La "piaga" del sionismo nell’interpretazione del M5S

par Fabio Della Pergola
venerdì 2 agosto 2013

Vi ricorderete di Paolo Bernini, l’attivista del M5S che ha fatto sganasciare mezza Italia per aver affermato a Ballarò che negli Stati Uniti “hanno già iniziato a mettere i microchip all'interno del corpo umano per registrare, per mettere i soldi, quindi è un controllo di tutta la popolazione”.

Il giovanotto, poi diventato deputato (ma guai a chiamarlo onorevole), è andato in visita nella West Bank, altrimenti detta Cisgiordania, altrimenti detta anche Giudea e Samaria, e se ne è uscito con una frase da ultrà di Casa Pound o di un attivista di Askatasuna: “Per me il sionismo è una piaga”.

Non è che Bernini sia una cima, la questione dei microchip l’ha già chiarito, ma l’uscita gli è costata un prevedibile rimbrotto dal Presidente delle Comunità ebraiche Renzo Gattegna, un severo appunto di Furio Colombo su il Fatto, una sbertucciata di Toni Jop su l’Unità e, dulcis in fundo, è stato scaricato dai suoi stessi compagni di non-partito.

Dice il deputato Di Stefano (M5S) che Bernini “ha espresso il suo parere ma non è chiaramente quello del Movimento cinque stelle. Non abbiamo mai condiviso una posizione sul sionismo né ne abbiamo mai parlato nei nostri canali”.

Fine del discorso: il M5S non ha mai pensato al sionismo, non ne ha mai parlato, non ha una sua posizione in merito.

Bugia. Come qualsiasi politico politicante di vecchia scuola e tradizione, anche i “giovani” neoparlamentari grillini hanno imparato presto e bene a raccontare balle quando si tratta di togliersi d’impiccio. Basta ricordarsi della proposta di un attivista a Cinquestelle di messa al bando di sionismo e massoneria (ma chissà come pensava di poterlo fare).

E basta guardare l'immagine qui sotto (che si trova anche qui) che fu postata sulla pagina facebook del M5S del Piemonte esattamente, e questo rende la questione decisamente più grave, nel Giorno della Memoria. Cioè nel giorno in cui si ricordano i sei milioni di ebrei sterminati dai nazisti.

Il M5S quindi, in uno dei suoi canali ufficiali, aveva chiaramente espresso il suo pensiero sul sionismo; non una “piaga” come il povero Bernini ha affermato, ma addirittura la “stessa faccia della medaglia” del nazismo (nemmeno “l’altra faccia della stessa medaglia” ma proprio la “stessa” faccia). Al limite, se proprio si vuole cercare l’ago nel pagliaio, perfino un po’ peggio del nazismo che, bontà sua, era almeno nazional”socialista”, perbacco.

Forse Di Stefano guardava da un’altra parte, forse dormiva, chissà.

Anche i sassi sanno che il sionismo non è stato altro, storicamente, che un movimento nazionalista equiparabile a tutti quelli che hanno attraversato l’Europa degli Imperi nel corso dell’Ottocento e che hanno portato alla nascita dei vari stati nazionali: Italia, Ungheria, Grecia, Germania e chi più ne ha più ne metta. I moti risorgimentali hanno significato indipendenza e fine delle grandi tradizioni sovranazionali: impero austro-ungarico, impero zarista, impero ottomano. Ed anche alle pretese “terrene” di Santa Madre Chiesa che dell’universalismo sovranazionale fu la prima origine, avendone ereditate le caratteristiche dall’Impero Romano d’Occidente.

Il sionismo non fu altro che il movimento indipendentista del popolo ebraico che, per tanti motivi diversi, non aveva mai aspirato ad una unità statuale fino a che non fosse apparso al mondo un “messia” capace di radunare il popolo dai quattro angoli della terra per ricondurlo nella Terra dei padri. Quando Theodor Herzl - impressionato dai pogrom antiebraici nei territori dello zar e dal caso Dreyfus - gettò le basi del nazionalismo ebraico non fu considerato il “messia”, l’attesa guida del popolo, e fu quindi rifiutato dalle correnti più ortodosse dell’ebraismo religioso (e alcune di esse sono ancora fieramente avverse allo Stato di Israele).

In ogni caso il sionismo non riscosse un grande successo: non più di 100mila ebrei si rifugiarono stabilmente in Palestina fra il 1881 (anno dell’assassinio dello zar che causò i primi moti antiebraici) e il 1933 (anno di ascesa al potere di Hitler). Nello stesso arco di tempo quasi tre milioni di ebrei europei emigrarono verso l’America che era per loro la vera Terra Promessa, tanto quanto lo era per italiani, tedeschi, polacchi, greci, portoghesi eccetera.

Il nazionalismo ebraico non avrebbe mai portato alla nascita di uno stato degli ebrei se la Germania non avesse eletto a propria guida un signore con i baffetti diventato poi famoso come uno dei più crudeli assassini della storia umana.

Solo dal 1933 il flusso di emigrazione degli ebrei europei iniziò a infittirsi anche verso la Palestina inglese dal momento che tutti gli altri stati, in particolare dalla Conferenza di Evian del 1938, decisero di contingentare (cioè limitare drasticamente) gli ingressi di rifugiati europei sul loro territorio. La popolazione ebraica in Palestina passò dai 100mila degli anni venti ai 600mila del Dopoguerra. Nel 1948 l’Assemblea Generale dell’ONU decretò la nascita dello Stato di Israele. Ed iniziò il tormentato scontro con gli stati arabi e con la popolazione arabo-palestinese.

Il movimento sionista raggiunse il suo scopo a causa della tragica persecuzione nazista e gli ebrei che si salvarono fuggendo in Palestina riuscirono a sopravvivere grazie all’idea sionista.

Come tutto questo possa essere considerato una “piaga” bisognerà chiederlo all’improvvido Bernini; e come tutto ciò possa essere paragonato anche solo lontanamente allo sterminio nazista bisognerà farselo spiegare dal M5S del Piemonte.

Che cosa poi il M5S nazionale pensa del sionismo dovrà pur decidersi a raccontarcelo prima o poi, senza ciurlare nel manico raccontando balle tanto per salvare la faccia.

Di sicuro il nazionalismo ebraico può essere criticato come qualsiasi altro nazionalismo (se è l’idea nazionalista che si ritiene criticabile); compreso quello palestinese ad esempio. Magari in nome di un universalismo che però va definito bene (con l’aria che tira non vorrei che ci ritrovassimo uno Zar).

Ma se il nazionalismo da criticare è solo quello specificamente ebraico, la cosa, ahimè, puzza uno strano astio verso e solo tutto ciò che è ebraico (che a casa mia si chiama antisemitismo); esattamente come quando si critica la definizione di “ebraico” che lo Stato di Israele si dà, ma si accetta senza battere ciglio la definizione di “arabo” o “islamico” che alcuni altri stati si sono dati nel frattempo.

Se invece si vogliono criticare le politiche perseguite dai governi dello Stato di Israele lo si dica chiaramente e si usino i termini esatti. Qualsiasi governo e qualsiasi politica sono legittimamente criticabili, per fortuna.

Ma lasciando stare il sionismo e l’ebraicità. Fino a quando non si è almeno capito che cosa sono.

 


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