Lega: dalla secessione all’indipendenza consensuale?

par Bruno Carchedi
martedì 6 dicembre 2011

E' probabile che le notizie sulle vicende interne della Lega verranno nei prossimi giorni oscurate dal dibattito prevedibilmente acceso sulle misure del governo Monti in campo economico e sociale. Sarebbe però un errore non prestare la dovuta attenzione a quanto uscito dalla riunione di domenica scorsa del sedicente parlamento padano in quel di Vicenza. La parola d'ordine della "indipendenza consensuale", anticipata il giorno stesso dal quotidiano della Lega, la Padania, per pilotare il partito in modo indolore sul nuovo obiettivo non è semplicemente un altro modo, meno ruvido e meno inquietante, di dire secessione, ma - se le parole hanno un senso - è qualcosa di ben diverso. Si potrebbe dire che c'è stata una vera e propria svolta nella politica della Lega, anche se, come in tutte le formazioni totalitarie, il cambiamento viene presentato come continuità con le precedenti posizioni.

La secessione, da sempre nel dna della parte più esagitata e pecoreccia della base, invocata a gran voce nell'ultimo raduno di giugno nel pratone di Pontida, non ha mai convinto del tutto una parte non secondaria del partito, soprattutto quella parte meno ideologizzata e più pragmatica legata alle collocazioni istituzionali periferiche, a partire dai sindaci. Lo scenario evocato dalla secessione è sempre stato quello di un atto unilaterale nei confronti delle istituzioni centrali della stato, un atto in contrasto frontale con la Costituzione, da ottenersi con ogni mezzo proprio in quanto unilaterale. Lo sporadico richiamo alle modalità pacifiche e democratiche con cui ottenere l'obiettivo finale - il distacco dal resto della società italiana - è sempre stato non credibile proprio perché in contraddizione con l'idea stessa della secessione, che di per sé evoca scenari drammatici, al limite di tipo jugoslavo.

L'indipendenza consensuale invece - sempre se le parole hanno un senso - rappresenta un vero e proprio salto a lato nelle modalità per perseguire l'obiettivo finale, dove il termine importante non sta tanto nel sostantivo, l'indipendenza, quanto nell'aggettivo: consensuale. Proprio perché la consensualità presuppone trattativa e non scontro ad ogni costo. In questo caso lo scenario evocato, decisamente più rassicurante e meno inquietante per chi nella Lega non ha portato il cervello all'ammasso del bossismo d'antan, è di tipo "cecoslovacco", quando all'inizio del 1993 dopo il crollo dell'Urss le popolazioni ceche e slovacche decisero autonomamente in modo incruento e pacifico di costituirsi in due stati diversi, la Repubblica ceca e la Slovacchia.
Questo cambio di registro da parte del vertice leghista non è tanto di tipo strategico, dato che la "padania" è e rimarrà una reazionaria terra promessa, quanto di tipo tattico: compattare le due anime della Lega, quella istituzionale e apparentemente bonacciona e quella vociante e velleitaria, in vista delle prossime scadenze elettorali, quando la Lega spera, in quanto unica opposizione parlamentare, di recuperare il consenso in gran parte perduto durante gli anni della collaborazione con il Pdl. In definitiva, se la secessione unilaterale rimarrà sulla carta una parte della Lega potrà sempre rimproverare i dirigenti e lo stesso Bossi di scarsa determinazione nel portare avanti l'obiettivo, riaprendo nelle fila del partito le vecchie spaccature. Se il progetto di separazione consensuale non farà passi in avanti si potrà sempre dire che la colpa è "degli altri", di chi non vuole accettare la trattativa, o pone condizioni pregiudiziali inaccettabili, e quindi che bisogna aspettare tempi migliori, senza dimenticarsi naturalmente e nel frattempo di perseguitare ove possibile immigrati, zingari e musulmani, e di seminare a piene mani odio sociale.

Da sempre la Lega ci ha abituato a dichiarazioni e proclamazioni roboanti fatte a uso e consumo del proprio elettorato. Gli articoli del quotidiano leghista di questi giorni ne sono una ennesima conferma: "La Padania pronta a riprendersi il futuro"; "Il popolo padano che, senza indugi, elegge per acclamazione alla carica di presidente del Parlamento" con un "boato di approvazione" il sempre rubizzo Calderoli, che anche alle nove del mattino sembra reduce da un'abbondate bevuta con gli amici in osteria; ecc. Pagine di involontario umorismo che in parte risarciscono i blogger di tutta la rete per l'improvvisa e inaspettata sparizione dalla scena politica dell'uomo di Arcore. Ma, al di là di questo, andrebbe colto il fatto che Bossi e i suoi hanno di fatto scaricato giovani padani e ragazzotti di Pontida, lasciandoli liberi con le loro corna di comportarsi come se fossero sul set di Braveheart, e hanno optato per i pacifici e reazionari bottegai del varesotto e i facoltosi commercialisti del nord est con clientela altrettanto facoltosa. Tenendo sempre presente però che una Lega forse non più ringhiante non è per questo meno pericolosa.


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