Le librerie come le "impronte digitali" di un individuo

par Michele Nigro
venerdì 4 novembre 2011

Le librerie presenti nelle nostre case (piccoli universi concentrati) sono come le impronte digitali di un individuo: non ne esistono due esattamente uguali. E per fortuna, aggiungerei.

I singoli libri sono come le minuzie dell’impronta: segni univoci e caratteristici che corrispondono ad un solo individuo in tutto il pianeta. Dall’osservazione dei testi schierati negli scaffali possiamo ricavare la mappatura esistenziale di una persona e ricostruire l’esatta cronologia degli eventi e dei bisogni interiori che hanno portato alla comparsa di un autore piuttosto che di un altro tra i libri scelti nel corso di una vita.

Certo, molto spesso ci si avvicina per caso a un libro e alla fine ce ne innamoriamo: cosa ne sappiamo noi, in realtà, dell’empatia che si viene a stabilire tra noi e il libro? Chi sceglie cosa? Quali prove abbiamo per confermare o per confutare l’esistenza di un’energia tra gli oggetti inanimati e le nostre cellule?

La frase che Aldous Huxley pronunciò dopo che un incendio distrusse nel 1961 la sua casa e con essa tutti i suoi libri raccolti nel tempo, riassume in maniera breve ed efficace lo smarrimento di un uomo che riconosce al mezzo libresco la sua funzione di testimone: “Vedi un uomo senza passato”.

Huxley non usa l’espressione “vedi un uomo senza tradizione”: il passato (così come il presente e il futuro) non è costituito da un bagaglio socio-politico-religioso o pseudoculturale che asseconda le economie del momento, ma la storia personale di ognuno di noi è determinata da scelte interiori eterogenee e impercettibili che, a volte, si coagulano sotto forma di libri.


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