Lettera aperta al Comune di Roma. "Stop alla segregazione dei rom"

par Carlo Stasolla
martedì 29 maggio 2012

In una lettera aperta sottoscritta da European Roma Rights Centre (con sede a Budapest) e Associazione 21 luglio, le due organizzazioni ricordano che nei prossimi giorni il Comune di Roma porterà a termine i lavori per la costruzione del «villaggio attrezzato» per le comunità rom e sinte situato a Roma nella località periferica denominata La Barbuta. La struttura, lontana dal contesto urbano, recintata, videosorvegliata, destinata ad accogliere circa 650 persone rom, è il primo "campo nomadi" di tale grandezza costruito ex novo a Roma negli ultimi 7 anni. Nei prossimi giorni verranno ultimati i lavori prima di procedere all'assegnazione dei moduli abitativi alle famiglie rom e sinte che qui verranno trasferite.

 

Lettera aperta al Comune di Roma

"Nei prossimi giorni il Comune di Roma porterà a termine i lavori per la costruzione del «villaggio attrezzato» per le comunità rom e sinte situato a Roma nella località periferica denominata La Barbuta. La struttura, collocata tra il Grande Raccordo Anulare, la linea ferroviaria Roma-Cassino e l'aeroporto "G.B. Pastine" di Ciampino, è lontana dal contesto urbano, recintata, videosorvegliata, destinata ad accogliere circa 650 persone rom.

Il «villaggio attrezzato» La Barbuta è il primo "campo nomadi" di tale grandezza costruito ex novo a Roma negli ultimi 7 anni. Alcune organizzazioni internazionali, tra le quali European Roma Rights Centre (Centro Europeo per i Diritti dei rom), hanno più volte riconosciuto come «l’Italia è il solo paese in Europa a promuovere un sistema di ghetti, organizzato e sostenuto pubblicamente, con lo scopo di privare i rom di una piena partecipazione alla vita italiana, o addirittura di avere un contatto e dei rapporti con essa. Questi rom vivono, secondo il gergo italiano, in “campi” o squallidi ghetti, questi “autorizzati"» (Il paese dei campi, ERRC, 2000).

Negli ultimi anni tale specificità italiana fondata sul «sistema dei ghetti» è stata evidenziata da diversi organismi internazionali, a partire dal 2000, quando il Comitato per l'Eliminazione della Discriminazione Razziale delle Nazioni Unite nella General Recommendations n. 27 sulla discriminazione contro i rom, ha raccomandato all'Italia «di astenersi dal confinare i rom in campi fuori dalle aree residenziali, isolati e senza accesso all'assistenza sanitaria e ad altri servizi base» (raccomandazione reiterata nel 2008 nelle Osservazioni conclusive sull'Italia). Recentemente il Comitato Europeo dei Diritti Sociali (Centre on Housing Rights and Evictions c. Italy, Rec. 58/2009) ha condannato la politica abitativa dell'Italia relativa alle comunità rom, «in particolare perchè basata sui "campi rom", che si ritiene non garantiscano le condizioni minime essenziali per una vita dignitosa». Lo stesso Comitato ha dichiarato lo Stato Italiano colpevole della «condizione di segregazione vissuta nei "campi nomadi"».

L'anno dopo, nel 2011, la Commissione Straordinaria per la Tutela e la Promozione dei Diritti Umani del Senato ha affermato nel Rapporto conclusivo dell'indagine sulla condizione di Rom, Sinti e Camminanti in Italia: «L'esperienza del Piano Nomadi di Roma mette in luce tutta una serie di criticità che suggeriscono come, per risolvere la questione rom in modo efficace sia sotto il profilo della sicurezza sia dell'integrazione, sia utile provare ad esplorare nuove strade e nuove soluzioni che vadano al di là della cosiddetta campizzazione» suggerendo di seguire l'esempio di altre città italiane che «hanno scelto di chiudere i campi rom».

Nel febbraio 2012 il governo Monti ha sottolineato, all'interno della Strategia Nazionale d'inclusione dei rom, dei sinti e dei camminanti, inviata alla Commissione Europea la «necessità di superamento del modello dei campi per combattere l'isolamento e favorire percorsi di interrelazione sociale». «La politica amministrativa dei “campi nomadi” - sostiene la Strategia - ha alimentato negli anni il disagio abitativo fino a divenire da conseguenza, essa stessa presupposto e causa della marginalità spaziale e dell’esclusione sociale per coloro che subivano e subiscono una simile modalità abitativa».

A fronte di una civiltà giuridica che si è sviluppata nelle norme e nelle sensibilità italiane e europee, il prefetto-commissario di Roma, Giuseppe Pecoraro, ha deciso, nel settembre 2011, di iniziare la costruzione di un nuovo «villaggio attrezzato» per le comunità rom in località La Barbuta. La realizzazione dell'insediamento verrà portata a termine dal Comune di Roma nei prossimi giorni prima di procedere all'assegnazione dei moduli abitativi alle famiglie rom e sinte che qui verranno trasferite.

Spetterà al Comune di Roma dimostrare ai cittadini romani che i 10 milioni di euro già spesi per la costruzione del nuovo «villaggio attrezzato», più quelli che dovrà erogare a tempo indeterminato per adempiere ai compiti di gestione e vigilanza (circa 3 milioni di euro l'anno), sono da considerarsi un investimento proporzionale ad accogliere i 650 rom in una condizione di esclusione sociale e segregazione piuttosto che disporre altre soluzioni più economiche e valide per cittadini italiani e stranieri, rom e non rom. In vari ambiti, accademici e politici, nazionali ed europei, è ormai consolidata la convinzione che ogni amministrazione locale dovrebbe rispondere alle esigenze abitative di questa parte della comunità rom, quella presente negli insediamenti formali e informali, con le stesse misure di politica dell'alloggio poste in essere per qualunque altro cittadino italiano, comunitario ed extracomunitario presente sul territorio. D'altra parte a nessuno potrebbe apparire adeguata una soluzione abitativa escludente e segregativa, concepita, per esempio, per soli cittadini asiatici, africani o magari ebrei.

Secondo European Roma Rights Centre e Associazione 21 luglio il Comune di Roma nel voler portare a termine la costruzione del nuovo "campo nomadi", sta reiterando il già citato «sistema dei ghetti», optando così per una scelta antistoricaantieconomica e discriminatoria che pone la città di Roma al di fuori di una politica in linea con le strategie, le raccomandazioni e le norme europee e internazionali. European Roma Rights Centre e Associazione 21 luglio invitano pertanto l'amministrazione romana a fare un passo indietro, sospendendo i lavori e l'assegnazione delle unità abitative del nuovo "campo nomadi" e istituendo un tavolo tecnico il cui obiettivo potrà essere quello di individuare le misure più idonee per una "riconversione di uso" dell'area de La Barbuta".

Associazione 21 Luglio
European Roma Rights Centre


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