La seduzione della sedizione

par Giovanni Maria Sini
lunedì 17 dicembre 2012

Hanno ragione d’essere tutte queste polemiche?
Perché continuare ad occuparsi di un simpatico comico – rimasto tale – che pare ispirarsi a modelli da Repubblica islamica iraniana?

Si può riporre fiducia verso chi non ha alcuna considerazione e rispetto per le idee altrui, si sottrae al confronto e non garantisce nessuna tutela alle eventuali minoranze interne al Mo Vi Mento? Ha senso analizzare il caravanserraglio che Grillo ha messo in piedi? E, soprattutto, che ragione abbiamo di favorire, dopo i nominati, l’ascesa di nuovi parlamentari obbedienti e sottomessi?

Sono domande ispirate ai requisiti minimi di democrazia interna che dovrebbero animare la vita dei partiti o dei movimenti politici.

È però probabile che, tenuto conto dell’identità “personalistica e carismatica” che ha assunto (suo malgrado o scientemente) anche il Mo Vi Mento 5 stelle, rilievi e obiezioni di questa natura non abbiano più alcun senso, perché chi decide di aderire, con la necessaria consapevolezza, è chiamato a sottostare all’insindacabilità dei giudizi, degli umori e dei malumori del suo capo indiscusso.

È identica caratteristica a quel che è stato, sino ad oggi, il Popolo della Libertà che, non a caso, nell’art. 1 del suo statuto si definisce anch’esso “movimento di donne e di uomini” e non partito. O quel che è stata l’Italia dei Valori costruita attorno alla figura di Di Pietro, oppure il Partito Radicale sempre legato al carisma di Marco Pannella (che, a suo tempo, se avesse potuto godere della stessa amplificazione mediatica concessa a Grillo, avrebbe dato vita ad un più meritorio Partito Radicale di massa).

Nel caso del Mo Vi Mento in questione il sottinteso, non esplicitamente espresso nel “non statuto”, per chi si “associa”, è oramai chiaro: la democrazia è diretta da chi ne fa beffe (Grillo) e da un apocalittico alchimista, con misteriose doti informatiche, desideroso di coronare i suoi grilli per la testa. Uno scrive, l’altro posta e sugli infedeli domina e vige la legge sull’apostasia.

L’assoluta noncuranza, rispetto a qualsiasi opposizione democratica che si è manifestata all’interno, è da sempre apparsa chiara e netta: non c’è spazio per il dibattito, il civile confronto delle idee, la discussione sulle regole nella home page (sede) del Mo Vi Mento.

Addirittura, in un memorabile post gli oltraggiosi moti sediziosi, vergati in una conversazione su un forum privato, sono stati resi oggetto di puntuali colpi di verga del comico censore.

Nella pressochè totale assenza di regole stabilite e condivise o in presenza di proposizioni dogmatiche, nella visione monocratica e nella prospettiva unidirezionale d’una democrazia che non tiene conto di inutili particolari, l’ordine è solo uno: adattarsi o arrendersi alle condizioni del grande dettatore.
À la guerre comme à la guerre!

In questo storico frangente c’è un solo obbligo morale, civile e politico: incensare il censore.
Così viaggiano e vanno gestite la libertà e la democrazia nel Mo Vi Mento nato e mortificato in rete.


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