Le donne soldato dei Peshmerga che (ancora) non combattono
par Luca Marchesini
giovedì 11 settembre 2014
C'è un nuovo problema per l'Is: le donne kurde in uniforme e armate di fucili mitragliatori. Un mujaheddin islamista ucciso da una donna non va in paradiso, o almeno così si dice. Addio alla gloria imperitura, addio alle 27 vergini nel giardino dell'Eden. E' per questo che i miliziani dell'IS odiano scendere in battaglia contro le truppe curde. Il rischio è troppo alto, la posta in gioco è doppia: la propria vita e un aldilà come si deve.
Tutti i gruppi armati curdi contano un certo numero di donne tra le loro fila, ma non tutte in realtà combattono. Molto spesso i media si limitano a parlare di Peshmerga, i curdi iracheni filo-americani eletti ad alleati strategici da Europa e Stati Uniti; ma sul campo si muovono anche le truppe del PKK turco (Partîya Karkerén Kurdîstan, Partito dei Lavoratori del Kurdistan) e l'YPG siriano (Yekîneyên Parastina Gel, Unità di Protezione del Popolo). Sono questi ultimi due gruppi, di ispirazione socialista e progressista, ad aver riportato le vittorie più importanti contro gli islamisti. E sono loro che, mossi da una filosofia egualitarista, schierano le donne in battaglia sulla prima linea del fronte, accanto agli uomini.
Per i Peshmerga è diverso, ma molti media occidentali non sembrano accorgersene e continuano a fare di ogni erba un fascio, affascinati dalla narrazione delle amazzoni curde e impermeabili ad ogni problematizzazione. Non tutti però si accontentano di semplificare. War is Boring, un blog specializzato in analisi militari, è andato a fondo nella questione chiarendo il ruolo delle donne soldato arruolate nelle milizie curde irachene.
Al di là del PKK e dell'YPG, su posizioni estremamente avanzate in fatto di parità di genere, la società curda nel suo complesso è ancora abbastanza arretrata sotto questo aspetto. E i Peshmerga sono una forza nazionalista e tradizonalista, probabilmente più in linea con il sentire comune del tessuto sociale di riferimento.
Di fatto, il Ministero Curdo dei Peshmerga (Kurdistan’s Ministry of Peshmerga Affairs) è recalcitante ad inviare donne soldato a combattere in prima linea al fianco degli uomini. Le donne vengono usate principalmente a scopi propagandistici, durante le parate e davanti alle telecamere dei media occidentali. Ciò non significa però che le donne peshmerga non abbiano voglia di dimostrare il loro valore in battaglia
War is boring ha intervistato Viyan Pendory, una donna colonnello Peshmerga. L'ufficiale ha confermato la presenza di oltre mille donne tra le fila del suo esercito ed ha assicurato che l'addestramento ricevuto le ha preparate a puntare i loro fucili contro le milizie islamiste. Ma, ammette Pendroy, molti comandanti uomini non la vedono allo stesso modo e, una volta giunti al fronte, preferiscono rimandare in dietro le unità femminili.
Attualmente la maggior parte delle donne svolgono lavori amministrativi e di ufficio per il Ministero ma le cose potrebbero cambiare, in un futuro non lontano. Il fronte assorbe un numero sempre maggiore di soldati e il bisogno di nuove reclute si fa di giorno in giorno più pressante, costringendo il comando a richiamare i veterani alle armi. Se le cose non cambieranno, le chance di vedere donne impiegate in battaglia aumenteranno rapidamente.
Qualcosa in effetti si sta già muovendo e sempre più spesso le unità femminili vengono disposte su posizioni non distanti dalla zona di battaglia, in modo da poterle chiamare in azione in tempi limitati, qualora ve ne fosse la necessità. E anche le richieste di arruolamento sono in aumento, dopo che la tragedia degli Yazidi sul monte Sinjar ha spinto molte donne ad offrire il proprio contributo alla difesa dei territori sotto minaccia jihadista. “Purtroppo”, spiega il colonnello Pendroy, “la maggior parte dei nostri istruttori sono al fronte ed abbiamo potuto accettare solamente 33 reclute”. Ma, per il futuro, si prevede di poter formare classi di adestramento più numerose.
La determinazione delle donne curde è tutta nelle parole di Tanya Zikry, un'avvocatessa di 27 anni che nel giugno scorso, quando l'avanzata dell'Is nel nord dell'Iraq sembrava inarrestabile, ha deciso di arruolarsi: “Come avvocato, posso aiutare il mio popolo quando il paese è al sicuro. Quando c'è la guerra, le persone hanno bsogno di me come Peshmerga. Questo è il modo che ho di offrire protezione al mio popolo”.
Foto: jan Sefti, Flickr