Lettera a Berlusconi: la lezione di Indro Montanelli

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venerdì 19 novembre 2010

Le parole del giornalista rimbalzano nel presente come se fossero state cucite per Lei, esimio Cavaliere. Attraverso questa cristallina lezione di Montanelli, Le auguro una profonda riflessione con lâauspicio che sparisca dalla scena politica e ci restituisca un minimo di dignità perduta.

Girovagando per le vie della città, scorgo un negozietto di chincaglieria storica che attrae la mia attenzione. Tra i tanti oggetti curiosi, mi salta all’occhio un angolo fornito di giornali d’epoca. Scopro così varie copie della Domenica del Corriere, nonché quelle ancora più datate del Popolo d’Italia, di proprietà e fondato, guarda un po', dal defunto Mussolini. Incuriosita, scelgo una numero del settimanale che porterò via. Casualmente, mi rendo conto di aver comprato - a 3 euro - il primo numero del 1965 che allora costava 70 lire. In primissima pagina c'è un articolo augurale di Indro Montanelli che dà il benvenuto al nuovo Presidente della Repubblica, Saragat.

Leggo avidamente mentre - affondando pogressivamente nello scritto - un’amara ilarità m’avviluppa. E’ tutt’oggi tragicamente attualissimo. Le parole del giornalista rimbalzano nel presente come se fossero state cucite per Lei, esimio Cavaliere. Un augurio rivolto ad una massima carica, nell’utopica speranza che si distingua, occupandosi esclusivamente del bene dello Stato. Un proposito mancato, come fallita è la Sua a-politica ad unicum. Purtroppo, Lei non si è rivelato essere l’antitesi dei suoi connazionali, bensì lo specchio che riflette miseramente l’essenza più bassa degli italiani. Non un fulgido esempio da seguire, dunque, ma il rappresentante ideale di questa Nazione affollata da corrotti disonesti. On. Berlusconi, attraverso questa cristallina lezione di Montanelli, le auguro una profonda riflessione con l’auspicio che sparisca dalla scena politica e ci restituisca un minimo di dignità perduta. Gli italiani necessitano di esponenti capaci d’infondere il senso di legalità, correttezza, rispetto. Hanno bisogno di crescere e abbandonare la mentalità dell’immorale furbetto intrallazzino. E non può essere certo Lei, un buon Maestro di tali insegnamenti.

Si dimetta,
e ci liberi dalla vergogna.

“Gli auguro che lungi dall’essere il nostro Rappresentante, egli sia la nostra negazione. Non in tutto si capisce, perchè certe qualità le abbiamo e saremmo bel lieti di vederle incarnate in lui. Ci piacerebbe che egli fosse come di solito l’italiano è, umano, cordiale, d’intelligenza versatile e sottile, d’intuito pronto. Ma per quanto riguarda lo scrupolo, il decoro, la dignità, il disinteresse, il senso religioso dello stato e della sua autorità, l’impegno del servizio pubblico, la coscienza delle tradizioni, l’esatto senso dei propri doveri e dei propri limiti, il coraggio e la decisione: eh no, per tutto questo ci auguriamo e le auguriamo di non rappresentarci affatto, cioè di essere italiano il meno possibile…

E le raccomandazioni? Se come noi speriamo, egli si rifiuterà di farne e di accettarne, non potremo certo dire che rappresenta un Paese il quale invece rischia sempre di fare, sotto le raccomandazioni, la fine del Polesine. Per non parlare, poi, del compito più difficile: quello di adattare le proprie terga alla poltrona presidenziale, e non viceversa. Leo Longanesi soleva dire che il fascismo in Italia aveva vinto ed era durato così a lungo perchè concedeva a chiunque fosse investito di un po' d’autorità, il diritto di abusarne. Il fascismo, come regime, è morto. Ma ne resta la mentalità, di cui del resto il regime era più un effetto che una causa. I limiti che la costituzione assegna ai suoi poteri sono, come capita in tutte le costituzioni, piuttosto imprecisi, e il loro tracciato è affidato soprattutto alla discrezione di chi riveste la carica. Ma in Italia la discrezione, come l’onestà, è anch’essa da Premio Nobel.

Smettiamola coi soliti discorsi convenzionali e con le parole piene di vento, e vuote di senso. Di rappresentanti ne abbiamo abbastanza a Montecitorio e al Senato: e tutti vediamo che spettacolo danno. Gli auguro di dimenticare, appena varcata la soglia del Quirinale, il partito da cui proviene, le lotte da cui è reduce, gli amici che lo hanno aiutato, i nemici che lo hanno ostacolato. Gli auguro di essere più spaventato dei sacrifici che compiaciuto degli onori. Gli auguro di saper dire no a tutti, compreso le figlie se vogliono il visone e i suoi figli se pretendono la Jaguar. Noi le auguriamo e ci auguriamo che Lei sia esattamente la nostra antitesi: un uomo che assunto il supremo potere lo eserciti in modo esclusivo, sacerdotalmente, ad esso sacrificando ogni altra cosa, compresi i legami di affetto se vi si mostrano incompatibili. Cosa che – riconosciamolo – di solito noi italiani non facciamo.”

Tratto dalla Stanza augurale di Indro Montanelli, Domenica del Corriere del 19 gen. 1965

 


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