Legge sulle intercettazioni. Un commento tecnico

par Andrea Campilungo
venerdì 12 giugno 2009

Vorrei cercare di spiegare, in modo oggettivo, chiaro e comprensibile a tutti, i principali contenuti della legge sulle intercettazioni, recentemente approvata dalla Camera dei Deputati ed ora approdata al Senato per l’approvazione definitiva.

 

Conoscerne i punti essenziali a livello giuridico è indispensabile per formulare poi dei giudizi politici seri e consapevoli, ad un livello più alto delle solite polemiche tra i politicanti da talk-show.


Dal complesso delle disposizioni della legge, si possono estrapolare due orientamenti generali, sostanzialmente oggettivi:


1) la possibilità di utilizzare le intercettazioni viene sensibilmente ridotta.


2) nel bilanciamento tra diritto di cronaca e trasparenza dell’attività giudiziaria da una parte e tutela della riservatezza dall’altra, quest’ultima ha sicuramente avuto la meglio.


La riforma sopprime un grande principio del codice di procedura penale, secondo il quale “è sempre consentita la pubblicazione del contenuto di atti non coperti dal segreto” (art.114 c.7). Questo comma è abrogato, molti divieti si estendono anche agli atti non coperti da segreto e mentre prima, in base a quel comma, in caso di dubbio si imponeva la regola della pubblicazione, ora si andrà caso per caso, in assenza di una regola generale.


Restando sempre sul piano generale, la riforma riduce in altri due punti il livello di pubblicità e trasparenza dell’amministrazione della giustizia:


1) è fatto divieto di pubblicare i nomi dei magistrati che si occupano di un dato procedimento (art.114-6ter cpp), salvo eccezioni. I cittadini non sapranno più quale magistrato si occupa di cosa. I giornali scriveranno genericamente “un magistrato”. Se questa norma fosse stata vigente in passato, probabilmente non avremmo saputo nulla di Falcone e Borsellino, perché si sarebbe solo parlato di “alcuni magistrati della procura di Palermo”.


2) la riforma prevede che la ripresa audiovisiva del dibattimento sia possibile solo se c’è l’accordo delle parti, senza eccezioni (abrogazione del vecchio art. 147 c.2 delle norme di attuazione del cpp). Se questa legge fosse stata vigente al tempo del maxi-processo alla mafia di Palermo o del processo di Tangentopoli, il mancato consenso di un solo imputato avrebbe impedito la ripresa audiovisiva del dibattimento e oggi noi non avremmo quelle immagini che abbiamo visto più e più volte.


Per quanto riguarda la disciplina delle intercettazioni in senso stretto, la normativa è molto ma molto stringente, quasi asfittica.

Possiamo riassumere così i vari interventi della legge.


1) viene previsto un tetto di spesa per le intercettazioni.

2) Le intercettazioni avranno una durata massima di 40 giorni, prorogabili una sola volta di altri 20 (nuovo art. 267 c.3 bis).

3) se prima era competente ad autorizzare le intercettazioni il giudice per le indagini preliminari (monocratico) presso ognuno dei 166 tribunali italiani, ora sarà invece competente un collegio di giudici presso ognuno dei 26 tribunali capoluogo di distretto (nuovo art. 267 c.1 cpp). La riforma prevede così nello stesso tempo il passaggio dal giudice monocratico al collegio, che costituirà un filtro più incisivo, e la concentrazione della competenza sulle intercettazioni in soli 26 uffici giudiziari, invece che in 166 come finora.

4) cambiano radicalmente le condizioni per poter autorizzare le intercettazioni.



Finora le condizioni erano 2:


a) dei “gravi indizi di reato”;

b) che le intercettazioni fossero “assolutamente indispensabili ai fini della prosecuzione delle indagini”.

Un sistema già sufficientemente limitativo, almeno nella lettera.

 

Con la riforma le condizioni sono 3:

 

a) degli “evidenti indizi di colpevolezza”;

b) viene conservata la condizione del testo precedente;

c) l’esistenza di “specifiche e inderogabili esigenze relative ai fatti per i quali si procede, fondate su elementi espressamente e analiticamente indicati nel provvedimento, non limitati ai soli contenuti di conversazioni telefoniche intercettate nel medesimo procedimento e frutto di un’autonoma valutazione da parte del giudice”.


La differenza tra i due sistemi è abissale. “Gravi indizi di reato” costituiscono un’esigenza oggettiva, cioè l’esistenza presunta di un reato, a prescindere di chi ne sia o meno responsabile. “Evidenti indizi di colpevolezza” sono invece una condizione soggettiva, poiché è richiesta la prova di elementi che rendano per lo meno presumibile la colpevolezza di un singolo individuo, prova che peserà come un macigno sui magistrati, che si sono serviti finora delle intercettazioni proprio per provare quegli indizi di colpevolezza.


Sostanzialmente la legge permetterà di effettuare delle intercettazioni quando queste non saranno più necessarie, poiché gli evidenti indizi di colpevolezza sono molto vicini a quanto basta per poter avere direttamente la condanna dell’imputato


Come se non bastasse, la terza condizione c) pone un altro muro tra il magistrato e l’intercettazione ed è sufficiente la lettura del testo per capire quanto questo muro sia alto.


Oltre a renderne difficile l’autorizzazione, la riforma impedisce con una raffica di sanzioni la pubblicazione delle intercettazioni, così come di molti altri atti giudiziari. Ecco le principali novità, che comprimono notevolmente il diritto di cronaca e la libertà d’informazione.

 

1) Tutti i documenti relativi alle intercettazioni che non sono utilizzabili per il procedimento diventano coperti da segreto e quindi la loro pubblicazione abusiva rientra nella fattispecie del reato di “Rivelazione illecita di segreti inerenti a un procedimento penale” (nuovo art. 279bis cp), punibile con la reclusione fino a 5 anni (nuovo art. 329bis cpp) .

2) È previsto un nuovo reato, che punisce con la reclusione da 6 mesi a 3 anni chiunque pubblichi intercettazioni di cui sia stata ordinata la distruzione o che riguardano persone estranee ai fatti (nuovo art. 617 c.4 cp). Si tratta quindi di una sanzione che si aggiunge a quella prevista al punto 1).

3) Per le intercettazioni che invece sono utilizzabili per il procedimento, è comunque vietata la pubblicazione fino alla fine dell’udienza preliminare o delle indagini preliminari (nuovo art. 114 c.2 bis cpp). Mediamente, quindi, i giornalisti potranno pubblicare delle intercettazioni solo 2 anni dopo l’inizio delle indagini.

4) La pubblicazione illegale di intercettazioni rientrerà nella fattispecie del reato di “pubblicazione arbitraria di atti di un procedimento penale” (nuovo art. 684 cp). È il terzo reato previsto in materia di intercettazioni.

5) Un altro reato, “Omesso controllo in relazione alle operazioni di intercettazione”, punisce i magistrati che abbiano permesso, con il loro mancato controllo, la pubblicazione illegale di intercettazioni (nuovo art. 685bis cp).

6) Se un giornalista (caso più comune) è soltanto indagato per violazione di uno dei vari divieti di pubblicazione di cui è disseminata la legge, l’organo disciplinare, cioè il consiglio dell’ordine dei giornalisti, è obbligato a sospenderlo in via cautelare dall’esercizio della professione per 3 mesi, se sono presenti “elementi di responsabilità” (nuovo art. 115 c.2 cpp). Questa sanzione probabilmente sarà il deterrente maggiore per i giornalisti.

7) La legge colpisce anche la persona giuridica, cioè il giornale, l’editore, in caso di violazione della legge a mezzo stampa (nuovo art. nonies d.lgs. 231 2001), con una sanzione pecuniaria.


Guardare a questa legge con “occhi da giuristi” non può non far concludere che l’attività della magistratura sarà resa molto più difficile dalle nuove norme e che la libertà di informazione ne subirà un pregiudizio. Giustificare o meno queste limitazioni e su quali fondamenti, riguarda un giudizio di natura politica, che rinvio ad altre sedi.


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