Le parole sbagliate di Grillo sul 1° maggio

par Camillo Pignata
giovedì 2 maggio 2013

Per Grillo ”festeggiare il primo maggio è uno stanco rito assolutorio dei responsabili, di sindacati complici, di prenditori di appalti pubblici, di partiti che hanno occupato lo Stato. E’ la celebrazione di Caporetto e dell’otto settembre, che ha il profumo rancido del 2 novembre dei lavoratori”.

E questo è il modo migliore per celebrare la festa dei lavoratori?

Il primo maggio non è la festa di Camusso, Bonanni ed Angeletti. Questa è la festa di chi ha il lavoro, di chi l’ha perso e di chi ancora non lo ha. Questa è la festa dei precari, dei licenziati dei cassintegrati, degli operai. Ma forse questo Grillo l’ha dimenticato.

Ma qual è l’analisi che sorregge le conclusioni del comico genovese, quali e quanti i responsabili? Quali i sindacati complici? In quale occasione c’è stata complicità? Quando si fanno denunce cosi gravi, si fanno nomi e cognomi, si indicano circostanze e tempi, si va nelle fabbriche a denunciarle e, se necessario, anche dal magistrato.

Per questo, le parole di Grillo sono anche parole di destra, perché accomunano tutto senza distinguere, senza specificare.

La genericità non aiuta i lavoratori, ma solo i padroni.

E in tutte queste accuse, la parola "lotta" dov'è finita?

Il 1° maggio non è l' elenco delle cose che non vanno, non è la contemplazione arrendevole dei mali che affliggono il mondo del lavoro. Il 1° maggio è un momento di lotta, che assume i mali denunciati da Grillo come ostacoli da superare, come, ragioni di un rinnovato impegno di una lotta più agguerrita e più forte perché più consapevole.

Il 1° maggio è la celebrazione della forza dei lavoratori, contro le imprese, ma anche contro i sindacati complici, di prenditori di appalti pubblici, di partiti che hanno occupato lo Stato, contro lo sfascio e, tutto questo, ha il profumo della primavera.

Eppure, le parole di Grillo sono parole di verità, perché mettono il dito nella piaga, sulle contraddizioni e malefatte dei sindacati.

È vero, ci sono sindacati corrotti, sindacati imbelli, non c’è lavoro, ma sono tutti mali che, con alterne vicende, sono stati, sono e saranno combattuti dai lavoratori, nel sindacato e con il sindacato.

Fatte queste premesse, c’è da chiedersi se il vero intento di Grillo non sia l’attacco al sindacato come istituzione, considerata troppo rappresentativa, come strumento di lotta che va eliminato perché presenta tanti, troppi problemi e contraddizioni.

Ed è forse è giusto l'interrogativo, se un movimento consente alla sua capogruppo parlamentare di dire “Non abbiamo incontrato le parti sociali, perché noi siamo le parti sociali”.

Il sindacato troppo rappresentativo? Eppure il sindacato è l’organismo che più utilizza gli strumenti di democrazia diretta, quello che opera con il metodo assembleare, ma anche con i referendum.

In ogni caso, un sindacato portavoce, non firmerebbe nessun contratto. Le trattative richiedono un margine di discrezionalità per chi tratta. Con la rigidità non c’è trattativa, e se non c’è trattativa non ci sono contratti.

È questo quello che vuole il movimento?

Per altro verso, nell’analisi di un organismo, occorre sempre distinguere tra validità ed efficienza. Se un organismo è invalido si elimina, se è inefficiente, si eliminano le inefficienze.

Se nel sindacato ci sono corrotti, vanno eliminati i corrotti e non il sindacato.

Se il sindacato funziona male, vanno eliminate le disfunzioni e non il sindacato.

I sindacati vanno eliminati solo se sono uno strumento invalido, se non sono in grado di assolvere alla loro funzione originaria. E per questo, basta non rinnovare la tessera.

Ma forse è venuto il momento di superare la seduzione parolaia per azioni concrete. Meno parole e più fatti! Per questo, sarebbe stato meglio accompagnare un attacco frontale così forte, con qualche proposta da sostenere tra i lavoratori e nel parlamento. Ad esempio, con un invito ai lavoratori, ad estendere la lotta all’interno del sindacato e a livello europeo.

I lavoratori devono superare le tentazioni omertose e corporative, denunciare e cacciare senza esitazione dirigenti incapaci e corrotti.

E se ciò non è possibile, perché non costruire un organismo del movimento per la difesa dei lavoratori?

Oggi gli operai sono costretti ad accettare stipendi da fame, la rinuncia ai diritti fondamentali per evitare che l’impresa si trasferisca all’estero, dove trova lavoratori più disponibili.

Per questo, oggi l’obiettivo è fermare la delocalizzazione e il ricatto che l’accompagna, che è la vera spina nel fianco dei lavoratori. E questo può avvenire solo con la costruzione di diritti globali, che potrebbero prevedere, per tutti i lavoratori europei, i diritti irrinunciabili: uno stipendio minimo non riducibile, il diritto di sciopero, il diritto alla malattia, ecc.


Leggi l'articolo completo e i commenti