La soluzione rapida alla crisi? Boicottare i prodotti tedeschi
par alfadixit
giovedì 9 agosto 2012
La speculazione sta penalizzando la nostra economia costringendoci ad alti tassi di interesse. Ma si ha l’impressione che non sia solo un problema di mercato o di fiducia, emerge una precisa strategia per avvantaggiare alcuni paesi a scapito di altri.
Non esiste una ragione oggettiva che giustifichi uno spread così elevato fra i nostri titoli di stato e quelli tedeschi. Questo almeno è ciò che dicono quasi tutti gli economisti indipendenti. E’ senz’altro vero che il nostro paese è in conclamata recessione, dice l’Istat, è ancora vero che abbiamo un debito pubblico eccessivo, ma è altrettanto vero che l’apparato produttivo, sebbene un po’ acciaccato, è pur sempre il secondo d’Europa, che le esportazioni non vanno poi così male, seppur in un clima mondiale di paura e sfiducia, ed è poi ancora più vero che abbiamo messo in cantiere riforme importanti per contenere la spesa tanto che si mormora da più parti un possibile pareggio di bilancio l’anno prossimo. Ma lo spread è sempre li, granitico, non scende. Ci troviamo costretti a finanziare il nostro sistema ad un tasso di interesse altissimo. E mentre il nostro tasso aumenta, quello della Germania scende perché, nell’incertezza, i capitali preferiscono una bassa remunerazione ma la sicurezza della conservazione, il basso rischio insomma, proprio ciò che la Germania può oggi offrire. E poi c’è la speculazione che trova terreno fertile in un’Europa delle parole, incerta, incapace di decisioni serie ed efficaci, un’armata Brancaleone insomma che fa un passo avanti e due indietro. Come i gamberi. Inoltre non avendo noi una banca centrale propria, non possiamo prendere contromisure adeguate, stampando moneta, per esempio.
Non posso però pensare che questo clima di incertezza sia solo conseguenza della burocrazia dell’elefante europeo. E’ a questo punto chiaro che esiste un preciso disegno politico da parte della Germania per favorire l’indecisione, per finanziare cioè il proprio debito pubblico, e le proprie imprese, a tassi ridicoli. E’ una pura questione economica, come ha scritto recentemente De Bortoli su Corriere, un usura della Germania nei confronti dei paesi che in questo momento sono preda della speculazione. Spagna e Italia in primis. Difficile pensare che si tratti di pura coincidenza l’atteggiamento degli ambienti politici e dei media tedeschi, sempre così pronti ad attaccare qualsiasi cosa possa aiutare a dare certezze ai mercati. Prima Mario Draghi e poi Mario Monti, gli unici con un carisma tale da poter far fronte alla oligarchia germanica.
Draghi è stato attaccato per aver ipotizzato l’acquisto di titoli di stato di quei paesi in difficoltà da parte della BCE. Cosa lecita e per altro anche non troppo dispendiosa qualora venisse portata avanti seriamente. Monti invece è stato furiosamente criticato per aver detto che in queste situazioni “se i governi non mantenessero un certo margine di manovra rispetto ai parlamenti la disintegrazione dell'Europa sarebbe più vicina”. Una frase forse più rivolta all'Italia che alla Germania, ma che se strumentalizzata, come è successo, offre un ottimo spunto per veicolare all’opinione pubblica il messaggio che saranno proprio loro, i contribuenti tedeschi, a pagare i nostri debiti, quelli delle “cicale”.
In realtà è l’esatto contrario, mica siamo stupidi, ma fomentando il populismo si ottengono due sorprendenti risultati. Ci si guadagna economicamente alle spalle degli altri e si vincono le elezioni. Quindi avanti a tutta forza con lo “status quo”, fare propaganda per non cambiare nulla. Una storia che noi in Italia conosciamo bene, ma che evidentemente ha fatto proseliti anche al di là delle Alpi. Del resto si sa, “pecunia non olet”. Per non parlare poi del “Bundestag”, il parlamento tedesco che ha deciso di andare prima in vacanza e poi, a settembre, forse, si voterà sulle decisioni prese dal vertice europeo di Giugno per stabilizzare i mercati. Tradotto in altri termini, prima ombrelloni e coni gelato, poi la crisi, con calma che d’estate si suda.
C’è anche da dire che noi proprio ce la mettiamo tutta a remare contro. Si deve infatti riconoscere che la parola “solidarietà”, da noi spesso invocata, assume nel nostro paese un’accezione via via cangiante, a seconda della latitudine. Al nord, come in Germania del resto, significa aiuto temporaneo per qualcuno in difficoltà, ma, man mano che si scende verso il Sud dello stivale, cambia di significato, passando dall’assistenzialismo per finire al clientelismo del “teniamo famiglia”. Proprio quello che i tedeschi temono di più. Del resto se è chiaro a noi, figuriamoci nel teutonico “Quarto Reich”, come lo ha definito recentemente, forse esagerando, un quotidiano nazionale.
L’unico modo concreto che abbiamo per far sussultare il “golia” tedesco è boicottare i loro prodotti. Specialmente il settore auto, un vero e proprio pilastro della locomotiva. Del resto i tedeschi sono stati bravissimi a fare buone macchine, ma molto meglio hanno fatto sul fronte del marketing. In verità, conoscendo da decenni questo settore, l’auto appunto, posso senz’altro affermare che le macchine tedesche sono indubbiamente buoni prodotti, ma di fatto costruite con gli stessi componenti di tutte le altre auto del mondo. Ormai pochi sono i fornitori qualificati, praticamente identici gli standard qualitativi, e di fatto, l’industria dell’auto è mero assemblaggio. Il resto è pura fornitura. E copiare è pure semplicissimo. Del resto da noi si sa, qualunque “cacchetta fumante” proveniente dall’estero si trasforma magicamente, passando il confine, in deliziosa Nutella. Importiamo di tutto, vino dalla Norvegia, gelato dalla Svizzera, pomodori dall’Olanda, pizza dall’India. E se ne leggono pure recensioni entusiastiche. Figuriamoci il resto.
Autoflagellarci, sputando pure nel piatto dove mangiamo ci è congeniale, decisamente lo sport nazionale, forse prima del calcio. Proprio come i francesi, gli inglesi, gli stessi tedeschi, tanto per fare qualche esempio. Ma certo la guerra commerciale non conviene a nessuno, specialmente in questo periodo, forse a noi meno che ai tedeschi, ma restare passivi accettando di essere preda dell’usura bancaria mentre i tedeschi se la ridono coi nostri soldi è anche peggio. Meglio la guerra subito che morire soffocati lentamente.