La verità del recupero crediti telefonico. Sfruttamento e dignità sepolta

par arianna
mercoledì 13 marzo 2013

Consiglierei la lettura a tutti coloro che ricevendo una chiamata dalle tante società di recupero crediti, si chiedono chi ci sia dall'altra parte.

Buongiorno a tutti.

Quella che vado a raccontarvi è la mia personale esperienza lavorativa durata tre anni e conclusa con un "recuperi poco e te ne vai a casa".

Ho 42 anni e una laurea in giurisprudenza. Separata e mamma di due bambine, ritrovandomi in seria difficoltà, risposi ad un annuncio di lavoro inviando il mio c.v. Dopo un colloquio conoscitivo mi fu affidato il compito di contattare telefonicamente clienti morosi di una nota società.

La tipologia contrattuale, il solito contratto a progetto. La realtà ben differente.

Turni prestabiliti di 6 ore al giorno mattutini o pomeridiani, ma imposti dall'inizio dal mio responsabile. Paga oraria di circa 4.50 lordi l'ora. Provvigioni sul totale che andavo a recuperare del 5%. I primi mesi una vera e propria tragedia, con buste paga che sfioravano i 500 euro tassate in modo incredibile. Nei mesi successivi cominciò ad andare meglio, con quasi mille euro al mese nette.

Così è continuata per 3 anni. Ovviamente non mi dilungo sul fatto che né le ferie erano pagate e né potevo permettermi di ammalarmi. Tutti coloro che hanno avuto a che fare con le società di recupero crediti, dovrebbero considerare che chi è dall'altra parte ha un compito difficile in un momento difficile. E se si insiste, si utilizza un tono pressante, è soltanto perché l'esattore se non recupera tanto rischia di non mangiare e di essere buttato fuori dall'azienda.

Quattro mesi fa, a causa di problemi di salute, ho cominciato ad assentarmi comunicando all'azienda le mie difficoltà. Inizialmente accondiscendenti, un mese fa mi hanno chiamata a rapporto.

Non potendo buttarmi fuori senza un motivo (per la paura di una mia eventuale azione), mi hanno imposto di lavorare in un orario per me impossibile. Ho fatto presente che, all'ora di pranzo devo essere a casa per preparare il pranzo alle bimbe e occuparmi di loro.

La risposta è stata una.

O così o vai a casa.

Sono andata a casa preda adesso di una profonda depressione. Vogliate concedermi questo sfogo e condividere la mia storia. Queste cose devono finire e se è vero che i contratti a progetto sono fuorilegge, si facciano i controlli e non si consenta più a questi "imprenditori" di calpestare le dignità individuali.

Sono disperata, grazie ad un sistema compiacente che non vigila e non controlla. Mi hanno suggerito di far causa all'azienda. Per ottenere cosa? Precludermi una futura possibilità lavorativa.


Leggi l'articolo completo e i commenti