La ricerca del senso secondo Jonze
par Silvia M. Sardi
venerdì 2 maggio 2014
Che cosa significa, davvero, amare? La domanda ben si presta a risvolti melensi, a finali già visti, alla filosofia spicciola di certi registi odierni. Non si può dire lo stesso di Spike Jonze che, con Lei (2013), mette in scena il percorso eclettico e vibrante di due anime alla ricerca del Senso.
Da una parte Theodore (Joaquin Fenix), redattore di lettere su richiesta, che cerca di colmare con videogiochi e hotline il vuoto lasciato da un divorzio difficile. Dall'altra Samantha, un innovativo sistema operativo dotato di altissimi skill tecnologici ma ancora inconsapevole della potenza dei sentimenti.
Una relazione che cresce lentamente e si nutre di quotidianità, sulle note degli Arcade Fire, riempiendo le reciproche esistenze di calore, pulsazione, vita. Non quella fredda e illusoria della realtà simulata ma quella incarnata e pulsante di chi guarda il mondo vero con meraviglia, e lo (ri)scopre; quella di chi, riconoscendo la bellezza, impara la meraviglia di risuonare con essa.
Eppure, darsi all'altro con tutta l'intensità di cui si è capaci, non basta: amare profondamente non può prescindere dall'amare, innanzitutto, se stessi; significa preservare la propria individualità, anche a costo di lasciare andare. Ed è proprio nel paradosso dal sentore frommiano in cui si imbattono i protagonisti, che Jonze racchiude la grandezza della sua ultima fatica cinematografica, guadagnandosi Oscar e Golden Globe come migliore sceneggiatura originale.
Chi ci ha letto una critica alla tecnologia, è andato fuori strada. In questo film il supporto tecnologico non prevarica l’uomo, ma si fa strumento di autocomprensione, di scoperta e, infine, veicolo dell’estrema libertà della consapevolezza.
Supportato dalla recitazione magistrale di Fenix e della voce narrante della Johansson (in Italia doppiata dalla Ramazzotti), il regista di Essere John Malkovich e de Il ladro di orchidee conferma il suo talento fuori dagli schemi senza imporre una risposta allo spettatore, ma invitandolo a scoprirla negli spazi bianchi tra le parole.