Le ronde non sono una soluzione

par Bernardo Aiello
sabato 23 maggio 2009

Il problema che l’istituzione di ronde vuole affrontare è quello del controllo del territorio ai fini del mantenimento dell’ordine pubblico. Orbene, questa misura appare al vostro reporter una misura demagogica, priva di risultati concreti per i cittadini, anzi dannosa.

 
In primis essa diminuisce la qualità della vita dei cittadini perché essi si ritrovano ad avere come interlocutore ai fini dell’ordine pubblico un soggetto non qualificato: solamente le Istituzioni statali possono esserlo.
 
Entrando, poi, nel merito del problema, è evidente che esso esiste e che nasce da insufficienza di uomini e di mezzi a disposizione delle forze dell’ordine, le quali, con l’introduzione delle ronde, avranno un problema in più, quello di stare attenti a che queste ronde non facciano qualche castroneria.
 
Per contro lo stesso Stato da lavoro ad una pletora di persone in altri settori, dove non sono assolutamente necessari.
 
Ad esempio nella città di residenza dello scrivente vi sono qualcosa come 1.300 dipendenti della Provincia e se, con un colpo di bacchetta magica, fosse possibile farli sparire, nessuno se ne accorgerebbe.
 
Non parliamo poi degli impiegati dei quartieri (si, abbiamo anche i quartieri): un tempo lavoravano con copie conformi e con certificazioni, ma oggi, dopo l’introduzione della legge sull’autocertificazione, non hanno praticamente nulla da fare e si riconoscono subito dagli sguardi allucinati dalla noia, dopo aver letto e riletto il quotidiano sino a saperlo a memoria.
 
E non finisce qui: negli altri uffici comunali vi sono almeno tre persone dove ne basterebbe una e tanti Enti (IACP, Consorzi vari, etc.), sia pur di qualche utilità, certamente non sono essenziali come lo è l’ordine pubblico.
 
Ed infine i regionali, un esercito di 21.000 persone; un esercito che ricorda quello dei Ragazzi della via Pal, perché fatto quasi elusivamente di generali, ossia di dirigenti; un esercito dove si è arruolati e si fa carriera senza che intervengano mai norme di pubblica evidenza.
 
Questa situazione è figlia del principale dei mali della nostra terra, che molti pensano essere la mafia e che invece è la politica clientelare; quella politica spoliticata, che si disinteressa dei problemi collettivi e che ricerca il consenso solamente affrontando i problemi personali dei clientes.

A questo punto una breve parentesi in difesa degli antichi romani: nessuna famiglia romana stava in Senato perché eletta dai propri clientes, ma per il contributo che dava e che aveva dato alle forze armate, ed era detto imperatore, questo lo sanno in pochi, il comandante militare, che rischiava la pelle in battaglia per vincere nel nome di Roma.
 
Dunque il clientelismo degli antichi romani e quello nostro non sono la stessa cosa.
 
Tornando, appunto, al nostro di clientelismo, esso, per procacciare posti di lavoro ai propri adepti, ha generato una vera e propria metastasi del pubblico impiego, al punto che la riforma del Ministro Brunetta sarà del tutto inutile se non accompagnata da una profonda azione di riorganizzazione della macchina pubblica.
 
Non si può non essere fannulloni se non si ha nulla da fare.
Occorre tagliare senza pietà i rami secchi ed inutili della Pubblica Amministrazione per fare crescere i rami di vitale importanza: ordine pubblico, giustizia, sanità, istruzione, formazione.
 
E far rinascere la politica, quella vera, con una lotta senza quartiere alla sua perniciosa degenerazione che è il clientelismo.
 
Ovviamente, se riteniamo di risolvere questi problemi con le ronde.

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