La svolta di Teheran: una nuova era tra Israele e Iran?

par Fabio Della Pergola
lunedì 9 settembre 2013

Alla notizia, già positiva di per sé, degli auguri di buon Rosh Hashanah (buon anno) rivolta dal nuovo Presidente iraniano Hassan Rouhani agli ebrei in occasione del loro capodanno (anche se qualcuno ha messo in dubbio la veridicità del Tweet presidenziale), se ne aggiunge una più sottile, ma forse ben più importante.

L’inaspettato giro di auguri avrebbe coinvolto - secondo il quotidiano israeliano Haaretz - anche il nuovo Ministro degli Esteri di Teheran, Javad Zarif, che avrebbe risposto sempre su Twitter (e qui di smentite pare che ancora non ce ne siano) ad una raffica di cinguettii, fra cui quello, vagamente provocatorio, dell’attivista americana Christine Pelosi, figlia della speaker democratica Nancy Pelosi, che non aveva esistato a scrivergli: "Il nuovo anno potrebbe essere ancora più dolce se finisse il negazionismo iraniano dell’Olocausto, signore".

Del tutto sorprendente l'immediata risposta del ministro di Teheran: “L’Iran non l’ha mai negato. L’uomo che era stato percepito come negazionista ora se n’è andato. Felice anno nuovo”.

Il citato “uomo ormai andato”, è intuibilmente l’ex presidente Mahmoud Ahmadinejad, che nel 2006 organizzò a Teheran un convegno internazionale negazionista.

Uno scambio di tweet un po' troppo impegnativo fra persone dal profilo politico così alto per poterlo considerare del tutto casuale.

Quella che sembra a tutti gli effetti una svolta significativa, per quanto tutta da interpretare, del regime iraniano non contiene quindi solo un generico segnale di apertura verso gli ebrei in senso lato (in particolare verso gli ebrei iraniani), quanto un cambiamento di rotta radicale rispetto alle precedenti manifestazioni, plateali, di antisemitismo che in tutta la storia della Repubblica Islamica, fino dal 1978, ha preso le forme "classiche" ben conosciute in Europa, con la stampa ripetuta dei falsi Protocolli dei Savi di Sion ad esempio (peraltro diffusi ampiamente in tutto il mondo arabo) o di altri libelli antisemiti come il classico di Henry Ford L'ebreo internazionale, il problema più importante del mondo, che ispirò Hitler nella stesura del suo Mein Kampf.

Ma mai come nel caso di Ahmadinejad il negazionismo è stato così manifestamente fuso con l’antisionismo, cioè con l’opposizione al nazionalismo ebraico e allo Stato di Israele che ne è stato indirettamente il prodotto. Fino al punto di sostenere che l’Olocausto era una “favola”; "favola" inventata perché gli ebrei potessero avere "come risarcimento" il loro stato in Palestina.

Negando la Shoah si vogliono cioè negare le radici storiche dello Stato di Israele poiché è noto che se in Europa non si fosse affermata per un decennio la politica nazista, con la sua tragica prassi sterminatoria, ben difficilmente lo stato ebraico avrebbe potuto vedere la luce; i dati dell'immigrazione ebraica in Palestina negli anni '20-'30 e '40 lo dimostrano ampiamente.

Con la negazione dello sterminio degli ebrei europei la nascita di Israele viene ricondotta ad una pura e semplice operazione ideologica, di stampo colonialista, del nazionalismo ebraico, non, come è stato in realtà, la ricerca - prima, durante e dopo la guerra - di confini sicuri in uno stato-rifugio.

Riportare tutto al colonialismo europeo, solleticando così il terzomondismo ideologico, era il vero fine di Ahmadinejad che si è invece sempre premurato di distinguere tra giudaismo e sionismo, fino al punto da avere uno stretto contatto e cordiali rapporti con il movimento ebraico ortodosso dei Neturei Karta, da sempre oppositori, per motivi religiosi, del nazionalismo ebraico.

La fine del negazionismo iraniano, che sembra essere una vera novità di questo cambiamento di regime a Teheran e del nuovo anno ebraico (il 5774), potrebbe riportare il confronto a quello, ben più sensato e umano, di Edward Said, il grande intellettuale palestinese intransigente e fiero oppositore senza compromessi delle politiche israeliane, che definendo il suo popolo “vittima delle vittime” osservava come la tragedia palestinese fosse oscurata dalla Shoah ebraica, di cui però - implicitamente - non negava la tragica realtà storica.

Eliminando il negazionismo dal suo armamentario ideologico, Teheran potrebbe dunque voler gettare le basi per una nuova interpretazione di Israele per la storia ebraica recente, non più come un prodotto "canceroso" del colonialismo europeo da estirpare.

E teoricamente ciò potrebbe contribuire a contenere - se non ad abbassare - anche l'ostilità fra Israele e le organizzazioni più radicali dell'opposizione islamista irriducibile che hanno agìto, fino ad oggi, come emissari o alleati di Teheran ai confini dello stato ebraico; Hezbollah e Hamas in primo luogo.

Forse un po’ troppo poco e un po’ troppo presto per dire se i difficili rapporti tra lo stato ebraico e la repubblica islamica possono aver imboccato una strada più soft, ma è comunque un segnale, nuovo e inaspettato, da non sottovalutare.

 

Foto: Amir Farshad Ebrahimi/Flickr

 


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