Lettera a Berlusconi: “Ecco cosa ti aspetta in carcere”
par Fabio Della Pergola
venerdì 13 settembre 2013
Un ergastolano ha scritto una lettera aperta al (tuttora) senatore Berlusconi per dirgli “ecco cosa ti aspetta se vieni in carcere”.
Naturalmente sappiamo tutti che certa gente in galera non ci va mai, ed è noto che, tra una cosa e l’altra, essere stato condannato in via definitiva a quattro anni non significa affatto che Berlusconi vada davvero in carcere. Forse agli arresti domiciliari, per un annetto, in una delle sue numerose ville di extralusso o forse a cucinare pasti per i poveri, cioè affidato ai servizi sociali; tanto per far vedere a tutti quanto sia, lui, una povera vittima del megacomplotto ordito ai suoi danni mentre innocentemente organizzava la sua megaevasione fiscale.
La lettera di Carmelo Musumeci, l’ergastolano di cui sopra (da leggere qui la recensione di Margherita Hack ad un suo libro), non è quindi indirizzata davvero a Silvio B., ma a tutti noi e illustra con agghiacciante chiarezza le condizioni di chi vive, lui sì, in galera. E se è indiscutibilmente giusto che chi ha sbagliato debba pagare il suo debito alla società, come si dice di solito, credo che sia legittimo farsi delle domande sul modo in cui la società pretende di essere pagata.
Che una persona venga privata della propria libertà non è forse sufficiente? Evidentemente no. La società pretende che non abbia neppure lo spazio per muoversi, che la sua dignità personale non sia rispettata, che non abbia diritto a incontri sessuali (qualcuno per caso ci sa spiegare perché e perché a questa pena "accessoria" debbano essere condannati anche i rispettivi amanti ?) che possa essere seviziato, violentato, picchiato e a volte ucciso o che perda in modo così drammatico la voglia di vivere da uccidersi, come è accaduto ai 1308 detenuti che l'anno scorso ci hanno provato e, soprattutto, ai 56 (uno alla settimana) che ci sono riusciti non avendo più la forza e la voglia di vivere in condizioni tali da portare alla disperazione, troppo spesso, perfino gli stessi agenti della polizia penitenziaria.
“Scopriresti che il carcere in Italia non ha solo una funzione diseducativa, ma ti fa passare anche la voglia di vivere“, scrive infatti Musumeci “scopriresti che l’Assassino dei Sogni, il carcere come lo chiamano i detenuti, ti ruba l’anima, la mente, la memoria e la vita“.
È chiaramente una vendetta della società, non la giusta richiesta di pagamento per il debito che un cittadino si è assunto violando le norme di legge.
Ed è una vendetta che tutti, a partire dal Presidente della Repubblica per arrivare alle istituzioni europee che hanno sanzionato l’Italia per le condizioni di vita dei detenuti, stigmatizzano e chiedono di modificare.
Si è visto qualcosa ? Niente, nada, nothing, rien, nichts, niets, xejn...
L’orrore continua anche se si sa che le soluzioni possibili (escludendo l’apertura di nuove carceri per i soliti motivi economici di cui è inutile parlare) sono solo il ricorso a pene alternative al carcere (ad esempio fate pulire ai condannati le spiagge o i boschi o i fiumi che ne hanno parecchio bisogno) e, in buona misura, la depenalizzazione di alcuni tipi di comportamenti come chiedono i Radicali con la richiesta di firmare il loro referendum: “Niente carcere per fatti di lieve entità della normativa sugli stupefacenti” ad esempio; o "l’abolizione del reato di clandestinità".
Cioè svuotare le carceri da quei piccoli delinquenti da microspaccio e da quei non-delinquenti che si chiamano tuttora, a casa mia, emigranti; gente che sta in galera grazie alle abominevoli leggi berlusconiane Fini-Giovanardi e Bossi-Fini (per la cui abolizione ha firmato anche il capoccia di Arcore forse ottenebrato dall'età e dallo stress).
Ma non è finita, perché ci sono anche i sei referendum sulla giustizia che qualcuno, chissà perché, ritiene che possano favorire lo stesso Berlusconi senza averlo mai potuto (ovviamente) dimostrare. Fra cui la proposta di abolizione di quel controsenso giuridico che è l'ergastolo.
C’è tempo fino alla fine di settembre per firmare, poi game over.
Ma non sarà game over per una riflessione indispensabile sul concetto di “giustizia” - e quindi di pena - su cui il nostro paese è terribilmente in ritardo essendo sempre in ben altre faccende affacendato, tipo: il governo cade o non cade ? Berlusconi sarà o non sarà più senatore? I ribelli del M5S saranno disponibili a un governo con il PD o no? Si terrà o non si terrà il convegno dei Democratici? Renzi vincerà o non vincerà ? Belèn si sposa o non si sposa? con chi litigherà Travaglio stasera? l'arbitro è o non è cornuto ? e lo spread che ha fatto oggi ? Eccetera.
In altri termini: uno sfinimento ad infinitum di zibidei che potrebbe essere esso stesso una punizione sufficiente per qualsiasi reato passato presente e futuro.
Ad esempio sarà necessario, visto lo stato di sovraffollamento continuato e aggravato delle carceri italiane, proporsi di nuovo un’amnistia (e se qualcuno si rimette a berciare di nuovo sul “salvataggio di Berlusconi” si informi prima: l’ultima amnistia - D.P.R. 12 aprile 1990, n. 75 - escludeva i reati finanziari dal beneficio, quindi si può proporre un’amnistia senza per questo dover sopportare di nuovo la solita isterica accusa monotematica di voler “salvare il soldato Silvio”).
E sarà invece opportuno, viste le motivazioni della sentenza della Cassazione sui fatti di Bolzaneto 2001, pretendere che sia introdotto nel codice il reato di tortura.
Perché dopo che il più alto grado di giudizio della Magistratura della Repubblica ha sancito in maniera inequivocabile e indiscutibile che nel nostro paese fu commesso un "completo accantonamento dei principi-cardine dello Stato di diritto" con un comportamento da parte delle forze dell’ordine "gravemente lesivo della dignità delle persone" in “un'atmosfera di soverchiante ostilità e di vessazioni continue” eccetera, la questione non può rimanere così, in sospeso, affidata a delle carte che lentamente ma inesorabilmente cadranno nel dimenticatoio.
Insomma, primo firmare i referendum radicali, mettendo da parte quell'arietta di sprezzante ostilità, per non dire di peggio, che di solito viene messa su quando si parla di radicali e - ancor di più - mettendo da parte l'ignobile pretesa di avere una qualche buona ragione per boicottare i referendum. Non ci sono buone ragioni per l'invito a non firmare; c'è solo il manicheismo storico di una certa sinistra supponente e arrogante quanto inetta e ostinatamente ottusa.
A seguire, non dimenticarsi che il lavoro da fare è ancora tanto e che la “cultura giuridica” non è un optional in una democrazia avanzata né può essere merce di scambio da usare a proprio piacimento in quel mercato delle vacche che è diventata la politica italiana.
Coraggio, la strada è lunga.