Le liberalizzazioni che servono all’Italia (prima parte)

par Libero Mercato
sabato 14 gennaio 2012

Dopo la manovra "lacrime e sangue" è arrivato il momento che il governo Monti affronti di petto le misure necessarie alla crescita ed al rilancio economico dell'Italia.

Un paese che ha bisogno urgente di riforme liberali che possano introdurre nuove forme di concorrenza in settori tradizionalmente rigidi e poco sensibili alle modifiche strutturali. Analizziamo dunque, settore per settore, le misure che potrebbero incidere positivamente sul sistema paese, attualmente inserite nel provvedimento "Cresci-Italia", che dovrebbe essere varato definitivamente tra il 20 e il 23 gennaio. 
 
Oggi prendiamo in considerazione il settore dell'energia e dei taxi. La seconda parte riguarderà Poste e Ferrovie
 
ENERGIA E CARBURANTI 
 
Gli interventi dovrebbero riguardare diversi settori: elettricità, gas e carburanti. Per quest'ultimi il governo pensa di recuperare la norma che consentirebbe ai gestori dei punti vendita di carburante al dettaglio di rifornirsi liberamente da qualunque produttore e rivenditore. 
 
E' prevista l'eliminazione dei vincoli sulla vendita di prodotti "non oil" e una misura per incentivare la diffusione di operatori indipendenti dalle compagnie petrolifere, anche in un'ottica multi-marca, e per la diffusione di impianti completamente automatizzati. 
 
La terza proposta dovrebbe consentire ai gestori di approvvigionarsi sul mercato in piena libertà, dalle compagnie a una sorta di "borsa" pubblica o un rivenditore all'ingrosso. I benzinai potranno così decidere di acquistare i carburanti (almeno il 20%) presso i grossisti meno cari. 
 
Infine presso le stazioni sarà anche possibile vendere giornali, tabacchi e altri beni di consumo. 

I vantaggiSecondo gli esperti, nel medio termine una razionalizzazione della rete dei carburanti può avere un effetto positivo sulla riduzione dei listini (nonostante siano in gran parte condizionata dalla componente fiscale, indipendente dalla liberalizzazione).
 
La difesa delle categorie: Come per taxi e farmacie non mancano le opposizioni al decreto (ci sono stati colloqui informali tra Claudio De Vincenti, sottosegretario allo sviluppo economico e rappresentanti dell'Unione petrolifera). Contrario Sergio Gigli, segretario generale Femca-Cisl: "A chi giova una tale liberalizzazione se mette a rischio migliaia di posti di lavoro, indebolisce l'Italia nell'approvvigionamento in un settore strategico e non ha effetto sulla diminuzione del costo dei carburanti?"

TAXI

Le misure previste dal governo prendono spunto dalle indicazioni del presidente dell'Antitrust Giovanni Pitruzzella e puntano sulla rimozione delle restrizioni alla multi-titolarità delle licenze dei taxi.
 
La seconda proposta intende incentivare l'aumento del numero delle licenze, almeno nelle città dove il servizio risulta più carente, con l'introduzione di adeguati meccanismi "di compensazione" una-tantum per non penalizzare eccessivamente gli attuali titolari. L'Antitrust ha suggerito di assegnare ai tassisti una nuova licenza che potrebbe essere venduta, con l'aggiunta di licenze part-time e maggior flessibilità negli orari. 
 
Il governo potrebbe anche spingersi oltre, fino all'introduzione di un obbligo come quello, in caso di chiamata telefonica del taxi, di girare la prenotazione alla vettura più vicina al cliente, riducendo così costi e attese. 

I vantaggi: Una maggiore liberalizzazione potrebbe incrementare il numero di taxi in circolazione. Allo stesso tempo una più accentuata competizione migliorerebbe il servizio attraverso innovazioni tecnologiche e riducendo i tempi di attesa.
 
La difesa delle categorie: Secondo i tassisti, ovunque si è liberalizzato il settore si è verificato un accaparramento delle licenze da parte di chi possiede maggiori disponibilità di capitali, formando così una sorta di oligopolio che striderebbe con un mercato appunto più libero. La controproposta della categoria punta su politiche di miglioramento della fluidità di circolazione dei mezzi pubblici per migliorarne il servizio. 

Dopo le proteste a Termini e Fiumicino, che hanno per l'ennesima volta penalizzato pesantemente i cittadini, il 23 gennaio è stato proclamato lo sciopero nazionale. 

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