La vittoria di Pisapia: nel comitato elettorare, con Bisio e in Duomo
par Eleonora Poli
martedì 31 maggio 2011
Tutta mia la città.
Una piazza Duomo inondata di arancione festeggia la vittoria di Giuliano Pisapia, nuovo sindaco di Milano con il 55,1% dei voti al ballottaggio, contro il 44,9 di Letizia Moratti. Un successo annunciato da giorni - è vero - eppure mai dato per scontato; un’affermazione personale e politica, nel quadro di una città che ieri sera, come negli ultimi mesi, ha dimostrato con forza di volerci essere per contribuire all’inizio di un nuovo corso. E ora il vento è cambiato davvero.
“Le luci bianche nella notte sembrano accese per me/ è tutta mia la città…. /Tutta mia la città… un deserto che conosco tutta mia la città… /questa notte un uomo piangerà…”. Già aveva fatto da colonna sonora alla festa di venerdì scorso, la canzone di Giuliano Palma And The Bluebeaters, e nel giorno del successo la si vuole cantare con voce ancora più alta perché ormai ha acquistato un senso di definitivo. Sono le 16.30, quando le proiezioni rimbalzano in rete, sui cellulari e sui social network, diffondendo i primi dati affidabili. Giuliano Pisapia ha vinto le elezioni comunali, ha battuto Letizia Moratti nella Milano che da vent’anni era governata ininterrottamente dal centrodestra. Altro che cambiato, il vento. Inaspettatamente? Non così tanto. Il risultato stupisce soltanto chi non l’ha vissuta dall’interno, questa campagna elettorale, chi non ha visto crescere, di settimana in settimana, da un quartiere all’altro, anche in molte periferie, un’ondata di entusiasmo diffusa tra i cittadini; un’ansia, quasi, di partecipazione e cambiamento. Esigenze che Pisapia ha saputo raccogliere e amplificare, senza fretta, con un lavoro di ascolto e di coinvolgimento: il mio progetto è il vostro, il programma lo scriviamo insieme, non posso fare tutto da solo. Una comunicazione semplice, una sostanza sotto la forma che ha saputo arrivare, poco a poco, al cuore della gente.
Nel tardo pomeriggio di maggio la festa si trasferisce in Duomo, un corteo di biciclette e pedoni attraversa le strade del centro e si concentra poco a poco nella stessa piazza che soltanto venerdì scorso aveva festeggiato la fine della campagna elettorale del candidato sindaco di centrosinistra, con Claudio Bisio che dava appuntamento a tutti per lunedì sera. Appuntamento rispettato, con una scaletta improvvisata in base all’arrivo spontaneo degli ospiti. Un'esplosione di musica e parole alla quale ciascuno contribuisce con un frammento, una testimonianza. Aspettando Giuliano, che a tarda sera è atteso per il comizio finale, salgono sul palco amici e sostenitori, cantautori e comici, politici e scrittori. Lella Costa duetta con Paolo Rossi nel discorso di Pericle agli Ateniesi di Tucidide: 461 a.c., eppure sembra scritto ieri; poi ci sono Serena Dandini, Gabriele Salvatores, Roberto Vecchioni, Eugenio Finardi, Massimio Cirri, gli Stormy Six, Ricky Gianco. Vinicio Capossela che cambia le parole della sua canzone in omaggio alla vittoria di Pisapia. Quando ancora splende il sole sulle guglie arriva Nichi Vendola a fare, con passione come sempre, gli auguri al “suo” candidato, quello che il presidente della Puglia aveva sostenuto fin dalle primarie. A proposito di primarie, oggi non mancano neppure Boeri, Onida e Sacedoti che ribadiscono la volontà di lavorare a fianco del sindaco. E Umberto Eco dice di avere ritrovato, alla soglia dei suoi ottant’anni, la città vivace e bella che aveva conosciuto nel lontano 1954. Carlo Smuraglia, presidente dell’Anpi commuove esordendo con “ma allora Milano è ancora antifascista…” Ci sono poi gli auguri di altri due primi cittadini, il neoeletto Piero Fassino da Torino e Marta Vincenzi da Genova: “siamo stati molto soli in questi anni. Benvenuti”. Sotto il riflettori tanti volti noti, voci della cultura milanese. Ma per provare davvero il senso di questo vento nuovo bisogna trovare il modo di alzarsi qualche metro da terra e di guardare piazza del Duomo da sopra. Sventolano le bandiere e dietro ci sono persone. Uomini e donne di tutte le età che questa sera non possono fare a meno di esserci con un incoraggiamento, con un simbolo, con una sciarpa arancione. Non sarà soltanto un caso, una moda, un modo dire, anche qui come all’Elfo si sente urlare ovunque: “Giuliano, libera Milano”. Che cosa significa liberare una città all’alba del 2011? La risposta è sicuramente in uno dei punti chiave del programma di Pisapia: non si tratta esattamente di un problema da risolvere – come costruire la linea 4 della metropolitana o aggiustare le buche nelle strade - bensì di qualcosa di più profondo, una mentalità da cambiare. Tutto riassunto nella frase, ripetuta più volte: occorre sostituire la paura con la fiducia. Già, la paura. Del diverso, degli stranieri, dei rom, delle moschee, dei comunisti, di chi la pensa in modo contrario. Per compiere quest’impresa ci vorranno anni; davanti ce ne sono ben cinque, ora, e lo stile di questa campagna elettorale ha già posto le basi da cui partire: partecipazione, inclusione, solidarietà, accoglienza, proposte che arrivano dal basso, dialogo costante tra i cittadini e l’amministrazione, trasparenza.
E’ una serata calda, estiva, una serata per famiglie con bambini che escono a festeggiare, di ragazzi con le magliette arancioni che si spargono tra Cordusio e corso Vittorio Emanuele, di clacson che suonano come se l’Inter o il Milan avessero vinto il campionato di calcio. Da domani Pisapia e la sua squadra dovranno incominciare a lavorare sul serio. Ma questa sera c’è tempo ancora per esultare e per sognare, “io voglio che Milano sia felice”.