La nostra disperazione per i miliardari sconfitti

par Alfonso Mandia
lunedì 2 luglio 2012

Ieri sera, in pizzeria, dall’uno a zero della Spagna, i telefoni, che fino a qualche secondo prima stavano per esplodere, si sono improvvisamente ammutoliti. Il quartiere è sprofondato in un silenzio quasi sepolcrale. Le porte d’ingresso si aprono su...

Il quartiere è sprofondato in un silenzio quasi sepolcrale.

Le porte d’ingresso si aprono su facce che ritirano la pizza soltanto perché ormai l’hanno ordinata, se ti lasciano la mancia è perché non hanno neanche voglia di chiedertelo, il resto, ti allungano i soldi in mano in silenzio, gli occhi incollati al televisore, roba che facce così neanche davanti ai filmati di Genova 2001.
Osservo quelle espressioni e mi chiedo che razza di gentaglia siam diventati, tutti quanti.


Come ci siamo arrivati, ad essere quel che siamo?

Siamo con le pezze al culo, chi più chi meno, impegnati in una continua lotta per la sopravvivenza in un paese abbrutito, ammutolito, servo della violenza del potere oltre ogni umana soglia di tolleranza, governati da un’accolita di criminali senza scrupolo né anima che stan facendo carne di porco del popolino, proprio come accadeva nel Medioevo, e soffriamo e smadonniamo per un gruppetto di ragazzotti miliardari che quando torneranno a casa, sbarcati dal loro bel Jet privato, torneranno mesti, nelle loro Ferrari nuove di pacco, alle loro ville nelle quali, casa dolce casa, tra una pista di coca e un bicchiere di champagne dovranno affrontare la dura prova di superare il dolore della sconfitta.
Non so come dire.

Avete presente “Giochi di morte”? Quello con Rutger Hauer? 1989.

Vedetelo, poi mi dite.


Leggi l'articolo completo e i commenti