Le barzellette e il Berlusconi che verrà: semi di totalitarismo

par Daniel di Schuler
sabato 10 settembre 2011

"Se questa che abbiamo davanti è la classe politica scaturita dalle speranza di rinnovamento rappresentata da “mani pulite”, nessuno può dormire sonni troppo tranquilli pensando a quel che potrebbe venire dopo il moribondo berlusconismo".

Un ministro della Repubblica, per spiegare la manovra finanziaria del suo governo, non trova di meglio che raccontare una barzelletta sconcia; il Presidente del Consiglio, che di analoghe barzellette è gran raccontatore, suggerisce ad un cittadino sotto inchiesta di restarsene all’estero. Un suggerimento, niente di più, ma resta che quel cittadino, ovvio che stia parlando di Valter Lavitola, da allora non ha più messo piede in Italia. Ieri sera, una delle menti più brillanti del nostro giornalismo, forse volendo dare il proprio contributo alla piece di Jonesco che è diventata la nostra vita pubblica, ha detto che il merito principale di Silvio Berlusconi è stato quello di modernizzare il paese; di averlo sfrondato dai veli di un pudore tanto superato quanto ipocrita.

Tre istantanee diverse, che ben rappresentano quali siano gli ingredienti del boccone avvelenato che la pseudo-destra italiana ha servito alla nostra vita pubblica: la volgarità d’infiniti gestacci e di un linguaggio sempre sciatto e spesso triviale, la totale mancanza di rispetto per le istituzioni e per la legalità, il tutto condito dalla salsa nauseabonda di un informazione asservita che simili comportamenti ha sempre scusato, sempre difeso e talvolta esaltato.

Il risultato di tutto questo è un paese disperato, nel più stretto senso etimologico del termine, ben al di là di quanto lo dovrebbe essere per la sua pur difficilissima situazione economica. Un paese che sa di avere una classe dirigente, quella che si lascia andare a quelle esibizioni, uguale al proprio peggio; da cui non può aspettarsi nulla, né progetti né sogni, se non le briciole che cadono dal banchetto del potere.

La modernizzazione berlusconiana consiste in questo: nell’aver tolto ad una vastissima parte del paese qualsiasi ideale. Nell’aver completato la distruzione della politica così brillantemente avviata dai rappresentanti della Prima Repubblica: se gli italiani sospettavano che la politica fosse una cosa sporca, ora sanno con certezza che è gretta, volgare ed arrogante. Stupida e, scusate l’uso di un’espressione antica, maleducata.

In particolare il berlusconismo (e il leghismo che appare sempre più il suo naturale completamento) ha raso al suolo ogni vestigia del liberalesimo italiano; ne ha arato le fondamenta e ha sparso sale sul suo suolo, già di per sé aridissimo.

A destra, in un paese dove di destra è la grande maggioranza della popolazione, in questo momento non c’è più nulla. Nulla che sarebbe riconoscibile come destra in una normale paese europeo; nulla che possa sembrare l’ala liberale di quel continuum liberal-socialista che caratterizza i parlamenti delle grandi democrazie. Neppure la formazione di Fini e Casini, sia per la storia da cui provengono i due, sia per i loro elettorati, può aspirare ad un simile ruolo.

Questo vuoto rappresenta il più grande pericolo per il futuro della Repubblica.

Se il berlusconismo ha preso in prestito dai totalitarismi del XX secolo tanta parte della propria retorica (c’è eccome la retorica berlusconiana e leghista; è una scosciata retorica del rutto, ma riconoscibilissima per tale nell’esaltazione del capo e del suo rapporto “mistico” con la “gente”), ma non ha potuto adottarne la prassi, è però riuscito a trasformare la società italiana fino a farla diventare il perfetto brodo di coltura di un totalitarismo a venire.

Una nebulosa d’individualismi atomizzati, senza più nessun collante ideologico o di classe, disillusi dalla politica, che pare uscire dalle pagine dello storico saggio di Hannah Arendt.

Una società disgregata, di scontenti e sconfitti, che sembra solo essere in attesa di un nuovo salvatore, ovviamente proveniente da fuori della politica, con un progetto, qualunque progetto, e un ideale, qualunque ideale.

Se questa che abbiamo davanti è la classe politica scaturita dalle speranza di rinnovamento rappresentata da “mani pulite”, nessuno può dormire sonni troppo tranquilli pensando a quel che potrebbe venire dopo il moribondo berlusconismo.

I danni fatti da Berlusconi e Bossi alla nostra vita pubblica, danni ben più devastanti di quelli rappresentati da una cattiva manovra finanziaria, sono, con buona pace di Giuliano Ferrara e dei suoi simili, sotto gli occhi di tutti, ma il conto finale di quanto saranno costati alla nostra democrazia lo potremo fare solo anni dopo la loro scomparsa.

Temo i Berlusconi ed i Bossi che verranno.


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