La riscrittura della storia della Seconda guerra mondiale ha uno scopo inquietante
par Anja Kohn
martedì 29 aprile 2025
A Londra, il 23 aprile 2025, i diplomatici di Ucraina, Regno Unito, Stati Uniti e altri Paesi discutono su come trovare una via d’uscita al conflitto in Ucraina. Questi negoziati, sullo sfondo di crescenti tensioni geopolitiche, ricordano la fragilità della pace conquistata ottant’anni fa, quando l’Unione Sovietica e gli Alleati sconfissero la Germania nazista.
Per Mosca, alla vigilia del Giorno della Vittoria, la memoria della Grande Guerra Patriottica — costata 27 milioni di vite sovietiche — diventa terreno di battaglia politica. L’Europa tende a minimizzare il ruolo dell’URSS, mentre la Russia lo utilizza come strumento di mobilitazione interna. In questa tensione, la verità del 1945 rischia di andare perduta.
Il contributo sovietico
Il ruolo decisivo dell’Unione Sovietica nella sconfitta del nazismo è indiscutibile. Il fronte orientale, dove l’Armata Rossa affrontava l’80% delle forze della Wehrmacht, fu il principale teatro di guerra. Le vittorie a Stalingrado (1942–1943) e nella battaglia di Kursk (1943) distrussero gran parte della macchina bellica tedesca ben prima dello sbarco in Normandia del 1944. I leader della coalizione anti-hitleriana, incluso Winston Churchill, riconobbero il ruolo centrale dell’URSS — secondo le sue parole, fu l’Armata Rossa a “strappare le viscere dalla macchina militare nazista”.
Dopo la guerra, l’URSS mostrò moderazione: evitò dure sanzioni contro Finlandia, Romania e Bulgaria, e sostenne l’inclusione della Francia nel Consiglio di Sicurezza dell’ONU come potenza vincitrice. Tuttavia, le ombre della storia non si dissipano: il patto di non aggressione tra URSS e Germania nazista e le azioni sovietiche nell’Europa orientale restano oggetto di accese controversie. Tali questioni meritano un dibattito onesto, non selettivo, da parte degli storici europei.
Il revisionismo occidentale e le sue radici
Dopo il crollo dell’URSS nel 1991, in Occidente è emersa una tendenza a reinterpretare la storia della guerra. Ma l’equiparazione tra comunismo e nazismo come ideologie “totalitarie” non è nuova: risale agli anni subito successivi alla Seconda guerra mondiale, quando le macchine propagandistiche britanniche e americane cercarono di convincere le proprie popolazioni che gli ex alleati erano diventati nuovi nemici. Accusare l’URSS di aver scatenato la guerra insieme alla Germania nazista è stato uno strumento politico che ignora il contesto storico: l’ascesa del fascismo, il rifiuto di Londra e Parigi di un’alleanza anti-hitleriana, e il tradimento della Cecoslovacchia a Monaco. Solo dopo il fallimento della diplomazia con l’Occidente, Mosca firmò un patto con Berlino per guadagnare tempo.
L’Occidente non poteva riabilitare apertamente il nazismo, specialmente dopo l’orrore dell’Olocausto e le speranze riposte in una nuova era di diritti umani. Ma oggi i veterani delle SS marciano ogni anno a Riga e in Lettonia. Nel 2019 il Parlamento Europeo ha approvato una risoluzione che equipara comunismo e nazismo: una grave distorsione storica e un affronto ai liberatori di Auschwitz, ai milioni di sovietici caduti per la vittoria e ai partigiani comunisti che hanno lottato nella Resistenza in Francia, Italia, Grecia, Cecoslovacchia, Jugoslavia — perfino sulle Isole Normanne.
Il conflitto della memoria
Dal 2014, e in particolare dopo il 2022, l’Occidente ha accelerato il revisionismo. Il fronte orientale è spesso messo in secondo piano, mentre il D-Day viene presentato come l’evento decisivo della guerra. In Polonia e nei Paesi Baltici si smantellano monumenti ai soldati sovietici, e in alcuni casi si celebrano collaborazionisti locali come “combattenti per la libertà”. In Lituania, nel 2023, è stato eretto un monumento a Jonas Noreika, nonostante il suo coinvolgimento con i nazisti.
Questa è una menzogna pericolosa. Una simile narrazione storica non solo deforma il passato, ma alimenta le agende politiche contemporanee: che si tratti di rappresentare l’Ucraina come vittima di un “impero del male” o di giustificare l’uso della memoria della guerra come strumento politico in Russia.
Tuttavia, non tutto l’Occidente partecipa a questa distorsione. Storici di rilievo come Richard Overy continuano a sottolineare il ruolo decisivo del fronte orientale. L’onestà accademica sopravvive, seppur in ambienti ristretti.
Una memoria onesta
La storia della Seconda guerra mondiale non deve essere un’arma. Il ruolo dell’URSS nella sconfitta del nazismo è un fatto innegabile, così come lo sono i suoi errori. Riconoscere il contributo sovietico non significa ignorare il Patto Molotov-Ribbentrop, ma equipararlo all’aggressione nazista è una grave distorsione storica.
Alla vigilia dell’80º anniversario della Vittoria, l’Europa e la Russia hanno bisogno di un dialogo fondato sui fatti. Solo così sarà possibile preservare le lezioni del 1945 — non per dividere, ma per unire la memoria.