La verità dell’inciucio

par Glaros - scrittura creat(t)iva
sabato 21 marzo 2009


Riporto sotto alcuni estratti dall’articolo di Andrea Camilleri Cos’è un italiano, presente in versione integrale su http://temi.repubblica.it/micromega...;

La riflessione di Camilleri mi sembra poter rappresentare un’efficace introduzione a quella particolare dimensione che, sebbene su di un piano più ‘essenziale’, vado sviluppando nei miei interventi su AgoraVox. In tal senso quello del titolo va inteso come un genitivo oggettivo con il quale si allude al tipo di ’fede’ che caratterizza una certa diffusa politica convergenza o, detto in altri termini, il ’dio’ più diffusamente condiviso. 

La popollare contraddizione tipicamente italica a denominazione d’origine controllata (un ad hoc che rimanda al metastorico H-dere di cui dicevo in http://www.agoravox.it/Uno-due-Etre...), la contraddizione che caratterizza il pensiero delle più dialettiche parrocchie, è quella stessa che sottolineo nell’articolo La cosa Italia, dove tento di mostrarne la sua più intima vera radice.

A proposito di recto e di verso delle medaglie di cui dice Camilleri, e alla luce di una consapevolezza che stenta a maturare, parrebbe che l’ipotesi che vede fusa in Uno la gestione di D’io, De-mon-io e D-nero, non si riveli poi così peregrina. Si tratta invero di quella particolare ’istituzione del cred(it)o’ di cui parlo in http://www.agoravox.it/La-Banca-del...

Tuttavia, di quella diabolica tripartita miscela, il genio italiota non è D certo l’unico esponente. Semmai risulta essere, per molti versi, il più ‘attrezzato’.

Scrive Camilleri: 



Quasi sempre, nella sua lunga storia, l’italiano ha dimostrato di essere esattamente come le particelle di Majorana. Il grande fisico teorico, misteriosamente scomparso nel 1938, elaborò un’ipotesi rivoluzionaria secondo la quale, adopero le parole del fisico Andrea Vacchi, «il partner di antimateria di alcune particelle sono loro stesse». Come dire che non la coesistenza, ma l’inscindibile fusione degli opposti (ne) costituisce l’identità.

 

(...) Non le due facce di una stessa medaglia dunque, ma una medaglia che ha nel recto e nel verso la medesima immagine.

 

(...) Ecco, gli italiani non hanno il senso della Storia, ma della Storiella. Facendo un certo sforzo, riescono a prendere in considerazione la microstoria, ma da queste visioni parziali e minute non riescono a ricostruire la grande visione generale.

 

(...) Quella parte del cervello che ha il compito d’archiviare la nostra vita nel suo insieme (non solo i fatti accaduti nel corso dell’esistenza, ma anche le letture che abbiamo fatto, gli spettacoli visti, i concerti ai quali abbiamo assistito, le mostre alle quali siamo andati) possiede, nell’italiano, una sorta di deleteautomatico che entra in azione assai presto, consentendo una scarsissima autonomia alla memoria.


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