Le donne e l’appello di repubblica.it su AgoraVox

par Resist Enza
martedì 13 ottobre 2009

A quest’ora di notte, farei un bilancio.

Il primo articolo "Per la dignità delle donne, non firmate l’appello di repubblica.it" è stato pubblicato sabato 10, mentre il secondo, "Per la dignità dell’uomo, donne firmate l’appello di repubblica.it", è pubblicato il lunedì 12. Il primo articolo ha ricevuto e continua a ricevere molte visite, mentre il secondo meno. Il primo è stato ripreso in molti blog, su Twitter o Facebook, il secondo no. Il primo è stato molto commentato, il secondo no. Ma non importa (oppure sì, vedremo dopo). Il bilancio che m’interessa fare è questo: ogni articolo è stato votato. Il primo da 127 lettori, il secondo da 23. Nel vademecum di AgoraVox c’è scritto di dare il voto alla pertinenza o meno dell’articolo e non alle idee o concetti che veicola l’articolo. Ma purtroppo questo non avviene e chi vota, vota a favore o contro la proposta suggerita dall’articolo. Ed è questo che importa.

Vediamo che i 127 lettori/votanti di "Per la dignità delle donne, non firmate l’appello di repubblica.it" hanno detto sì al 77%; i 23 lettori/votanti di "Per la dignità dell’uomo, donne firmate l’appello di repubblica.it" hanno detto no al 70%.

Certo non è un sondaggio scientificamente rigoroso, ma un’indicazione la dà. Seppure ci sia una grande differenza tra il numero dei votanti (127,23) il risultato è coerente. 8 su 10 per il primo, 7 su 10 per il secondo dicono di non firmare o non voler firmare l’appello di repubblica.it. La differenza (1 su 10) potrebbe essere dovuto al margine d’errore o più probabilmente alla sensibilità di questo un lettore su dieci agli argomenti esposti dall’autore dell’articolo. Succede qui quello che succede durante una campagna elettorale: i discorsi sono destinati non a convincere i convinti (i cui voti sono comunque già acquisiti) ma a quella frangia mobile di elettori esitanti o attenti ai contenuti delle proposte.

In riassunto (e estrapolando): tre lettori/cittadini su quattro non sono d’accordo di firmare l’appello di repubblica.it per richiedere a chi ci rappresenta, noi popolo italiano sovrano (Art. 1 della Costituzione), nelle istituzione della Repubblica e nelle sedi internazionali, la dignità di esprimere nelle parole pronunciate rispetto e responsabilità verso le donne.

Bene. A questo punto no c’è altro che costatare il fatto.

Ma magari c’è da chiedersi in se stessi il perché.
La Repubblica.it titola l’appello "Il premier offende le donne" e propone di firmare una petizione redatta da Michela Marzano, Barbara Spinelli e Nadia Urbinati.

Il testo dell’appelo

QUEST’UOMO OFFENDE NOI DONNE E LA DEMOCRAZIA: FERMIAMOLO

È ormai evidente che il corpo della donna è diventato un’arma politica di capitale importanza, nella mano dei Presidente del consiglio. È usato come dispositivo di guerra contro la libera discussione, l’esercizio di critica, l’autonomia del pensiero. La donna come lui la vede e l’anela è avvenenza giovanile, seduzione fisica, ma in primissimo luogo è completa sottomissione al volere del capo. È lì per cantare con il capo, per fare eco al capo, per mettersi a disposizione del capo, come avviene nelle fiere promozionali o nei dispotismi retti sul culto della personalità. Le qualità giudicate utili per gli show pubblicitari si trasformano in doti politiche essenziali, producendo indecenti confusioni di genere: ubbidienza e avvenenza diventano l’indispensabile tirocinio per candidarsi a posti di massima responsabilità. Diventano il burqa gettato sul corpo femminile, per umiliarlo sulle scene televisive e tramutarlo in arma che ferisce tutti e tutto. Contro questa cretinizzazione delle donne, della democrazia, della politica stessa, protestiamo. Quest’uomo offende le donne e la democrazia. Fermiamolo.

Chi sono queste tre donne?



Michela Marzano - Nata nel 1970 a Roma, ha studiato all’università di Pisa e alla Scuola Normale Superiore. Dopo aver conseguito un dottorato di ricerca in filosofia alla Scuola Normale Superiore di Pisa, è diventata docente all’Università di Parigi V (René Descartes). Autrice di numerosi saggi e articoli di filosofia morale e politica, ha curato il "Dictionnaire du corps" (PUF 2007). Si occupa di Filosofia Morale e Politica e in particolar modo del posto che occupa al giorno d’oggi l’essere umano, in quanto essere carnale. L’analisi della fragilità della condizione umana rappresenta per lei il punto di partenza delle sue ricerche e delle sue riflessioni filosofiche.

Barbara Spinelli - Nata a Roma nel 1946 da Altiero Spinelli e Ursula Hirschmann, lui antifascista e lei ebrea. Barbara inizia la carriera scrivendo articoli per il "Globo". È stata tra i fondatori del quotidiano "Repubblica" per passare, negli anni 1984 -1985, al "Corriere della sera" e infine alla "Stampa", prima come corrispondente da Parigi, dove tuttora lavora e vive, poi come editorialista.

Nadia Urbinati
- Studiosa di scienze politiche di fama internazionale, è titolare della cattedra di Scienze Politiche alla Columbia University di New York. Come ricercatrice studia e si occupa del pensiero democratico e liberale contemporaneo, delle teorie della sovranità e della rappresentanza politica, e infine delle concezioni antidemocratiche. In qualità di autrice ha dato alle stampe numerosi saggi sul liberalismo, su John Stuart Mill e su Carlo Rosselli. Collabora con il quotidiano La Repubblica e con Il sole 24 ore, negli Stati Uniti d’America è condirettrice della rivista Constellations.

"è stranoto che il sottoscritto ama l’ altra metà del cielo, ovvero il dono più bello che Dio ci ha fatto..." (Silvio Berlusconi, La Maddalena, 10 settembre 2009)

In un articolo su Repubblica del 30 giugno scorso Nadia Urbinati scriveva: "Non è facile essere donne in questo tempo di stravolgimento dei valori e dei costumi, di smarrimento del senso comune. Non è facile trascendere ciò che ci sta intorno e ci offende". "Le donne sono sempre lo specchio della società, il segno più eloquente della condizione nella quale versa il loro paese". [1]
Il 10 ottobre scriveva: "Berlusconi ripete spesso che ’la maggioranza degli italiani è con me’. Ma forse pensa che quando parla di donne la totalità degli italiani (uomini ) è con lui. Il silenzio protratto di molti, troppi uomini su come il premier tratta e descrive le donne, sembrerebbe provare che egli rappresenta davvero il costume di una gran parte dei maschi". "La donna, dice il Signor Berlusconi, è il più bel dono che il creato ci (leggi: a noi uomini, non al genere umano) ha dato. La logica è vecchia come il mondo ma sempre nuova: noi siamo state create ed educate per alleggerire il peso di chi ha potere e responsabilità. Noi siamo solo privato. Se proviamo a essere noi, né doni né veline, allora siamo niente, oggetto di offesa e di attacco: brutte, vecchie, e via di seguito. Anche in questo caso l’ accusa di invidia viene usata per squalificare le nostre ragioni: perché, presumibilmente, se fossimo giovani e belle non ci offenderebbe essere trattate come un dono. Se ci offende, ecco la conclusione della filosofia dell’ invidia del signor Berlusconi, è perché nessuno ci vuole più come un dono. Risultato: a bocca chiusa siamo accettate sempre, da giovani o vecchie, se belle o brutte; ma se usiamo il cervello siamo offese sempre: se belle perché pensare non si addice alla bellezza, se brutte perché pensareè germe di invidia. La logica é chiara: il leader del nostro paese usa le armi del maschilismo più trito per azzerare nelle abitudini la cultura dei diritti e dell’ eguale dignità che generazioni di donne e di uomini hanno con durissima fatica costruito". "E per troppo tempo questo fenomeno è stato digerito come cibo normale, come se, appunto, il Signor Berlusconi fosse davvero rappresentativo della mentalità generale di tutti gli italiani. È vero che troppo spesso si vedono platee di convegni o di eventi pubblici popolate di soli uomini, come se il genere femminile non contemplasse anche studiose oltre che intrattenitrici. Ed è vero che purtroppo è quasi sempre solo l’ occhio delle donne a vedere questa uniformità al maschile. Certo, è bene non generalizzare. Tuttavia non é fuori luogo ricordare anche a chi lo sa già che la dignità violata delle donne è dignità violata per tutti, anche per gli uomini. I quali, in una società compiutamente berlusconiana non sarebbero meno subalterni e più autonomi delle loro concittadine". [2]
 


[1] L’ Italia, il potere e il silenzio delle donne di Nadia Urbinati su Repubblica del 30 giugno 2009
[2] Il Cavaliere e la dignità violata di Nadia Urbinati su Repubblica del 10 ottobre 2009
Altri articoli di Nadia Urbinati su Repubblica

Anche la fede ha bisogno del dubbio, La Stampa, 17/9/2009

 


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