Le inquietudini della società dei consumi

par Francesco Rossolini
venerdì 3 ottobre 2008

 

Profonde inquietudini affliggono il mondo Occidentale, il male di vivere è tra noi e sembra acuirsi con l’aggravarsi della situazione economica internazionale. Questo è un malessere insito in tutte le società dell’opulenza, ricche da vecchia data, e non più capaci di mettere in discussione il proprio status quo. Ne consegue che ad ogni scossone economico finanziario vere e proprie ondate di panico affliggano il mondo del consumo sfrenato; le cicale dell’Occidente si sentono spossate ed impotenti se private dell’unica loro soddisfazione ovvero “spendere”.

Le cause di tutto ciò vanno ricercate nella inquietante elezione a valore supremo dell’apparenza. L’apparire è lo scopo di vita di molti degli abitanti del primo mondo e l’apparenza si basa per l’appunto sul consumo senza limiti di nuovi e futili prodotti, abiti firmati, auto tanto costose quanto inquinanti ed ingombranti e molte altre inutilità che eviterò di elencare.

Ora nonostante la crisi finanziaria, probabilmente la più grave di tutti i tempi, crisi che si badi è appena agli inizi non si creda che basti lo “sgangherato” piano Paulson a porre rimedio alla follia speculativa degli ultimi venti anni, il genere umano proseguirà per la sua strada, trovando nuove soluzioni e forse risvegliandosi dal torpore dell’effimero benessere sfrenato ritenuto scioccamente e ingenuamente  “granitico” e “perpetuo”.

Le preoccupazioni per il presente e l’incertezza per il futuro sono conseguenza della perdita di valori universali radicati nelle società del passato, anche non troppo lontano, barattati con carte di credito necessarie all’acquisto di oggetti oscenamente costosi, comparati con il solo scopo di sfoggiarli in modo da dimostrare di essere qualcuno……  In verità l’unica cosa che si dimostra parcheggiando il proprio “elefante”, rigorosamente preso a rate, in doppia fila nel centro di Milano o sfoggiando l’ultima borsetta in pelle di pitone per cui si è dato fondo ad un’intera mensilità, è di avere il vuoto nella scatola cranica.

Già la malattia della società dell’opulenza è il vuoto nel cervello, non si spiegherebbe altrimenti il successo di programmi televisivi che sono il tripudio dell’insulso, la sempre più esigua parte di popolazione interessata alla lettura (di pubblicazioni serie e non delle vicende amorose della velina di turno), l’assoluta mancanza d’interesse per la cultura, l’arte, l’archeologia, la storia, la poesia, l’antropologia, la filosofia e le scienze. Ciò è il segno del declino intellettuale che ci affligge. La ricca civiltà occidentale deve fare i conti con fenomeni aberranti come l’analfabetismo di ritorno e aggiungerei il rimbambimento da media spazzatura.

La grave crisi che ci affligge non è solo finanziaria, ma ben più profonda e radicata nell’impoverimento culturale e morale dei “ricchi abitanti” del mondo occidentale. L’apparenza è esclusivamente la via per il fallimento, l’emulazione di sciocche ereditiere o pietosi rampolli del mondo dell’industria non è un modo per distinguersi è solo un modo per appiattirsi, svendersi ed impoverirsi fino alla rovina.  

 


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