La violenza negli occhi di chi guarda
par UAAR - A ragion veduta
giovedì 9 ottobre 2014
Di Adele Orioli
Che nel nostro paese non vi sia alcuna forma (parlamentari esclusi) di riconoscimento delle coppie di fatto in generale e delle unioni omosessuali in particolare, è cosa nota. Che nell’Europa occidentale manchiamo solo noi, forse altrettanto. Naturale quindi che siano non pochi i cittadini italiani ad aver contratto matrimonio con un partner dello stesso sesso all’estero, non solo e non tanto per la nazionalità del coniuge quanto per un forzato “turismo affettivo”, turismo che non a caso è peculiarità tutta italiana quando si tratta di autodeterminazione e riconoscimento di diritti fondamentali (quello riproduttivo a causa della più volte riformata in tribunale legge 40, quello divorzista visti i casalinghi tempi biblici e via dicendo).
E poiché è spesso italico anche il detto che di necessità si fa virtù, alcuni sindaci (e/o consigli comunali) coraggiosi in assenza di leggi specifiche di riferimento hanno da un lato promesso l’istituzione celere di registri per le unioni civili, dall’altro adempiuto alla richiesta di trascrizione di matrimoni omosessuali contratti all’estero. Poi a ben guardare uno straccio di normativa ci sarebbe: l’art 16. del DPR 396/2000 prevede che i matrimoni riconoscibili o meglio trascrivibili in Italia “sono quelli celebrati tra cittadini italiani, ovvero tra un cittadino italiano ed uno straniero, innanzi all’autorità diplomatica o consolare competente, oppure dinnanzi all’autorità locale”. E, sempre a ben guardare, di sesso dei coniugi non parla (a meno che non si voglia interpretare alla lettera e supporre che il suddetto articolo valga solo per nozze omo fra maschi).
Ma nulla (o quasi…) sfugge al nostro solerte ministro Alfano che, pur nel marasma di una piccola cosa come la riforma del mercato del lavoro, pronto si erge con una circolare a domare sindaci irrequieti, specificando come “La disciplina dell’eventuale equiparazione dei matrimoni omosessuali a quelli celebrati tra persone di sesso diverso e la conseguente trascrizione di tali unioni nei registri dello stato civile rientrano nella competenza esclusiva del legislatore nazionale”. Ergo, con buona pace delle autonomie locali, chi avrebbe la competenza si guarda bene dall’esercitarla. Non solo divieto di nuove trascrizioni, quindi, ma anche obbligo di cancellazione di quelle effettuate. Anche di quelle ordinate dal Tribunale, come è successo a Grosseto. Un filo di contrasto fra poteri in una botta sola, insomma. Nonostante gli autorevoli sostegni giuridici che il ministro si piccherebbe di avere.
E nel frattempo, il lunghissimo frattempo che ci separa dalla civiltà, meglio continuare a ignorare il fatto che troppi cittadini (fra le altre cose, contribuenti al pari di altri) non riescono a ottenere un basilare diritto riconosciuto, a vario titolo, pressoché ovunque intorno a noi. Anche in paesi come la Spagna o il Portogallo dove la “cultura religiosa” e le “tradizioni”, comunque le si vogliano intendere, sono assai simili alle nostre.
E nel vuoto normativo merita un plauso l’iniziativa di Giuseppina La Delfa, docente all’Università di Salerno, che già sposata in Francia con la sua compagna annuncia di voler contrarre matrimonio con un uomo in Italia: per non concedere diritti, si rischia di legalizzare involontariamente la bigamia.
Renzi promette la civil partnership alla tedesca, ma dopo. Dopo le riforme, dopo la legge elettorale, dopo la commissione coltivazione fichi d’india nei parcheggi. Sempre dopo. Perché i diritti fondamentali possono attendere. Almeno fino a fine anno, e questa è una promessa. Figuriamoci la realtà. Alfano dal canto suo parla di “violenza inaudita” contro di lui a seguito della circolare, la cui emanazione era già stata anticipata peraltro nell’istituzionale sede di una trasmissione radio. Come se il dissenso a parole, seppur aspro, fosse violento. Ma a prescindere dalle espressioni utilizzate e dalla contrarietà manifestata da più fronti, anche contigue al ministro, nel guardare ai fatti la violenza sembra altrove.
La violenza sta nel misconoscimento del diritto fondamentale all’uguaglianza fra singoli individui , la violenza è nello stupro quotidiano della sfera affettiva perpetrato dall’assenza di diritti civili basici e basilari. La violenza è, e la fa, una circolare che nega un diritto fondamentale e innocuo: innocuo perché in nulla avrebbe diminuito diritti altrui. Fondamentale anche perché il riconoscimento (e non la gentil concessione) avrebbe reso tutti noi un po’ più forti, perché tutti un po’ più uguali e tutti un po’ più con il diritto di esserlo.
Nell’attesa di un segnale da parte di istituzioni volutamente scollate e distanti dal tessuto, dalle aspirazioni, dalle realtà concrete ben presenti in Italia, nell’attesa di una tutela che prescinda da valutazioni dogmatico-confessionali e si adegui ai parametri dei paesi avanzati, nell’attesa che. La violenza continua.
Foto: Globovisión, Flickr