La politica ha smesso di occuparsi del "bene comune"

par LIBERALVOX SocialNetwork
martedì 3 marzo 2009

Perchè la politica non si occupa più del bene comune? La questione è molto dibattuta tra la gente... comune, ma non sfiora neanche minimamente i politici. Quasi che il problema non li riguardasse. La politica di oggi, lontana dal principio del bene comune, è corrotta, oligarchica, ridotta a marketing, a spettacolo di bassa qualità, in onda a tempo pieno sui media. E’ una politica asservita alla logica del marketing. Una politica che costruisce i messaggi e i comportamenti in base alle preferenze espresse dal pubblico a cui si rivolge: i sondaggi d’opinione fanno la politica di oggi! Ma se la Politica, serva dell’Opinione Pubblica, non si interessa al Bene Comune forse è perché il bene comune non interessa più di tanto all’opinione pubblica. Se non a parole.


D’altronde, da molto tempo il Bene Comune gode di scarsa reputazione. Sotto diversi punti di vista e per diverse ragioni, che riguardano entrambi i termini del concetto. Anzitutto il "Bene", da parecchio tempo, è considerato male. Chi lo predica è considerato un idealista, un sognatore, un fesso, un cacciatore di nuvole, visto che gli ideali sono vaporosi, mutevoli e viaggiano rapidi. Ma soprattutto: è ritenuto un debole. Vizio imperdonabile al tempo dei "cattivi", degli intolleranti, degli sceriffi, delle ronde, dei giustizieri. I nemici del "buonismo" - il pensiero debole fondato sul bene - godono di grande consenso, oggi, perché "rassicurano": solo i cattivi possono difenderci dai cattivi che ci minacciano.

L’altro termine del concetto, "Comune", è ancora più usurato. Non si sente più nominare. Se qualcuno ne parla è solo per sbaglio. E, quindi, si scusa e si corregge subito. D’altronde, veniamo da secoli di celebrazione del privato, dell’individuo, della specificità e della differenza. Ciò che è in "comune" non è di nessuno. Per cui è senza valore. Tanto più se viene associato al Pubblico, che, a sua volta, è perlopiù associato allo Stato. E tutto ciò che è Pubblico e Statale viene guardato con disprezzo! Pensate al Pubblico Impiego. Agli Statali. Ai Professori. Genia di fannulloni. Si salva solo il pubblico con la "p" minuscola. Il pubblico televisivo, il pubblico dei giornali, il pubblico fatto di spettatori che assistono - indifferenti - alla politica, alla cronaca rosa e nera, alle partite di calcio. Eternamente passivi davanti agli schermi e ai media.


"LO STATO", "IL PUBBLICO", quella stessa opinione pubblica li invoca solo in caso di emergenza, come pronto soccorso,
dove si arriva in condizione di necessità e di urgenza e per questo ogni intervento sembra sempre tardivo, ogni terapia inadeguata. Così l’esasperazione e il risentimento, invece di sopirsi, si accendono ancor di più. Per cui è difficile che la politica persegua il "bene comune", guardato dalla società con sospetto misto a dileggio. Certo, il lettore disincantato, lo spettatore critico potrebbero avanzare il sospetto che la realtà sia diversa. E osservare che il "bene comune" non è scomparso. Anzi, muove i sentimenti e i comportamenti di gran parte delle persone. Basta pensare all’agire altruista e solidale.

A quanti - tanti - fanno donazioni, dedicano parte del loro tempo ad attività volontarie. A quanti - tanti - si impegnano, nel loro quartiere e nel loro paese - per fini "comuni". Nella tutela dell’ambiente, del paesaggio, in azioni caritative. A quanti - tanti - si mobilitano a sostegno di valori universali. La pace, la solidarietà, il lavoro. Potrebbe, il lettore controcorrente, segnalare come il malessere sociale dipenda, almeno in parte, proprio dalla povertà di spazi, luoghi, occasioni dedicati al bene comune. Alla vita di "comunità". Perché il bene comune non serve solo al bene comune ma anche al bene/essere di chi lo persegue e lo pratica. Perché agire in "comune", per il bene "comune" soddisfa il "proprio" bene. Il proprio bisogno di identità, di riconoscimento. Perché abbiamo bisogno di altruismo e di comunità. Ma, appunto, si tratterebbe solo di provocazioni. Per scandalizzare e, magari, far parlare i media.

Guai a dire alla gente che è meglio di come è dipinta ed essa stessa si dipinge. Che, anche se non lo vuole ammettere, se non ne vuol sentir parlare: contribuisce al "bene comune". Guai. Penserebbe che la prendi in giro. Peggio: che la insulti e intendi metterla in cattiva luce. Meglio rassegnarsi, allora. Essere duri, inflessibili. Dei mostri. Infelici. Almeno in pubblico. E per consumare la dose quotidiana di "bene comune" di cui abbiamo bisogno, meglio attendere. Quando e dove nessuno ci vede. Da soli, in famiglia o in associazioni e circoli specializzati!
 
 

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