Le circostanze ripetibili: narrazione di una vittoria contro il racket

par Traiettorie Sociologiche
sabato 1 settembre 2012

La camorra e l’antiracket (Felici Editore, Ghezzano, 2012, p. 209, € 13.00), di Nino Daniele, Antonio Di Florio e Tano Grasso, è un testo che meriterebbe di stare nella libreria di ogni cittadino che si occupi seriamente del proprio Paese e ritiene che si debbano articolare sempre nuove strategie per affrontare la grande criminalità. L’Italia, ed in particolare il Sud, gronda dei segni del degrado e della corruzione, umana e culturale prima ancor che economica, dovuti alla presenza della criminalità che, come fosse un castigo biblico, sembra dover accompagnare i popoli del Meridione (e non soltanto) verso un destino ineluttabile di sottomissione e sfruttamento. In questo contesto chi ha ruoli di responsabilità nel settore pubblico o in quello privato se non vuole essere complice si scontra con la forza monolitica di una contro-istituzione che sembra essere più radicata dello Stato stesso, pervasiva e capace di torcere a suo vantaggio ogni iniziativa (sia pubblica che privata) sulla quale metta gli occhi, in un circolo vizioso, che sembra inarrestabile, di spoliazione, profitti sudici e violenza.

Eppure, nonostante questo contesto sia ben noto, La camorra e l’antiracket ha una caratteristica molto rara: a differenza, ad esempio, del classico per eccellenza della lotta tra Stato e mafie, Il giorno della civetta (Sciascia, 2002), il libro che esaminiamo racconta di una vittoria, un successo dello Stato e dei cittadini, e non di una sconfitta. Inoltre, non si tratta di fiction – per quanto essa sia forse, a volte, più vicina alla realtà delle cronache e delle verità giudiziarie – come il libro di Sciascia (cfr. Jansen, Khamal, 2010) ma di un vero racconto autobiografico: i tre autori sono stati, infatti, i protagonisti della nascita del “modello Ercolano”, ovvero della rinascita della città campana dove, grazie all’attivismo delle istituzioni ed alla collaborazione dei cittadini, i clan camorristici della zona sono stati praticamente sgominati nel giro di un lustro.
 
Con il consueto fatalismo italiano, siamo portati a chiederci se si tratti di miracolo irripetibile o (peggio) malafede da parte di qualcuno, ma è proprio uno degli autori a svelare l’arcano: si è trattato, come scrive Antonio Di Florio, comandante della Tenenza dei Carabinieri di Ercolano, di “una serie di circostanze fortuite ripetibili (p. 95, corsivo nostro), la prima delle quali è senza dubbio l’incontro tra rappresentanti delle istituzioni con capacità e competenze diverse ma con la comune volontà di contrastare lo strapotere della camorra. Uno dei protagonisti di queste circostanze fortuite è proprio Nino Daniele, sindaco in carica dal 2005 al 2010 e proveniente dall’area del centrosinistra, con all’attivo una lunga carriera ed una grande esperienza nella politica locale; sua è l’idea delle “passeggiate”, un’abitudine semplice che diventa grimaldello contro l’omertà ed il controllo del territorio operato dei clan. Anche solo il passeggiare nelle strade abitate dai criminali, in queste terre, diventa un segnale di vicinanza e attenzione dello Stato nei confronti dei cittadini, un segnale importantissimo laddove uno dei principali alleati della camorra è la mancanza di fiducia nelle istituzioni e nella loro reale capacità di fare qualcosa per le persone comuni.
Alle passeggiate si uniscono prima il tenente Di Florio e poi altri cittadini, ma gli autori sanno bene che, per combattere i clan, farsi vedere è solo un primo passo; per colpire a fondo, bisogna interrompere il regno dell’omertà e contrastare il controllo del territorio esercitato dalla camorra. E qui entra in gioco l’associazionismo antiracket, rappresentato tra gli autori del libro da Tano Grasso e, sul territorio di Ercolano, dall’associazione di commercianti che rifiutano di pagare il pizzo: è questo lo strumento che convince i cittadini della reale volontà di intervenire da parte delle istituzioni, ed è grazie alle leggi apposite, ed al contributo di tantissimi commercianti e cittadini che finalmente si sentono tutelati e valorizzati, che si riesce finalmente a sgominare i clan della zona.
 
La camorra e l’antiracket è quasi un “manuale” per il buon amministratore o funzionario di pubblica sicurezza del Mezzogiorno e, sicuramente, richiama i membri di entrambe queste categorie ad una grande assunzione di responsabilità; le consuete (auto)giustificazioni di chi resta inattivo vengono smentite dall’evidenza empirica della possibilità di ottenere risultati di rilievo in tempi relativamente brevi.
 
Come è evidente, tra le “circostanze fortuite” deve necessariamente esserci una “buona” politica: con questa espressione, peraltro, si chiamano in causa due distinti ambiti. Il primo, il più evidente, è quello degli individui, cioè dei politici. Il sindaco Nino Daniele, ad esempio, incarna il prototipo dell’amministratore locale di grande onestà ed esperienza, dalla solida formazione politica e culturale; nonostante venga catapultato in una situazione a lui inizialmente estranea, è capace di inventarsi metodi validi per perseguire l’obiettivo, scelto coraggiosamente, di combattere la camorra non solo con le parole, bensì anche con la pratica. Ma questo non basta.
 
Il secondo ambito in cui la politica deve essere “buona”, è quello della legislazione; se a Ercolano è stato possibile fare un piccolo miracolo civico, ciò è dovuto in non piccola parte alla buona legislazione italiana sull’antiracket, come pure dalla corretta applicazione delle leggi contrastanti l’abusivismo; fa specie notare, peraltro, che, proprio mentre viene pubblicato questo libro, il Governo italiano scelga di chiudere numerosi piccoli tribunali, moltissimi dei quali sono gli unici avamposti di legalità in territori difficili (un esempio lampante è quello di Lucera, ma si potrebbero citare anche la sede distaccata di Santa Maria Capua Vetere e tante altre). Se La camorra e l’antiracket dimostra che i segnali da parte delle istituzioni sono importanti, che tipo di segnale è una scelta come questa?
 
In evidente contrasto con le più recenti scelte politiche è anche il ruolo centrale assunto dal sindaco e dal Comune proprio mentre, come spiega Colin Crouch in Postdemocrazia, le “[…] funzioni [dei governi locali] stanno gradualmente scomparendo con scarse reazioni […]” (2003, p. 29); Crouch si riferisce, nella sua argomentazione, principalmente alla Gran Bretagna, ma Luciano Gallino e Paola Borgna in La lotta di classe dopo la lotta di classe (2012) confermano che il processo è in atto con forza anche in Italia (ed è evidente a chiunque segua la cronaca politica).
 
Tornando ad Ercolano, la citazione dei tribunali non è a sproposito; è evidente l’importanza avuta, infatti, dalla coordinazione e dalla collaborazione tra le varie componenti dello Stato quali Comune, prefettura, magistratura e, ovviamente, forze dell’ordine. Anche qui, va notato che il tenente Di Florio ha avuto la capacità di comprendere sia il contesto in cui si trovava, sia l’importanza, niente affatto secondaria, di associare alle operazioni repressive la ricostruzione della fiducia dei cittadini nell’operato dei Carabinieri.
 
Infine, tra coloro i quali sono più fortemente chiamati ad una grande assunzione di responsabilità, vi sono chiaramente i cittadini; nel libro è dato il giusto risalto all’importanza che la nascita di una associazione antiracket, animata da alcuni commercianti del territorio, ha avuto nel contrastare il potere dei clan. Non intendiamo, in questa sede, scendere nello specifico del come e perché le associazioni antiracket abbiano questa forza: per approfondire questo tema rimandiamo al testo in esame ed alla copiosa bibliografia di Tano Grasso; ciò che ci preme sottolineare è che la grande volontà di agire delle istituzioni e la competenza dei loro rappresentanti e di Grasso non avrebbero potuto incidere in modo così forte senza un effettivo sostegno ed impegno in prima persona da parte dei cittadini.
 
Dunque La camorra e l’antiracket è il racconto dell’incontro tra una forte domanda di cambiamento da parte della cittadinanza, la volontà di dare seguito a questa domanda da parte delle istituzioni, e la competenza e l’onestà di molti funzionari dello Stato e dei loro collaboratori; un mix di ingredienti non semplicissimo da realizzarsi, eppure ripetibile e ricreabile anche oltre Ercolano. Il testo che abbiamo esaminato dà seguito alla nota affermazione di Giovanni Falcone che, con grande spirito sociologico, notò che “la mafia è un fenomeno umano e, come tutti i fenomeni umani, ha un principio, una sua evoluzione e una fine”: l’esperienza di Ercolano è un passo verso questa fine.
 
Letture
Crouch Colin, Postdemocrazia, Laterza, Roma-Bari, 2003.
Gallino Luciano, Borgna Paola La lotta di classe dopo la lotta di classe, Laterza, Roma-Bari, 2012.
Jansen Monica, Khamal Jasmina (a cura di), Memoria in Noir. Un’indagine pluridisciplinare. Bruxelles-Bern-Berlin-Frankfurt am Main-New York-Oxford-Wien, 2010.
Sciascia Leonardo, Il giorno della civetta, Adelphi, Milano, 2002.
 
di Lorenzo Fattori

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