La tomba De Pedis fa troppo rumore. Spostarla è un modo per tappare le bocche di tutti?
par Notte Criminale
lunedì 14 maggio 2012
E’ "friccicarella" Roma questa mattina alle 6,30. Il sole si alza piano ed assonnato preannunciando una calda giornata ma il venticello, è pungente quanto basta a ricordarci che è ancora troppo presto per scoprirci. Già. Lo penseranno anche i giornalisti che si sono ammassati davanti alla basilica capitolina più chiacchierata della storia: Sant’Apollinare.
Ma lì, a far rabbrividire è ben altro. Sono due storie così ingarbugliate e con così tanti attori che spiegarle o comprenderle dal principio è complicato. Storia, quella di De Pedis, raccontata nero su bianco in pagine e pagine di libri ma anche a colori sul digitale e in analogico.
E l’altra riguarda Emanuela Orlandi. Due casi che non si sono mai risolti. Il primo è quello del boss della banda della Magliana, ucciso in un agguato il 2 febbraio del 1990, anche se ai tempi del suo omicidio l’operazione Colosseo non aveva ancora messo etichette e lasciato un segno forte da attaccare al petto dei delinquenti di quella ormai più famosa banda della Magliana.
Una precisazione che potremmo anche evitare di fare visto che l’appellativo di boss, il De Pedis, se l’era guadagnato, senza nemmeno troppa fatica, durante i suoi “anni d’oro”. De Pedis viene definito un benefattore da famiglia e Chiesa, tanto da giustificarne la sua sepoltura all’interno di una chiesa. Ma non basta. Non basta ai fedeli, non basta agli atei, non basta ai cittadini. Non basta. Benefattore stride con assassino, ladro, usuraio o più ampiamente, delinquente.
E non c’è assolutamente invidia di “pompe funebri”, ma solo ricerca di giustizia nel regno dei vivi ed in quello dei morti. Vuol dire ricerca di una Chiesa scomparsa: una chiesa vera, giusta, sana, d’amore, di giustizia.
Ma, oltre alle spiegazioni sul perché un uomo del suo “calibro” è stato sepolto lì, mille altre risposte ancora dovrebbero essere fornite sull’affaire Orlandi, la ragazza scomparsa il 22 giugno dell'83. Il legame tra Emanuela e la tomba di Renatino era stato sottolineato da una telefonata alla redazione della trasmissione televisiva 'Chi l'ha visto?', nel settembre 2005.
Tre anni dopo, il giugno 2008, erano le parole di Sabrina Minardi ad indicare 'Renatino' come colui che avrebbe eseguito materialmente il sequestro della giovane cittadina vaticana. Sabrina Minardi, amante di Renatino, insieme a Raffaella Notariale, la giornalista che fece lo scoop sull’esistenza della tomba di De Pedis all’interno della basilica, ha scritto un libro (“Segreto criminale” edito dalla Newton Compton), dove mette nero su bianco le sue parole. Parole capaci di far riaprire inchieste per essere poi sminuite o non più ricercate, perché la donna è poco “affidabile”.
Ci auguriamo di no, anche perché la Chiesa deve comunque rispondere a molte più domande e questa mossa, oggi, sembrerebbe più essere una escamotage per chiudere un’inchiesta che vede, ancora una volta, implicato il Vaticano.
Più o meno della stessa opinione è Raffaella Notariale che su facebook scrive: "Temo che apriranno la tomba e chiuderanno l'inchiesta. Per raggiungere l'obiettivo della tacitazione, c'è chi ha urgente bisogno di un capro espiatorio: la Minardi, chi meglio di lei? E' talmente malmessa... Per chiudere l'inchiesta, si ha ovviamente la necessità impellente di sminuire la teste dalla quale è partita. E' il solito meccanismo, ma con un po' di esperienza di retroscena, si sa che questa è la regola. Hanno già cominciato. Che eroi certi colleghi..."
E come darle torto? A tessere e scrivere pagine e pagine più o meno scottanti sui due casi già bollenti, sono stati in molti. Peccato che continuano a tacere le bocche che, invece, dovrebbero parlare, fare chiarezza, più semplicemente: dire la verità.
Ed intanto la chiesa, per un suo ennesimo scandalo, è oggi assediata da giornalisti, curiosi, turisti, forze dell’ordine (chissà magari a distanza, senza dar troppo nell’occhio o mimetizzati tra la folla, ci sono i vecchi amici conosciuti veramente a pochi ma per lo più a tutti). E, mentre i legali di De Pedis, che probabilmente verrà sepolto nel ciminetro di Prima Porta, hanno raggiunto già la basilica, anche il fratello di Emanuela, Pietro, pare aver preso in considerazione la possibilità di un’archiviazione del caso: "Non credo e soprattutto non mi auguro che lì dentro ci sia Emanuela. Ma penso che questo sia un passo importante, a patto che non si voglia mettere la parola fine alla vicenda: insomma e' solo una pista, non ci si deve fermare alla questione della sepoltura".
La Basilica nel cuore della capitale è off limits, protetta da un cordone di agenti di polizia ed alcuni carabinieri. Poco fa sono entrati anche i marmisti, gli operatori che avranno il compito di aprire la tomba di Renatino e, nella cripta, è appena entrato il procuratore aggiunto, Giancarlo Capaldo, seguito dal capo della Squadra Mobile di Roma, Vittorio Rizzi.