La straordinaria ripresa delle Banche italiane

par Ghigo Elli
martedì 9 settembre 2008

Le Banche italiane motore dell’economia italiana, e non solo...

Vent’anni fa non ci avremmo creduto e forse ancora oggi qualcuno mostra un inspiegabile scetticismo. Qualche tempo fa le banche italiane sono state elogiate pubblicamente addirittura dal Financial Times che ne ha evidenziato la solidità finanziaria e la capacità di rimanere immune dalla tempesta dei mutui subprime. Una vera attestazione di stima che ha premiato il percorso compiuto dagli Istituti di credito italiani negli ultimi quindici anni. Oggi tra le prime banche del mondo ve ne sono due ( Intesa-San Paolo e Unicredit) della nostra penisola. E ce n’è persino una ( Banco Popolare) che in un anno ha scalato ben nove posizioni e punta all’utile record di novecento milioni di euro a fine anno. Questo, in un panorama in cui l’espansione sembra essere la parola d’ordine, tanto che persino Istituti solidi ma a forte impronta locale come il Monte de Paschi di Siena hanno deciso di sbarcare in aree geografiche estremamente competitive e concorrenziali ( ovvero il nord est d’Italia).

Si dirà che è stata la crisi dei mutui subprime a spianare la strada alle banche italiane, penalizzando invece gli Istituti di credito statunitensi. Ma gli errori compiuti sono indice anche di un sistema che non reggeva più. Se Gli Stati Uniti d’America nazionalizzano le loro due agenzie di mutuo più fiorenti ( la Fanni Mae e la Freddie Mac) significa sicuramente che qualcosa non è andato per il verso giusto nella gestione finanziaria e del credito . Non bisogna, tuttavia, confondere come si fa spesso la causa con l’effetto. Il circolo virtuoso che hanno imboccato le banche italiane non è stato determinato da eventi contingenti, ma si è concretizzato anno dopo anno, grazie alla lungimirante regia di un intero sistema. Verso la metà degli anni ’90, infatti, esimi rappresentanti del mondo politico ed economico italiano invitavano i nostri Istituti bancari a prendere misure drastiche per la ristrutturazione di un settore che pareva caratterizzato da inefficienze e criticità. La riorganizzazione è avvenuta repentinamente e non senza creare degli scossoni all’interno dei singoli comparti lavorativi, dove il personale dipendente ha dovuto rinunciare a congrue pretese economiche, per finanziare l’uscita dei lavoratori in esubero. Alla fine del risanamento le Banche hanno cominciato a produrre utili e da quest’anno i dipendenti bancari hanno potuto usufruire per la prima volta, dopo una decina di anni, di un contratto collettivo soddisfacente in termini retributivi.

In un sistema come quello italiano, dominato da piccole e medie imprese talvolta in difficoltà con le nuove e più dure regole di un mercato ampiamente globalizzato, gli Istituti di credito italiano sono tra le poche grandi aziende che mostrano un alto profilo e prospettive di crescita consistenti. E se i piccoli risparmiatori hanno certamente qualcosa da eccepire riguardo alle spese sui conti correnti, al rispetto delle regole sulla portabilità dei mutui e a certa consulenza gestita più con gli ingredienti della disinvoltura che con quelli della saggezza, la verità è che le Banche italiane sono attualmente uno dei pilastri della debole economia italiana.

 

 


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