Le Luci della Centrale Elettrica a Napoli per presentare il secondo album

par Lucio Carbonelli
venerdì 18 marzo 2011

Finalmente arriva anche a Napoli (alla Casa della Musica), stasera 18 marzo, il tour a supporto del secondo album di Vasco Brondi, alias Le Luci della Centrale Elettrica, un nome che già di per sé lascia immaginare scenari urbani più o meno inquinati, d’altronde il primo album si chiamava “Canzoni da Spiaggia Deturpata”: quale città “migliore” di Napoli, quindi, dove portare queste canzoni?

In un impeto di ottimismo il nostro ha intitolato il suo secondo album “Per ora noi la chiameremo felicità”, ma se si va ad approfondire la fonte da cui proviene questo titolo si vede che tanto ottimista poi non è: Leo Ferrè, l’autore originale della frase, parlava della disperazione come forma superiore di critica, ed è questo che lui chiamava “felicità”. Felice di essere disperati, quindi?
È proprio questo che i tanti detrattori del secondo Vasco nazionale, numerosi almeno quanto i suoi fan, gli rinfacciano, a volte fin troppo ferocemente: questa sua disperazione che a tratti può sembrare anche artificiosa, questo suo cantare monotono, questo suo suonare scordato.
 
Ancor prima che uscisse il secondo album erano già tutti lì con i fucili spianati, quegli stessi che magari un paio d’anni prima le avevano esaltate adesso aspettavano Le Luci al varco, strano il mondo: sul web hanno cominciato a impazzare le parodie (Lucio della Centrale Elettrica, la più simpatica), ed è stato addirittura creato un generatore automatico di canzoni vascobrondiane. All’uscita del disco, causa un video non troppo felice, lo scatafascio. Eppure, ad ascoltarlo bene, senza pregiudizi, questo secondo disco è così diverso dal primo.
 
Ma come si dice: tanti nemici, tanto onore. Tutto questo parlare (sproloquiare, a volte) non fa che dimostrare la fortissima identità del ragazzo, e si sa, solo i più grandi sono riconoscibili subito, al primo accordo: anche dei Ramones qualche malaccorto sprovveduto diceva che facevano canzoni tutte uguali… Be’, io suggerirei di togliersi il prosciutto dalle orecchie, spilarsele per bene, ascoltare. Qui i tempi non sono certo allegri, e Brondi lo sa raccontare molto bene, con profonda consapevolezza: la sua è una voce che resterà, come sa chi lo ha visto in concerto. Magari nelle sue parole disperate, nelle sue musiche disturbate, non ci sarà “felicità”, ma un po’ di noi sì.
 
In apertura l’interessante progetto elettro-poetico FrameDada, e in chiusura l’eclettico dj-set di Kei Alfano.
 
Foto di Fabio Cussigh

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