La terza guerra di Libia. È già una sconfitta

par Daniel di Schuler
lunedì 21 marzo 2011

"A un secolo esatto di distanza dalla sua conquista, l’Italia sta perdendo definitivamente la Libia; comunque vadano a finire le cose, tra un baciamano e un giro di valzer diplomatico, nelle nuova Libia, che vi resti Gheddafi o vadano al potere altri, l’Italia conterà nettamente di meno".

Più ci penso e meno mi piace questa ennesima nostra guerra di Libia.

Non mi sono ancora formato una vera opinione a riguardo; con buona pace di chi mi dà del tuttologo, ne so troppo poco di quel paese, al momento, per farlo.

Non so nulla di chi siano i ribelli, come credo quasi tutti, per iniziare, e, soprattutto, non ho nessun idea dei loro scopi.

Sono dei sinceri democratici o no? Vogliono sostituire il regime di Gheddafi con una democrazia liberale? Con una "quasi democrazia"? Vogliono istaurare un altro regime? E se fosse così, di che tipo? Un regime islamico? Tutte domande a cui io non so rispondere come pure non so se i ribelli puntino o meno a creare una Cirenaica indipendente e non ho idea né di quale sia il consenso di cui continua a godere Gheddafi nel paese, né di quali siano i meccanismi che lo alimentano.

Io so per certo d'aver sottovalutato l'elemento tribale, nelle mie dilettantesche speculazioni sull'evolversi della situazione libica, e, se pure ho compreso che inglese e facebook non fanno occidente, ho anche, come tanti, dato per spacciato Gheddafi troppo in fretta.

Mi consolo, si fa per dire, pensando che non molto meglio di me ha fatto la comunità internazionale; che non molto più di me sembrano sapere il nostro governo e quelli degli altri paesi dell'occidente.

Questo mi porta alla prima delle poche conclusioni che, al momento, mi sento in grado di trarre: i servizi d'informazione occidentali, ed in particolare quelli italiani, che non hanno dato nessun preavviso del possibile scoppio della rivolta, se non quando era sul punto d'avvenire, in Libia hanno clamorosamente fallito. I responsabili politici di tali servizi dovrebbero essere chiamati a riferire in Parlamento delle ragioni di questo fallimento e invitati a dare le dimissioni mentre la nostra intelligence nella zona, un tempo considerata ottima, va assolutamente rivista: non possiamo essere sorpresi a questo modo da eventi che accadono nel nostro immediato retroterra strategico.

La seconda conclusione che posso trarre e che, a un secolo esatto di distanza dalla sua conquista, l’Italia sta perdendo definitivamente la Libia; comunque vadano a finire le cose, tra un baciamano e un giro di valzer diplomatico, nelle nuova Libia, che vi resti Gheddafi o vadano al potere altri, l’Italia conterà nettamente di meno.

Spero che il nostro Presidente del Consiglio abbia imparato la lezione: non si può fare politica estera basandosi sui rapporti personali con questo o quel leader; gli stati restano, ma i loro capi cambiano, prima o poi, per essere sostituite dai loro oppositori.

Da ultimo devo amaramente costatare che l’Italia ha dato, nei confronti della comunità internazionale, la solita prova d’inaffidabilità; amicissimi dei Gheddafi fino a ieri ci siamo precipitati a saltargli addosso come partner d’assoluta minoranza di una coalizione in cui contiamo poco o nulla.

Fummo pessimi a baciar le mani al dittatore e scellerati nel firmare quell’accordo di cooperazione - spero sempre che, per i respingimenti verso la Libia, e per quel che in Libia accadeva ai respinti Gheddafi e i suoi complici italiani vengano processati per crimini contro l’umanità - ma pure patetici, i soliti voltagabbana, stiamo ora apparendo agli occhi del mondo. Una posizione “alla tedesca”, mi dico oggi, non avrebbe messo i bastoni tra le ruote ai nostri alleati, ci avrebbe “salvato la faccia” e, forse, messo nelle condizioni di contare qualcosa se si dovrà arrivare ad una soluzione negoziata della crisi; per una volta mi trovo, per ragioni molto diverse, d’accordo con Bossi: incredibile.

Detto questo, non ho il minimo dubbio che l’intervento occidentale, anche limitato alla componente aerea, cambierà in modo drammatico il bilancio delle forze in campo

La Libia, il paese che ha conosciuto i primi bombardamenti aerei della storia (li facemmo noi nel 1911; un altro contributo, spesso dimenticato, del genio italico al progresso) è un terreno quasi perfetto per l’impiego dell’aviazione. Con il proprio spazio aereo dominato dagli avversari Gheddafi, non potendo spostare truppe e mezzi, sarà condannato all’immobilità strategica e ben difficilmente potrà portare a termine la sua reconquista.

Vincere la guerra, perlomeno in questa fase, potrebbe quindi rivelarsi facile.

Temo però che come in Iraq e in Afghanistan sarà poi impossibile vincere rapidamente la pace; che nessuno, oggi in Libia come ieri in quei paesi, abbia idea su che fare dopo.

Spero che prima d’inviare un solo alpino o bersagliere, se mai si arriverà a questo, il nostro governo abbia una chiaro progetto. Che, di concerto con gli alleati, abbia sviluppato un piano con ben chiari obiettivi e, soprattutto, con chiare idee su quali siano i tempi necessari a conseguirli.

Tutto possiamo permetterci, un secolo dopo la prima, che restare impantanati in un'altra trentennale pacificazione libica.


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