.

Il più bello dei mari
è quello che non navigammo.
Il più bello dei nostri figli
non è ancora cresciuto.
I più belli dei nostri giorni
non li abbiamo ancora vissuti

Ecco che cosa abbiamo fra le mani, il regalo di un poeta turco che ci indica la via per un’utopia tutta da ripensare. Qui dovrebbe stare l’anima della sinistra.

Poi ci svegliamo dall’atmosfera magicamente onirica in cui siamo precipitati per quasi un’ora e ci troviamo di nuovo nella deprimente realtà italiana di questo primo quindicennio del secolo XXI. Che sarebbe il punto secondo.

Con una certezza, anzi con tre certezze: la prima è che abbiamo al governo, sorretto da una incogrua maggioranza, un boy-scout cattolico con la stessa faccia del bamboccio che ai suoi tempi veniva chiamato “i’ bomba” perché le sparava grosse. Il che la dice lunga.

La seconda è che l’unica opposizione residua è costituita da un gruppo mal amalgamato di sconfortanti vaffanculisti, convinti (e lo credono davvero) di essere “oltre” le differenze tra destra e sinistra (con grande piacere, ovviamente, di tutte le destre urbi et orbi), seguaci di un angosciante capellone, ex simpatizzante del pregiudicato di Arcore, in preda a deliri apocalittici; e di un autoritario e antidemocratico (sono parole sue: "Bossi sarebbe un magnifico dittatore. Un po' come me") rabbioso urlatore da palcoscenico, che guarda con favore alla catastrofe prossima ventura (sono parole sue: "ho l'ottimismo della catastrofe. Si va giù, e si ricomincia") tanto quanto i futuristi amavano la guerra “igiene del mondo”. E' un'opposizione già vista, tante volte, nel corso della storia. E non ha portato mai niente di buono. Tutt'altro.

La terza certezza è che esiste ancora una sinistra politica, virtualmente all’opposizione, ma che è ormai ridotta praticamente a niente (non siamo ancora alle classiche percentuali “da prefisso telefonico” ma manca davvero poco). Sterilizzata attorno all’ammirazione per Vladimir Luxuria (da poco è stata ventilata una sua candidatura a sindaco di Foggia) e alle patetiche narrazioni parapoetiche di Nicki Vendola. O poco più.

Una sinistra che, non riuscendo a partorire nemmeno il topolino di un progetto comune minimale, ha pensato che l’unica via di salvezza fosse aggregarsi al carro di un vincitore, che però ha vinto altrove. In questo caso la Grecia di quel Tsipras che sarà pure un bravo ragazzo, che sarà pure un abile politico, che sarà pure un uomo pulito e intelligente, ma che dalle nostre parti è - senza ombra di dubbio alcuno - il classico cavolo a merenda. O, peggio, la dimostrazione plateale del fallimento della nostra sinistra autoctona.

Ma alle tante frange di una sinistra autoreferenziale, ottusa e litigiosa, è apparso come il vero Messia, il Cristo risorto e capace di far risorgere dalla morte tutti quelli che credono in lui. E i morti hanno immediatamente stravisto per lui. Salvo cominciare ad azzuffarsi di nuovo cinque minuti dopo aver sottoscritto l’adesione alla Lista che porta il suo nome.

Come ci racconta l’esilarante video parodia che illustra con la capacità persuasiva delle immagini la fulminea parabola della proposta “nuova” della sinistra italiana, che gli ultimi sondaggi accreditano di quel solito 4% - con pochi decimali di variazione - che rappresenta il consolidato zoccolo duro del radicalismo di sinistra in Italia. Niente di più e niente di meno: 1 virgola qualcosa a Rifondazione, 2 virgola qualcosa a SEL, lo zero virgola qualcosa ancora più a sinistra. Percentuali da casa di riposo.

Rissosità e scarso appeal che dimostrano al di là di ogni ragionevole dubbio che un certo modo di fare politica, a sinistra non è mai tramontato.

Così, a questo punto, posso spiegare perché ho parlato di Nazim Hikmet e della Lista Tsipras: del turco e del greco.

Ne ho parlato perché per il poeta di Istanbul “i giorni più belli sono quelli che non abbiamo ancora vissuto” e “i mari più belli sono quelli che non abbiamo ancora navigato”. Mentre per l’ormai decrepita sinistra radicale italiana, costretta a cercarsi un leader all’estero per manifesta incapacità di produrre qualcosa in casa, è evidente che “i giorni più belli sono quelli che abbiamo già vissuto”. Una quarantina d’anni fa, dalle parti del Sessantotto. E continua imperterrita a riproporre quella storia, quei mari navigati tanto tempo fa in cui un'intera generazione è affondata come il Titanic.

Dovremmo allora imparare dai poeti - non dai politici, non dai filosofi, non dai teologi - a guardare al futuro; e siamo invece continuamente costretti a guardare com’era bello il passato degli zombie di casa nostra. Ma non sarà ora di chiudere quella porta e di buttare la chiave ? Non sarà l'ora di seppellire il passato, che è l'unico modo per far nascere davvero un qualche futuro ?

La poesia di Hikmet - su cui la sinistra dovrebbe riflettere se mai avesse voglia di battere ancora un colpo - finisce così:

E quello
che vorrei dirti di più bello
non te l’ho ancora detto
”.

Ecco, siamo in attesa che la sinistra politica italiana si accorga di questo.

 

Foto: Flickr (Riccio)

 


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