Le mani delle mafie sull’agricoltura
par Paolo Borrello
mercoledì 25 luglio 2012
La Cia, Confederazione italiana degli agricoltori, ha presentato il suo quarto rapporto su agricoltura e mafie, denominato “Cittadino agricoltore in sicurezza 2011”.
I dati contenuti nel rapporto sono preoccupanti. Nel 2011 si sono verificati 240 reati al giorno nelle campagne italiane, una media di 8 reati l’ora. Un agricoltore su tre subisce la violenza delle organizzazioni criminali che, in questo settore, danno vita ad un volume d’affari di circa 50 miliardi di euro l’anno. La “mafia S.p.a.” guadagna, nel settore agricolo, 4,5 miliardi di euro con furti e rapine, 3,5 miliardi con il racket, 3 miliardi con l’usura, 1,5 miliardi con le truffe, 2 miliardi con l’agropirateria e la contraffazione, 1 miliardo con le macellazioni clandestine, 18,5 miliardi con l’abusivismo edilizio – che compromette il paesaggio boschivo, idrico, faunistico e agricolo - 16 miliardi con l’ecomafia.
Gaetano Liardo, in un articolo, si occupa di quanto emerge dal rapporto in questione. “Inoltre, proprio per rendere evidente l’ampiezza degli interessi criminali nel mondo dell’agricoltura, i boss sono in grado di influenzare, e alcune volte controllare, l’intera filiera agroalimentare".
"In questi anni – si legge nel rapporto – abbiamo potuto constatare che la criminalità organizzata, grazie ad una serie di connivenze e di una rete delinquenziale sul territorio, è in grado di condizionare addirittura tutta la filiera agroalimentare, agendo nei vari passaggi e alterando la libera concorrenza, influenzando la formazione dei prezzi, la qualità dei prodotti, il mercato del lavoro"
Un cancro che ha la capacità di condizionare il mercato dalla produzione alla distribuzione, fino a ciò che mangiamo nelle nostre tavole. Mettendo ai margini l’imprenditoria onesta e rispettosa del lavoro e delle leggi, in grado di produrre prodotti di qualità…
Inoltre, perseguendo l’obiettivo di moltiplicare i capitali "investiti" – frutto, ricordiamolo, di attività illecite – utilizza forme di lavoro nero, caporalato, pratiche schiavistiche nei confronti dei lavoratori immigrati, come denunciato a più riprese da sindacati, organizzazioni e da una parte degli stessi imprenditori agricoli.
La situazione descritta nel rapporto della Cia, purtroppo, mette in luce un mondo che rischia di finire stritolato dall’avanzata delle mafie. Da qui l’esigenza, sentita prima di tutto dagli imprenditori agricoli, di essere tutelati e di marginalizzare la zona grigia delle collusioni che esiste anche in questo settore.
Il percorso iniziato dalla Confederazione va nella giusta direzione: rapporti con la Direzione nazionale antimafia, con il Corpo Forestale, con le forze dell’ordine, ma anche con l’associazionismo antimafia”.
Giuseppe Politi, presidente della Cia, nella presentazione al rapporto, si occupa anche dei motivi alla base delle infiltrazioni mafiose in agricoltura:
“Da tempo, purtroppo, l’attenzione rivolta dalla criminalità all’agricoltura – come abbiamo rilevato in precedenti dossier – è particolarmente rilevante in quanto il settore primario è un terreno nel quale si sviluppano affari di grosse dimensioni.
La ragione può essere facilmente ricercata nel fatto che questo particolare e delicato segmento produttivo provvede in maniera sostanzialmente diretta al fabbisogno primario di milioni di persone per garantire loro la sopravvivenza, specie in questi momenti di crisi alimentare, dove il cibo diventa indispensabile e insostituibile.
Ecco perché c’è l’interesse a investire, riciclare e mantenere una schiera di "sudditi" per il lavoro di manovalanza. Non solo. Attraverso le campagne è possibile esercitare il controllo del territorio per utilizzarlo come base per nascondigli, oppure come punto di partenza per ulteriori sviluppi imprenditoriali.
In questo contesto rientra anche l’accordo che la Confederazione ha firmato con l’associazione dell’amico Don Luigi Ciotti, ‘Libera’. Dare il nostro contributo di carattere tecnico e i nostri servizi alle cooperative e ai soci di ‘Libera’ nella gestione dei terreni confiscati alla criminalità rappresenta, infatti, un’ulteriore conferma di una strategia che ci vede in prima linea nella lotta ad ogni forma di criminalità”.
La situazione determinata dalle infiltrazioni mafiose nell’agricoltura italiana è davvero preoccupante. Mi sembra, comunque, che l’impegno profuso dalla Confederazione italiana degli agricoltori sia da valutare positivamente, soprattutto la volontà di questa associazione di sviluppare i rapporti con la Direzione nazionale antimafia, con il Corpo Forestale, con le forze dell’ordine, ma anche con l’associazionismo che si occupa di contrastare le mafie. E’ auspicabile però che anche questi soggetti accrescano le loro attività, quanto meno per ridurre la presenza delle mafie nell’agricoltura.