Le intercettazioni sono convenienti per lo Stato

par Elia Banelli
lunedì 23 marzo 2009

Una notizia che non piacerà al ministro Alfano ed a coloro che stanno mettendo mano alla riforma della Giustizia (forse non cambierà nulla, perchè i media non informeranno i cittadini, o lo faranno poco e male): le intercettazioni sono convenienti per le casse dello Stato.

Il costo iniziale per l’erario ammonta a circa 400 milioni, come evidenziato anche dal ministero della Giustizia, una cifra comunque inferiore ai soli "servizi" di Camera e Senato.

Ebbene, grazie ad un interrogazione parlamentare del Pd firmata da Donatella Ferranti, magistrato e capogruppo in Commissione Giustizia, è emerso come il solo processo Antonveneta (il tentativo di scalata della banca padovana da parte della Bpi di Fiorani che costò il posto all’allora Governatore di Bankitalia Fazio) abbia consentito di recuperare allo Stato, tra multe e beni mobili/immobili, circa 330 milioni. Così ripartiti: 190 da confische già eseguite e 140 ancora da effettuare.

Insomma già l’80% del costo delle intercettazioni, fondamentali per scoprire le manovre occulte dei furbetti del quartierino nell’estate 2005, sono state recuperate dallo Stato.

Non solo. C’è anche il processo nato dalla riunificazione di Enelpower-Enipower, su un presunto giro di tangenti pagate ad ex dirigenti da aziende esterne per l’assegnazione di appalti.

Dalle confische sono stati recuperati 20 milioni.
Anche per lo scandalo "Oil for Food", il programma dell’Onu dove sarebbero emerse presunte tangenti a funzionari iracheni del regime di Saddam in cambio di petrolio, il Tribunale di Milano ha condannato in primo grado tre persone, tra cui un allora collaboratore del presidente della Lombardia Formigoni, con la confisca di un milione di euro a titolo di provento della corruzione.



Tutte cifre che messe insieme riescono a coprire la spesa iniziale dello Stato per le intercettazioni, che secondo il nostro premier perseguiterebbero gli italiani.
Nonostante ciò, è vero che le intercettazioni potrebbero costare meno. Ma una soluzione ci sarebbe già, senza bisogni di limitarne l’uso a danno del processo e della ricerca probatoria.

Sempre secondo la Ferranti (ma la sua posizione è ampiamente confermata da numerosi magistrati e inchieste giornalistiche) uno dei motivi principali della cattiva gestione dei costi sono il noleggio delle apparecchiature per intercettare da parte delle società di telefonia.

In pratica lo Stato, rappresentato dalle Procure, paga i privati, le aziende telefoniche, per affittare la tecnologia e il servizio, necessari a combattere la criminalità.

Nessuna convenzione speciale o sconto (si tratta pur sempre di un’attività dello Stato per il bene pubblico), anzi i prezzi sono ingenti.

Conclude infatti la Ferranti: "C’è una vecchia convenzione che affida al libero mercato la trattativa sul prezzo. Invece servono convenzioni per tariffe speciali, centralizzazione degli impianti per le Procure, gare europee per abbattere i prezzi".

Insomma le proposte concrete ci sono, il governo Berlusconi saprà ascoltarle?


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