Las Vegas, mille luci e dietro il Nulla

par Fabio Della Pergola
venerdì 6 ottobre 2017

“Las Vegas e la paura del nulla. Né raptus né politica né religione, in che categoria mettiamo questa strage per resistere al terrore?”

Titolava così Annalena Benini su Il Foglio parlando della strage spaventosa di Las Vegas. E argomentava con chiarezza che “la paura ha bisogno di punti di riferimento per venire addomesticata”, altrimenti ... altrimenti, dietro le mille luci colorate della città del divertimento a pagamento, il nulla invade la mente e terrorizza.

A oggi non si riescono a spiegare le motivazioni della strage spaventosa commessa all’improvviso da Stephen Paddock, benestante pensionato bianco, senza figli, divorziato, ma con una compagna di origini filippine, “lui l'amava, stravedeva per lei", ha raccontato il fratello del killer (ma altri raccontano invece di strane, improvvise umiliazioni subìte dalla donna); viveva in una villetta di proprietà pagata più di trecentomila dollari in una ordinata e sicura comunità per anziani danarosi, senza aver mai maturato particolari fanatismi religiosi o politici, senza precedenti penali e senza disturbi mentali riconosciuti (anche se ora si accenna ad un uso di ansiolitici).

Un uomo così tranquillo, che più tranquillo non si può.

E che non ha avuto un raptus, definito come l’improvviso crollo della capacità "di intendere e di volere", da sempre il mantra di chi non sa interpretare la malattia mentale. Non è un raptus dal momento che ha lucidamente acquistato in sequenza 47 armi da fuoco (senza che nessuno se ne sia accorto!), 32 solo nell'ultimo anno, portandone ben 23, modificate, in dieci valigie, oltre a una grande quantità di munizioni e un martello per rompere i vetri sigillati fino al trentesimo piano dell'orribile Mandalay Bay. Poi ha piazzato microtelecamere nel corridoio, collegate a un tablet, per guardarsi le spalle, e ha scelto una stanza con diverse opzioni di mira. Infine si è giudiziosamente infilato i guanti e ha iniziato il lavoro. Come in un film.

Insomma ha pianificato accuratamente tutto quanto necessario per portare a termine con sicuro successo il suo progetto sterminatorio fino al gesto finale dell'immancabile suicidio.

Ma mentre alcuni non vedono molto altro che il problema della libera vendita di armi tipica degli States, indubbiamente perniciosa, ("Trump tace ancora sulle armi: «A Las Vegas è stato un folle»", titola Il Manifesto), qualcuno si fa domande più profonde sulla realtà mentale di questi killer di massa che, dal 2000, provocano mediamente nel paese una strage ogni 74 giorni.

Qui non c’è né la motivazione politica né quella religiosa - l’estrema destra ha cercato di farlo passare per un fanatico di sinistra, poi una rivendicazione dell’Isis lo accreditava come islamista di recente conversione - non c'è nemmeno una motivazione economica. E se non c'è nulla che spieghi la strage non resta altro che il nulla, in sé, come unica logica-non-logica.

Ma, scrive Benini, “senza una definizione, la paura del nulla fa ancora più paura... provoca il terrore del nulla”.

Il killer norvegese che sbarcò sull’isola di Utoya per agguantare il suo record di ragazzini ammazzati si era giustificato il gesto cammuffandolo dietro una paccottiglia di motivazioni pseudo-politiche: agiva delirantemente in nome e per conto della sua identità cristiano-nazista in pericolo, tanto quanto i terroristi islamisti agiscono delirantemente in nome e per conto della loro ideologia estremizzata consona al progetto politico del nazi-islamismo, ma - sotto - agisce il nichilismo, il nulla.

Lo sterminatore di Las Vegas ci fa vedere il nucleo originario, senza orpelli, della follia assassina e stragista, che di solito - ma non in questo caso, per quello che se ne sa - si maschera vestendo i panni logori della comprensibilità: lo sgarbo del vicino, le corna della moglie, l’abbandono della fidanzata, le offese a un dio, la politica, il prestito non restituito, l’eredità, il graffio alla macchina, la sigaretta negata, uno sguardo di sfida.

Il guscio logicamente comprensibile che nasconde alla vista un nucleo "mistico" e inafferrabile, ineffabile.

In presenza di categorie comprensibili, incasellandola in quadri razionalmente interpretabili - dice la giornalista - la cosa non fa paura come l’improvviso irrompere del nulla, dell’incomprensibile. Questo spiega la malcelata angoscia del continuo interrogarsi sulle introvabili “motivazioni” di Stephen Paddock. Come se i commentatori annaspassero increduli che possa davvero esistere il Nulla, davanti al quale la ragione vacilla. E la domanda resterebbe comunque sospesa nell'aria anche se, per caso, emergessero novità investigative su questo specifico caso.

Allora ricordiamocelo quello psichiatra, Massimo Fagioli, che ha saputo teorizzare, insieme alla originaria sanità di ogni essere umano, anche la modalità primaria della patologia psichiatrica: il nulla non esiste nella realtà, ma può essere determinato, nella mente che si ammala, dalla pulsione di annullamento, caratteristica specifica dell’essere umano. Far sparire l'altro dentro di sé.

Come non tutti si ammalano di pancreatite, pur avendo, tutti, il pancreas, la malattia mentale non è "il Male" che impera su ognuno di noi, come sacramentano i religiosi a ogni pié sospinto, tantomeno un male insito nella natura umana, idiozia tipica della cultura occidentale grazie alla quella pippa storica di immaginare un "peccato originale". E non è nemmeno che gli assassini sono, banalmente, dei "cattivi", dei "malvagi" come sostenne dall'alto della sua formazione medica, facendo cadere le braccia per lo sconforto, l’ex presidente della Società italiana di psichiatria (ma, caspita, da uno psichiatra di pretende qualcosa di più della sapienza delle nonne contadine!).

È la tragica possibilità di alcuni, pochi, che cadono nella malattia mentale, di far sparire l’altro, facendo sparire contemporaneamente in sé - creando delirantemente il nulla - la possibilità di sentire empatia per gli altri lasciando inalterata la capacità di intendere e di volere. Sono i robot, i cyborg, gli zombie di tanta letteratura fantastica (e forse più intelligente della cultura media americana).

Così i magistrati (e pure gli psichiatri) potrebbero finalmente capire - se lo volessero - qualcosa di più di questo mistero che tutti descrivono come un uomo tranquillo, tanto una brava persona, che però si compra 47 armi da fuoco, se li porta sudando un po’ al trentesimo piano di un albergo, si affaccia alla finestra con vista sul palco di un concerto country e mitraglia una massa inerme di persone come fossero birilli in una sala da bowling.

Persone che si volevano divertire, cioè troppo maledettamente "vive", forse, per la sua mente morta.

Il nulla in sé porta il malato di mente a volere, e a volte a fare, il nulla fuori di sé. L’annullamento della realtà e dell’essenza umana: gli altri diventano oggetti da rompere e poi gettare se si è stufi di vederli, sentirli, guardarli. Sta agli psichiatri elaborare metodologie di individuazione precoce della malattia mentale. E ai governi capire che la sanità mentale non è un optional.

Ma qui stiamo proprio all'anno zero.

 

 


Leggi l'articolo completo e i commenti