Lega: partito pericoloso come un’organizzazione criminale?

par Daniel di Schuler
venerdì 21 ottobre 2011

Un’organizzazione contraria allo Stato esercita il proprio controllo su circa un terzo del territorio nazionale. In alcune zone è talmente potente che i cittadini non possono fare nulla senza venire a patti con essa; nel resto di quella vasta area, ha comunque la possibilità d’impedire a chiunque di portare a termine i propri progetti: se non può fare, insomma, può impedire di fare.

E’ una forza dichiaratamente anti-italiana, nata dalle debolezze dello Stato unitario e che dalla debolezza dello Stato trae la propria forza. Presentandosi ai cittadini dei territori che controlla come l’unica organizzazione in grado di fare i loro interessi, in grado di difenderli dalle imposizioni di un governo centrale dipinto come lontano e vessatorio, è arrivata a costituire un vero e proprio Stato dentro lo Stato.

I suoi esponenti affettano il più completo disprezzo delle leggi della Repubblica; si vantano, anzi, di violarle pubblicamente sicuri della più totale impunità. I suoi affiliati proclamano a gran voce il proprio disprezzo per lo Stato e chi con esso collabora; legati all’organizzazione da giuramenti e rituali che possono apparire folkloristici a chi li giudica dall’esterno, sono fedeli solo ad essa ed ai suoi capi: per loro l’Italia non esiste o, se esiste, è solo un nemico da disprezzare. Una potenza straniera.

Capi e militanti, che fanno spesso riferimento alla capacità militare della propria organizzazione, spesso minacciano di usare la forza, ma in realtà non hanno bisogno di ricorrervi per raggiungere i loro scopi: si sono infiltrati profondamente nelle istituzioni e nella politica, nazionali e locali; controllano banche e casse di risparmio, aziende partecipate e municipalizzate. Hanno sviluppato una rete sempre più fitta che, senza necessità di una presenza armata, esercita un controllo capillare dell’economia, e soprattutto dell’economia pubblica, delle regioni in ci sono presenti.

A chi guarda alle vicende italiane dall’esterno, appare evidente che l’organizzazione sia un vero e proprio parassita dello Stato; come tale non mira ad ucciderlo, ma a mantenerlo perpetuamente debole. Eternamene moribondo. Vive di pubblici denari e, qualunque cosa dicano i suoi capi, ai pubblici denari è attaccata più che a qualunque altro dei valori che, pubblicamente, questi proclamano come propri.

Non sono completamente dimostrati i collegamenti tra suoi esponenti e quelli delle altre organizzazioni antinazionali presenti in Italia, ma è questione solo di tempo; strutture simili e con scopi simili non possono, a medio termine, che spartirsi il territorio o, nello stesso territorio, i compiti. Le organizzazioni anti-italie possono anche entrare in conflitto tra loro, ma, alla fine trovano sempre un modo di coesistere e cooperare.

Che cosa può offrire, l’organizzazione, a Cosa Nostra, Camorra e ‘Ndrangheta? Cosa ha più di loro? Il controllo di regioni in cui la presenza delle altre mafie è certa, ma non capillare, e l’accesso diretto e immediato ai più alti livelli della politica.

Mentre lo Stato assiste, apparentemente impotente, al proprio degrado, uomini dell’organizzazione amministrano comuni, province e regioni; il loro Capo è un ministro della Repubblica ed il suo vice è il ministro degli Interni: quello che una volta si diceva il ministro di Polizia.

Come si diceva una volta e si continua a dire: povera Italia.


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