Le parole di Monti e quelle, terribili, di Gobetti

par Daniel di Schuler
venerdì 3 febbraio 2012

Dicendo nientemeno che “i giovani devono abituarsi all'idea che non avranno un posto fisso per tutta la vita”, il Professore ha scatenato un putiferio.

Non v’è nulla di più facile che riempirsi la bocca con alti e vuoti principi; che ribadire la necessità di questo o quel cambiamento, evitando però accuratamente di indicarne il prezzo e, soprattutto, di dire chi si dovrà scontentare.

E’ quel che fanno i peggiori politicanti d’ogni paese, ma nel nostro sembra disposta a dar loro credito un fetta singolarmente grande della società. Tanti, troppi italiani, non chiedono alla politica delle soluzioni o dei progetti, ma s’accontentano di vaghe illusioni; di sogni a lunghissimo termine, magari espressi in bei discorsi o, meglio ancora, in quest’orrida epoca dove tutto s’è fatto sintetico, in brillanti aforismi.

Altrettanti di noi, quelli in fondo soddisfatti di quel che hanno, alla politica non chiedono proprio un bel niente e vorrebbero solo essere lasciati in pace a godere delle proprie rendite di varia natura; sono i nostri capi-caseggiato, tanto reazionari quanto quelli che tenevano d’occhio russi e bulgari, più che felici di avere, anche se è ben poco, qualcosa in più dei propri vicini.

Sono, sognatori e reazionari, gli stessi che, novanta anni fa, fecero scrivere a Piero Gobetti che “senza conservatori e senza rivoluzionari, l'Italia è diventata la patria naturale del costume demagogico”.

E’ questa l’Italia che più si dimostra insofferente verso Mario Monti, le sue semplici e praticabilissime ricette e, ancor di più, il suo realismo.

Mercoledì, dicendo nientemeno che “i giovani devono abituarsi all'idea che non avranno un posto fisso per tutta la vita”, il Professore ha scatenato un putiferio.

Poco importa che abbia semplicemente costatato quale sia la realtà dell’economia terziarizzata e globalizzata: se per certe figure estremamente specializzate, siano neurochirurghi o maestri d’ascia, è ancora realistico pensare di fare lo stesso lavoro per tutta la vita, neppure per loro resta la garanzia che lo svolgeranno sempre presso la stessa azienda, mentre per tutti gli altri, soprattutto per chi lavora nel settore commerciale, anche nei paesi più sviluppati, la vita lavorativa è spezzata in intervalli; in successive tappe di una carriera che gli richiede una continua riqualificazione.

Le critiche gli sono piovute addosso da destra come da sinistra, da parte di politicanti, col cuore spezzato per la sorte di precari e disoccupati, cui è stato facilissimo, dato il pubblico a cui si rivolgono, cogliere l’occasione per ricordare quanto diversa sarebbe la società che loro vorrebbero; quante garanzie e protezioni in più vorrebbero offrire a tutti i cittadini e quale meravigliosamente diverso modello di sviluppo avrebbero in mente.

Non mi pare neppure il caso di sprecare parole per le ciarle provenienti da PdL e Lega; quando dominavano con maggioranza schiacciante il Parlamento, i rappresentanti di quei due partiti hanno avuto ampie occasioni di dimostrare tutta la propria incapacità: avessero voluto cambiare lo stato delle cose, avrebbero, semplicemente, dovuto farlo.

Qualche considerazione in più la meritano il PD ed il suo segretario: Cuor di Leone Bersani.

Il commento finale di Monti, “e poi, diciamocelo, che monotonia”, riferito al posto fisso, può forse non piacere, anche se riflette un’attitudine tutt’altro che rara (è anche la mia), ed essere considerato poco sensibile nei confronti di chi può avere da poco perso il lavoro; certo, però, non mi entusiasma sapere che per il segretario del PD questa sia una sciocchezza; che, a parer suo, i giovani italiani dovrebbero aspirare, non considerandola noiosa, ad una vita da eterni travet.

Diventa però comprensibile, alla luce di questi sogni micro-borghesi, la straordinaria incapacità di fare opposizione, perlomeno un’opposizione degna di un paese mediamente civile, sua e del suo Partito.

Detto e ripetuto tutto il male possibile di Silvio Berlusconi, come non ricordare che il segretario del ramo sinistro del partito del quieto vivere, ancora a giugno 2011, garantiva agli italiani che non pensava, neppure lontanamente, alla necessità di una patrimoniale. Come non ricordare la fumosissima contro-manovra che lo stesso partito ha opposto a quella proposta da Tremonti; un compitino talmente mal fatto che non m’è parso neppure il caso di scriverne. Come non ricordare il vuoto assoluto di progetti aventi una minima rilevanza, che non fossero semplici rabberciamenti dell’esistente, generato dal PD in questi anni.

 Libero da responsabilità di governo, non dovendo sottostare ai compromessi che queste comportano, il PD aveva l’occasione di dimostrare quale Italia davvero volesse. Avrebbe potuto mostrare in che modo avrebbe dato una scossa alla nostra società ingessata, come (e già, senza una patrimoniale, come?) avrebbe riequilibrato una sperequazione sempre più evidente tra ricchi (sempre meno e sempre più ricchi) e poveri (sempre di più e più poveri), come avrebbe salvato dall’estinzione il ceto medio e la classe operaia. Come, soprattutto, avrebbe fatto ripartire la nostra economia dopo un ventennio di mancato sviluppo.

Rivelando un populismo solo poco meno pernicioso di quello berlusconiano, non ha invece neppure avuto il coraggio di fare, seppure solo a parole, qualcosa di simile al pochissimo sta cercando ora di realizzare Mario Monti; ha, quantomeno, dimenticato un’altre delle lezioni di Gobetti: che “lo Stato non professa un’etica, ma esercita un’azione politica”.

Di una terza lezione di Gobetti, invece, se non si vuole rischiare il linciaggio da parte degli eterni benpensanti, siano questi destri tassisti o sinistri studenti che si oppongono alla “restaurazione liberal-meritocratica” è meglio tacere: “Il fascismo è il governo che si merita un'Italia di disoccupati e di parassiti ancora lontana dalle moderne forme di convivenza democratiche e liberali, e che per combatterlo bisogna lavorare per una rivoluzione integrale, dell'economia come delle coscienze”.

Basterà che ce ne ricordiamo.



Leggi l'articolo completo e i commenti