Lettera a Giancarlo Siani: Per Fortapasc, che non è mai finita
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giovedì 23 settembre 2010
Caro Giancarlo, ti scrivo dall'alto dei 25 anni che sono appena passati.
Prima di tutto voglio darti una buona notizia, come si fa per convenzione in queste occasioni: il quotidiano leghista "La Padania" in questi giorni ha elogiato il tuo grande coraggio.
Se invece penso ad una cattiva notizia, non saprei da dove iniziare.
Caro Giancarlo quel limite che separava i Siani dai Gionta, lo Stato dall'Antistato, l'onestà dall'illegalità, il coraggio dall'omertà, l'etica ed i buoni principi dalla violenza ed il malaffare... oggi non esiste più.
Non esiste più un boss senza un politico di riferimento, o viceversa.
La collusione, la corruzione ed il malcostume generale non sono più eccezioni, peccati originali o mali estremi, sono il pane quotidiano di cui si ciba questa nostra terra perversa ed inquinata.
Non esiste più un giorno senza monnezza, accatastata in pendant col Vesuvio, al posto del mare oggi ci sono le fogne.
Il nostro ossigeno si chiama diossina, la nostra luce si chiama termovalorizzatore, la nostra etichetta si chiama indifferenza, la nostra speranza si chiama Inferno.
Caro Giancarlo sei diventato una scuola, un film, una strada, un premio, il simbolo dei giornalisti precari... ma la tua Fortapasc ancora non è diventata la polvere che accarezza la tua salma.
La tua Fortapasc riposa e riposa ancora: non ha più né occhi per piangere, né sogni per dormire. Non ha più giorni per vivere, né motivi per sopravvivere. Come un mare senza onde e senza pesci: è una perenne calma apparente.
Caro Giancarlo a te che sei morto per scrivere, ma forse anche per vivere.
Oggi dopo 25 anni dalla tua morte mi chiedo: a cosa è servito morire se la verità, in fondo, si è dimostrata solo una fottuta ed invincibile brutta bestia.
Caro Giancarlo riposa in pace.
Mi dispiace, ma per Fortapasc non è mai finita.