Le ragioni dei migranti

par Bernardo Aiello
mercoledì 6 maggio 2009

Vi fu un tempo in cui l’economia mondiale era in crisi per l’impennata del prezzo del petrolio (contrariamente a quanto sta accadendo con l’attuale di crisi, che lo ha fatto colare a picco).

All’epoca, sui mercati finanziari, vagavano forti masse di quelli che venivano chiamati petrodollari, le bilance commerciali dei Paesi industrializzati erano pesantemente in rosso e tutte le loro energie erano dedicate a farli rientrare, questi petrodollari.
 
Fu così che il vostro reporter si ritrovò a lavorare nel deserto saudita o nel bush africano.
 
Nel primo ha lavorato, oltre che insieme ad altri connazionali, insieme a maestranze yemenite ed indiane, e nel cantiere vi erano tre distinti compound, uno per ogni nazionalità.
 
Gli indiani giungevano in gruppi di una ventina ed erano adibiti ai lavori più pesanti, facevano insomma da manovali, da uomini di fatica.
 
Subito arrivati non riuscivano a lavorare bene, dovevano trascorrere qualche giorno a mangiare ed a recuperare le forze.
 
Insomma, quelli che giungevano al campo indiano, prima di riuscire a lavorare, dovevano fare una cosa che da chissà quanto tempo non riuscivano a fare: mangiare a sazietà.
 
Anche in Nigeria non tutti riuscivano a mangiare a sazietà; e lì il problema, con assoluta certezza, lo avevamo portato noi bianchi, che avevamo introdotto, fra le tante cose, la moneta.
 
L’africano del bush non aveva nella sua cultura questo tipo di valore e, nel suo villaggio, del denaro non avrebbe proprio saputo cosa farsene.
La sopraggiunta necessità di procurarselo aveva su queste popolazioni un impatto veramente devastante; qualcosa di simile a quello che dovette avere per gli amerindi, dal punto di vista fisico, l’arrivo del vaiolo portato dai colonizzatori spagnoli.
 
Le classi più deboli riuscivano a malapena a procurarsi, ogni giorno, il denaro per acquistare un pane e qualche frutto e, per non sentire la fame e la stanchezza, masticavano la radice della cola, una sorta di tubero dotato di un qualche effetto allucinogeno.
 
Queste realtà, dopo tanti anni, potrebbero in qualche modo essere cambiate, ma, all’epoca, non ve ne era alcuna veduta; e se anche le cose in questi Paesi sono mutate, con ogni probabilità lo sono non per tutti e non allo stesso modo.
Ecco da dove provengono i migranti, che sbarcano sulle nostre spiagge; e dobbiamo essere tutti consapevoli che siamo noi la causa prima del loro migrare: proprio come ha scritto John Donne, Nessun uomo è un’isola ….

Per queste ragioni, il nostro dovere alla solidarietà nei loro riguardi è assoluto.
Se qualcuno li vuole accogliere a suon di detenzione in centri di prima accoglienza, di ronde, di denunzie di medici e di presidi, sappia che, con assoluta chiarezza, non tutti siamo d’accordo.

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